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Soldi al clan in cambio dei voti, ecco come funzionava. E nel 2019-2020 gli appalti milionari a Pomezia e Cori

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Emergono i particolari, trascritti nelle 65 pagine dell’ordinanza cautelare, in merito agli arresti che ieri hanno sconvolto Latina, scoprendo un sistema di scambio elettorale politico-mafioso che, attraverso la vendita di voti, favoriva l’elezione di un candidato, l’eurodeputato Matteo Adinolfi, capolista a Latina nel 2016 per il partito Noi con Salvini. A fare luce sulla vicenda due diverse indagini, una dei carabinieri (operazione “Touchdown”), l’altra della polizia (operazione “Alba Pontina”), confluite in un’unica inchiesta che – per il momento – ha portato agli arresti domiciliari con l’accusa di scambio elettorale politico-mafioso l’imprenditore del settore dei rifiuti e delle bonifiche originario di Napoli ma da tempo residente ad Aprilia Raffaele Del Prete ed Emanuele Forzan, che nel 2016 era all’interno della segreteria di Noi con Salvini a Latina.

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Il ruolo di Adinolfi

Per l’eurodeputato Matteo Adinolfi, che sarà interrogato il 20 luglio, è arrivato un avviso di garanzia. Gli inquirenti hanno dimostrato che in occasione delle elezioni del 5 giugno 2016, per il rinnovo del consiglio comunale di Latina, Adinolfi, con la mediazione di Raffaele del Prete ed Emanuele Forzan, stretto collaboratore di Del Prete, aveva accettato la promessa di Agostino Riccardo, soggetto appartenente all’organizzazione mafiosa dei “Di Silvio”, di procurare alla lista “Noi con Salvini” almeno 200 voti tra gli elettori residenti nei quartieri controllati dal Clan, come confermato “dalle dichiarazioni etero accusatorie in cui i collaboratori di giustizia Riccardo e Pugliese confermavano quanto accertato da militari dell’Arma”. Lo scambio elettorale “politico- mafioso” era funzionale alle strategie economiche di Del Prete, interessato ad ottenere il monopolio degli appalti nel territorio pontino, superando la concorrenza di Latina Ambiente, società all’epoca affidataria del servizio dei rifiuti nel capoluogo. L’elezione di Adinolfi “sarebbe stata per l’imprenditore pontino funzionale alle strategie economiche della sua società, per ottenere verosimilmente il monopolio nella gestione dei rifiuti e delle bonifiche nel territorio pontino”.

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La svolta grazie alle intercettazioni e alle dichiarazioni dei pentiti 

Del Prete era stato arrestato già il 4 dicembre del 2017 nell’ambito di un’articolata indagine che aveva svelato uno scenario di diffusa corruzione della cosa pubblica che coinvolgeva a vario titolo sia funzionari pubblici che imprenditori privati. Del Prete era accusato di turbativa d’asta, corruzione e induzione indebita. Durante le attività di intercettazione effettuate dagli investigatori sono emersi però nuovi elementi, confermati dalle dichiarazioni dei pentiti Renato Pugliese e Agostino Riccardo e dai riscontri alle informazioni raccolte, che hanno consentito di svelare l’accordo illecito in occasione delle elezioni del 6 giugno 2016.

L’accordo illecito: 45 mila euro al clan mafioso per 200 voti ad Adinolfi

L’accordo vedeva Del Prete pagare 45.000 euro a membri del clan Di Silvio attraverso l’Agostino Riccardo, che all’epoca aveva una vera e propria “delega” per curare i rapporti tra il clan, di cui faceva parte, e la politica. In cambio, “assicurava l’aggiudicazione di almeno duecento voti al capolista candidato nella lista Noi con Salvini nei quartieri di influenza criminale”, offrendo anche servizi di attacchinaggio. Le dichiarazioni del pentito Riccardo vengono confermate anche “dalle indagini condotte dalla Polizia di Stato e dalle dichiarazioni etero accusatorie in cui i collaboratori di giustizia Riccardo e Pugliese confermavano quanto accertato da militari dell’Arma”. Riccardo afferma di essere il delegato del boss Costantino Di Silvio detto Cha Cha: cosa confermata da altre indagini.

