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Nuove magnifiche scoperte archeologiche sull’Appia Antica: ecco cosa è stato trovato

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Parco archeologico dell'Appia Antica

Per gli appassionati di archeologia e i curiosi sulle bellezze dell’Appia Antica, il calendario si arricchisce di nuovi appuntamenti. A far da Cicerone, il gruppo di ricerca dell’Università degli Studi di Ferrara che inaugura il laboratorio “Eredità culturali e comunità”, per avvicinare le comunità locali al patrimonio storico-archeologico.

Giunge al termine la Seconda Campagna di Scavo presso il sito di via Appia Antica n. 39, nel cuore del Parco Archeologico e del Parco Regionale dell’Appia Antica a pochi passi dal Sepolcro di Geta. Il gruppo di ricerca, sotto la direzione scientifica della Prof.ssa Rachele Dubbini, ha presentato i nuovi risultati dagli scavi, con lo sguardo già rivolto alla terza campagna che si terrà a partire dal 18 settembre 2023. “Il nostro progetto non riguarda solo le attività di scavo archeologico, ma è un vero laboratorio in cui insieme agli studenti universitari, a professionisti di diversi ambiti scientifici e della valorizzazione del patrimonio culturale stiamo sperimentando nuovi modi di fare archeologia”, ha così commentato la direttrice scientifica dell’iniziativa, la Prof.ssa Rachele Dubbini.

Il Laboratorio archeologico: a spasso tra i reperti

In questa campagna, grazie al prezioso supporto del Parco Archeologico dell’Appia Antica, il gruppo di ricerca dell’Università degli Studi di Ferrara avvicina gli appassionati con un nuovo approccio, permettendo ai visitatori di scendere in cantiere insieme ai professionisti e agli studenti, per provare in prima persona il mestiere dell’archeologo. Questo esperimento è molto importante perché illustra a diverse tipologie di pubblico, in maniera semplice ma efficace, quali sono le procedure dello scavo e il valore di una professione da una parte esercita da sempre un grande fascino,  ma di cui non viene compresa a livello generale l’importanza per la società contemporanea, soprattutto in Italia.

Cosa è emerso nell’ultima campagna di scavi

L’ampliamento della trincea aperta lo scorso anno, oggetto di scavo e studio, ha portato alla luce ulteriori edifici che dovevano essere presenti a ridosso del tracciato della Via Appia Antica. “L’ampliamento del sedime di scavo effettuato in questa seconda campagna ha più che raddoppiato l’area oggetto d’indagine archeologica”, ha affermato con soddisfazione Fabio Turchetta, Direttore dello scavo, “Le strutture identificate, perlopiù colombari di piccole o medie dimensioni, sono realizzate in opera cementizia con paramenti in laterizi, alcuni dei quali di eccezionale fattura”. Per esempio, all’interno dei vani è presente un cospicuo numero di sepolture a incinerazione, di sepolture a inumazione conservate in arcosoli. “Scavare significa sollevare lentamente il sipario che cela da circa 1800 anni una scenografia che doveva essere di grande impatto visivo allora e che emoziona ancor più oggi”, concluce Turchetta.

Gli studenti si improvvisano archeologi

Il paesaggio di oggetti che emerge è un raro spettacolo, come raccontano gli archeologi. “Ci parla di storie individuali e collettive e delle trasformazioni intervenute nel corso delle generazioni che si sono avvicendate nei secoli lungo la Via Appia”, ripercorre Francesca Romana Fiano, responsabile del trattamento dei reperti, “Numerose attività hanno visto gli studenti coinvolti sul campo alle prese con restauratori e specialisti e desiderosi di accedere ai significati storici, culturali ed economici impliciti nella cultura materiale. Per esempio, sono emersi diverse testimonianze dall’orizzonte mediterraneo offerto dalle anfore da trasporto, alle tracce di un gesto intimo come una lucerna lasciata accesa, ultima fiammella di luce per i propri cari defunti”.

Il rapporto con le comunità locali dell’Appia Antica

Uno degli obiettivi del progetto archeologico portato avanti dal team di ricerca riguarda la creazione di quella che viene definita nella Convenzione di Faro come “comunità di eredità culturale”. In linea con questo obiettivo, la dottoranda Elena-Maria Cautiș, del programma “Sostenibilità ambientale e Benessere” dell’Università degli studi di Ferrara, ha avuto il ruolo di mediatrice fra le attività scientifiche del progetto e le comunità che abitano il territorio caratterizzato dalla via Appia. “Puntiamo alla costruzione di metodologie di gestione di progetti di eredità culturale, rafforzando appunto la partecipazione delle comunità interessate nei processi decisionali di tali progetti, in questo modo si possono costruire strategie di sviluppo organizzativo secondo i principi della sostenibilità ambientale, economica e sociale”. Come fase preliminare di questo processo, è stata avviata perciò una ricerca etnografica del territorio in cui si trova lo scavo archeologico, con lo scopo di identificare le comunità di eredità culturale, di definire il rapporto fra l’équipe di scavo e tali comunità e quello fra queste ultime e il paesaggio delle prime due miglia dell’Appia Antica e del Parco della Caffarella.

Le visite guidate a tema archeologia pubblica

“L’obiettivo di questa iniziativa è creare un ponte tra la ricerca scientifica e il grande pubblico”, spiega Chiara Maria Marchetti, archeologa, guida turistica abilitata e Responsabile degli Eventi culturali del sito, “Già durante la prima campagna di scavo abbiamo mirato a coinvolgere cittadini e turisti avvicinandoli con Open Day settimanali in cui le visite guidate mettevano in contatto i non addetti ai lavori con il contesto archeologico, spiegando e veicolando temi scientifici in modo chiaro e comprensibile a tutti”.

Forti del successo dello scorso anno, le visite guidate sono state proposte anche nella seconda stagione di scavo affiancate da una new entry, l’evento “Vivi l’esperienza dell’archeologia”, avvicinando anche i più piccini. “Per la prima volta in uno scavo universitario romano,  i visitatori dai sette anni in su hanno potuto vivere in prima persona e in totale sicurezza le attività principali della professione in cantiere, accompagnati dai responsabili di scavo e dagli studenti universitari che in questo modo hanno messo in pratica i principi dell’archeologia condivisa”.

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