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Ostia Criminale: noi agenti della Polaria messi a riposo perché sapevamo troppo

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Pazzi, visionari, incapaci di intendere e di volere. E per questo gentilmente accompagnati alla porta, gli agenti del team composto da Polaria e Squadra Mobile che sui retroscena di Ostia Criminale sapevano troppo. Oggi tutti in “pensione forzata”.

Avevano raccolto prove schiaccianti e in quegli incartamenti c’erano nomi eccellenti che non dovevano comparire, per nessuna ragione al mondo. Quelle carte “bollenti” finirono nelle mani di una giornalista, nota per le sue inchieste sulla mafia romana, soprattutto quella di Ostia, che le utilizzò per i suoi articoli.

Ma la mafia non vuole mezze verità. Tutto o niente. Come potrebbe essere diversamente? E quelle che la cronista arrivò a raccontare prima in un libro, pubblicato nel maggio 2018 e l’anno dopo in un film, non erano, non sono tutta la verità, bensì solo una pallida riproduzione della realtà con molti, troppi “pezzi mancanti”.

È un fiume in piena l’ex agente della Polaria che, all’indomani del reportage trasmesso sulla Nove in prima serata, sente il bisogno di dire la sua. Non ci sta, non ci vogliono stare quei poliziotti che la lotta a Cosa Nostra l’hanno fatta davvero. E che hanno deciso infine di raccogliere tutto il materiale relativo alle inchieste di mafia (e non solo) in un blog denominato significativamente Notte Criminale. Una voce libera e limpida. Un giornalismo senza bavaglio. E senza censure.

15 anni di depistaggi e indagini incompiute, ferme in un equilibrio equivoco tra politica, imprenditoria e criminalità organizzata

Tra il 1993 (pentimento di Abatino) e l’omicidio di Paolo Frau (ex guarda-spalle di Danilo Abbruciati) – ucciso il 18 ottobre 2002 sotto casa con due colpi di pistola a distanza ravvicinata – c’è, secondo l’agente, un buco nero. “Tutto fu insabbiato – dice – e gli incartamenti scomparsi”.

All’aeroporto di Fiumicino passano quintali di droga. La “roba” sbarcava già all’epoca sul litorale romano in quantità impressionante. Intrisa nella carta di libri antichi, nei doppifondi di valigie e statuette d’importazione, sciolta nel rum destinato a catene di supermercati in forte odore di mafia. Persino nascosta all’interno di reattori di jet di linea – scriveva Stefano Vladovich in un articolo pubblicato da Il Giornale nel 2016 – Se ne accorgono alcuni poliziotti “attenti”, in forza alla polizia di frontiera, che avviano indagini senza sosta. La squadra anticrimine scopre una serie di attività di copertura aperte e richiuse in gran fretta proprio all’interno dell’aeroporto. Queste farebbero capo a personaggi di spessore da tempo stanziati a Ostia. Soprattutto alle famiglie siciliane Cuntrera – Triassi – Caldarella, da anni attive sul litorale romano, nonché a camorristi d’eccezione, come la famiglia Senese, trasferitasi da Afragola alla Marranella o il clan Fasciani, da sempre padrone del Lido di Roma. La squadra speciale in più occasioni stana latitanti eccellenti, scoperti grazie a intercettazioni e inseguimenti da brivido. Ma un “omicidio eccellente” manda tutto all’aria.

L’omicidio di Paolo Frau, il re dei parcheggi

L’antifurto di una BMW che risuona all’improvviso. Sono le 16:00 di venerdì 18 ottobre 2002, siamo a Ostia, in via Francesco Grenet. Riconoscendola come sua, Paolo Frau scende da casa e, non appena apre il portone, due uomini a bordo di una moto, con il volto coperto da un casco integrale, lo chiamano per nome e lo uccidono con tre colpi di arma da fuoco, per poi scappare senza lasciare tracce. 
Ma chi era Paolo Frau? In passato aveva fatto parte della Banda della Magliana: era stato il luogotenente di Renatino De Pedis. Poi aveva deciso di trasferirsi a Ostia e di diventare un imprenditore irreprensibile. Almeno ufficialmente. Infatti adesso a Ostia gestiva il parcheggio del Cineland, di proprietà delle famiglie Ciotoli-Paone-Merluzzi.