Il pagamento 

Secondo quanto ricostruito grazie alle testimonianze dei pentiti, ogni voto sarebbe stato pagato dai 100 ai 150 euro. Sarebbero stati garantiti 200 voti, per un totale di 45 mila euro, che sarebbero stati pagati in diverse tranche all’interno dell’azienda di Del Prete perché “nessuno degli appartenenti alla famiglia Di Silvio si sarebbe dovuto presentare presso la sede del partito, per evitare di apparire come “collettore” di voti procurati da soggetto intraneo al clan, ma che l’imprenditore avrebbe fatto avere le comunicazioni al clan esclusivamente tramite il Riccardo”. La prima rata è di 15 mila euro. “Del Prete – testimonia Agostino Riccardo – aprendo un cassetto laterale, in cui ci saranno stati 150.000 euro in contanti, mi diede 15.000 euro.  A Renato dissi che me ne aveva dati 3.500 e gliene diedi 500. Poi andai da Armando e gli diedi 10.000 euro che divise con i figli, sapendo che avrei dovuto avere un’altra tranche. I restanti 4.500 li tenni in tasca. Due giorni prima delle elezioni, sapendo che non potevo mantenere la parola data, andai da Del Prete con Gianluca e mi inventai che i votanti avevano bisogno di soldi. Del Prete mi diede altri 15 mila euro e mi disse che se avessero vinto mi avrebbe regalato 10.000 euro personalmente. Tornammo quindi a Campo Boario e ci dividemmo 15.000 euro con Armando, Samuele, Gianluca e Pupetto”.

“Riepilogando – prosegue Riccardo –  Del Prete ci diede 2.000 euro al bar dello stadio, 5.000 euro per iniziare la campagna elettorale e infine due tranche da 15.000 euro ciascuna”.

Gli appalti milionari a Pomezia e Cori dopo la condanna

Gli inquirenti fanno notare come, nonostante Del Prete sia stato condannato per reati legati alla corruzione, le sue società – la DEL PRETE srl e la DEL PRETE Waste Recycling srl – hanno continuato ad aggiudicarsi appalti per le pubbliche amministrazioni per cifre molto importanti. “Appare singolare – si legge nell’ordinanza – che financo dopo il procedimento penale che l’ha visto direttamente chiamato in causa, le sue aziende si siano aggiudicate significativi appalti in diversi Comuni della Provincia di Roma e Latina e in particolare:

DEL PRETE srl: l’11 settembre 2017 con il Comune di Prossedi, per un importo di 110.424,17; 29 agosto 2018 con il Comune di Minturno per un importo di 363.278,37; 17 agosto 2020 con il Comune di Cori, per un importo di 4.945.534,19

DEL PRETE Waste Recycling srl: 14 marzo 2017 con il Comune di Cori per un importo di 39.600; 30 maggio 2017 con il Comune di Cori per un importo di 30.000; 14 ottobre 2019 con il Comune di Ciampino per un importo di 145.540,80; 9 dicembre 2019 con il Comune di Pomezia per un importo di 2.083.347,90”.

“Si sottolinea che gli ultimi due appalti, del 17/122019 presso il Comune di Pomezia e del 26/08/2020 presso il Comune di Cori risultano rispettivamente per un valore dichiarato di oltre due milioni di euro e di quasi cinque milioni di euro. Continuano dunque le aziende di Del Prete a ottenere appalti nel settore dei rifiuti da Enti Locali nello stesso territorio ove sono stati registrati i fatti illeciti emersi nella presente indagine”. Concreto e attuale, incalzano gli inquirenti, è il pericolo di reiterazione dei fatti, “anche avuto riguardo alla personalità del prevenuto, alla sua acclarata capacità delinquenziale emergente dalla sentenza di applicazione della pena pronunciata a suo carico dal tribunale di Latina per i reati di corruzione e turbativa d’asta”.

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