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Caso Brunetta, per i pm: ‘Ha venduto due volte le azioni della stessa società per pagare il Fisco’

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 È finito al centro di un'inchiesta l'ex ministro e presidente del Cnel Renato Brunetta. Al vaglio un presunto debito con il Fisco

 È finito al centro di un’inchiesta l’ex ministro e presidente del Cnel Renato Brunetta. La vicenda che lo vede protagonista avrebbe a che fare con una cessione di 60mila euro al vicecapo di gabinetto. I fatti risalirebbero quando era ministro della pubblica amministrazione sotto il governo Draghi. In particolare, a finire sotto la lente di ingrandimento del Pubblico Ministero gli ultima mesi di quella legislatura, quando il ministro sarebbe stato al centro di un’azienda della quale è risultato essere socio che commercializza prodotti sanitari, insieme a lui anche la moglie del vicecapo di Gabinetto. 

Renato Brunetta indagato: sospettato di falso nella vendita di quote societarie

L’inchiesta su Renato Brunetta e il presunto debito con il Fisco

Ora, in merito alla vicenda emergono alcuni dettagli. Pare che l’allora ministro della Pubblica amministrazione abbia venduto le quote della società due volte alla stessa persona. La prima volta ad un prezzo basso, pari a 5mila euro, e la seconda – quando, teoricamente, le quote non gli appartenevano più – ad un importo molto più alto rispetto a quello della prima operazione, pari a 60mila euro. Denaro che poi sarebbe servito a Brunetta per pagare un sostanzioso debito con il fisco. A questo, si aggiunge poi il secondo dato anomalo, ovvero che l’acquirente era la compagna dell’allora vice capo di gabinetto di Brunetta nel periodo in cui l’uomo faceva parte del governo Draghi. A seguito della compravendita, il notaio ed il commercialista coinvolti sono adesso indagati per falso e finanziamento illecito. Hanno, inoltre, ricevuto l’atto di chiusura delle indagini. 

Le indagini 

Secondo i pm i due professionisti avrebbero agito per mascherare la prima vendita ed in un secondo momento farla passare come un acconto. Ipotesi al vaglio non solo dei pubblici ministero ma anche dei carabinieri del nucleo investigativo di via Selci. Invece, allo stato iniziale delle indagini, l’accusa era ben più grave. Si ipotizzava, infatti, il reato di corruzione, tesi che poi il Tribunale dei ministri ha bocciato in quanto non è mai emersa una contropartita concessa da Brunetta al suo vicecapo di gabinetto. Pertanto, i giudici hanno invitato gli inquirenti a riformulare l’accusa. 

 

 

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