Su Frau c’era un’inchiesta, che riguardava un grosso traffico di droga e vedeva coinvolti diversi personaggi. Ad occuparsene era il PM Adriano Iasillo, della Procura di Roma, che aveva affidato le indagini al Capo della Squadra Mobile Nicolò D’Angelo. Ma i filoni aperti erano due: oltre a quello seguito dalla squadra mobile, che trattata il delitto, ce n’era un secondo, seguito dalla Polaria di Fiumicino, che seguiva invece il traffico internazionale di droga. La cocaina, di qualità eccellente, proveniva dal Sud America (Colombia, Brasile e Costa Rica). Le due indagini si intrecciarono: si era scoperto un giro di spaccio molto più grosso di quanto si potesse sospettare all’inizio. Per questo, nel gennaio del 2003, il Prefetto di Roma Emilio Del Mese, dopo aver incontrato il presidente del XIII Municipio Davide Bordoni, decise di creare un “nucleo di prevenzione anticrimine” che avrebbe dovuto lavorare in stretta collaborazione con i baschi verdi della Finanza e i carabinieri presi in prestito dalla Capitale. Ma questa unità interforze non partì mai.

Le indagini e i poliziotti messi ad investigare sui tassisti abusivi

Arriva l’estate 2003: l’informativa della Polaria, risultato del lavoro svolto fino ad allora, ovvero l’ipotesi investigativa sui gruppi criminali che inondano di droga la capitale ripulendo denaro in attività di copertura a Ostia, viene ridimensionata. “Stroncata” dicono lapidari gli ex poliziotti. Ridotta di decine di pagine, quando finisce sul tavolo del procuratore della Dda viene definitivamente messa da parte. Due richieste di missioni in Costa Rica per riportare nelle patrie galere dei narcos nostrani vengono cestinate, respinte in nome di una presunta “spending review”. Le conclusioni cui era arrivato il lavoro dei poliziotti aeroportuali verranno confermate 10 anni più tardi dall’operazione antimafia “Nuova Alba”, che porta a decine di arresti e a sequestri di beni per milioni di euro. Intanto i quattro poliziotti di Ostia e un ispettore di Roma, coordinatore del pool, vengono inviati ad altro incarico. Poi sospesi, congelati, in seguito a un esposto anonimo che insinua, addirittura, falsi rimborsi spese. “In sostanza veniamo spediti a investigare sui tassisti abusivi”, ricorda uno di loro, oggi riformato per malattia. Tempo dopo tutte le accuse nei loro confronti cadono. 

L’operazione Anco Marzio

Le indagini sull’omicidio Frau durano due anni e terminano definitivamente nel 2004 con l’operazione “Anco Marzio”, dal nome della piazza da cui partono le intercettazioni fra i narcos latitanti e gli imprenditori locali. Un flop colossale che porterà in galera, e solo per pochi mesi, alcuni spacciatori, semplici “cavalli”. Mandanti ed esecutori dell’assassinio di “Paoletto” non verranno mai trovati. Il nome di Alberto Intini è apparso, ma non come indagato, nell’operazione Olimpia, l’indagine che avrebbe scoperchiato un calderone di connivenze fra il calcio, l’ufficio urbanistico del Comune di Latina e l’imprenditoria locale.

“Dal 93, di fatto, la Magistratura non si è mossa – accusa l’agente – Il sistema era totalmente corrotto”… Un grandissimo bluff  la storia dell’anti-mafia a Ostia e dintorni, secondo il nostro testimone. “La mafia – ancora oggi – per qualcuno non esiste!”, dichiara con immensa amarezza l’agente della Polaria.

Il 15 ottobre 2015: proiezione in prima visione di gran gala al Cineland di Ostia del film Suburra, western metropolitano – scriverà il Messaggero – che in qualche modo riecheggia le vicende di Mafia Capitale. Due mesi prima – e precisamente il 27 agosto 2015 – era stato sciolto per mafia il X Municipio di Roma.

Ma la proprietà di Cineland è ancora oggi – come allora – delle tre famiglie Ciotoli-Paone-Merluzzi. E Giuseppe Ciotoli è lo zio dell’ispettore che indagò sull’omicidio Frau, guardiano di quel parcheggio. “Come potevano mai essere indagini obiettive, le sue?”, si domanda il nostro testimone. 

E come poteva – si chiede ancora il poliziotto – con una guerra in atto tra poteri massonici infiltrati nel PD, pentiti minacciati dai funzionari di polizia invece che dagli appartenenti agli stessi clan, sindaci che davano le spiagge a chi non dovevano, il Sisde che si voltava dall’altra parte, la verità VERA venire a galla? Dove erano “il cacciatore”, l’eroe della fiction televisiva, Del Greco, Intini? “La mafia uccide – scriveva Peppino Impastato – il silenzio pure”.

Maria Corrao e Rosanna Sabella

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