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La violinista e il tennista, il nuovo racconto di Nicola Genovese

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Eccoci nuovamente all’appuntamento settimanale con i racconti di Nicola Genovese, autore del romanzo “Il figlio del prete e della zammara”. Questa volta si tratta di un racconto di amore e passione. Ma è proprio così? Non sempre Quello che che vediamo è ciò che appare…

L’amore e l’orgoglio aiutano a vincere gli ostacoli della vita…

Sofia era una bella ragazza di ventidue anni, nata a Firenze.
La sua era una famiglia di musicisti.
La mamma suonava il violino e il papà il pianoforte. I genitori si erano diplomati al Conservatorio Cherubini di Firenze, dove erano rimasti a insegnare ai giovani allievi.
Anche Sofia aveva frequentato quel conservatorio e si era diplomata violinista con il massimo dei voti.
Aveva avuto diverse richieste dall’estero, ma preferiva restare in Italia.
Era alla ricerca di una sistemazione e aveva fatto una domanda per partecipare al Concorso Nazionale della RAI come violinista nell’orchestra sinfonica nazionale.
Non aveva ancora incontrato l’amore della sua vita.
Aveva un carattere allegro e volitivo, ed era molto richiesta alle feste organizzate dai suoi amici.
Finalmente un giorno giunse una raccomandata dalla RAI che l’invitava a presentarsi entro una settimana dal suo ricevimento.
Il giorno fissato per il colloquio era di lunedì.
Arrivò a Roma il sabato e ne approfittò per visitare la città. Non la conosceva e rimase affascinata dalle sue bellezze. La domenica sera, mentre dopo cena rientrava in albergo, una moto l’investì sulle strisce pedonali. Fu subito aiutata e portata al pronto soccorso dell’ospedale Fatebenefratelli -Isola Tiberina, dove le riscontrarono una frattura scomposta al braccio destro… sfortunata!…proprio quello con il quale suonava il violino.
Quest’ultimo fortunatamente non subì danni.
Era uno strumento di valore che la mamma le aveva regalato e che a sua volta aveva ereditato dalla nonna, violinista anche lei.
L’ortopedico effettuò subito un intervento chirurgico e le ingessò il braccio. Ne avrebbe avuto almeno per trenta giorni, alla cui scadenza avrebbe dovuto fare un controllo radiologico.
Le prescrisse un periodo di riabilitazione motoria da effettuare dopo il responso positivo della radiografia.
Vennero da Firenze i genitori, che la assistettero fino a quando fu dimessa.
Si recarono presso la Fondazione Santa Lucia di Roma, specializzata nella riabilitazione motoria. Presentarono la richiesta rilasciata dall’ospedale e fissarono il ricovero subito dopo aver avuto i risultati radiologici.
Insieme a Sofia si recarono alla sede Rai e consegnarono tutta la documentazione concernente l’incidente. La assicurarono che sarebbe stata richiamata per il colloquio non appena si sarebbe rimessa.
Avrebbe dovuto inviare prima una comunicazione scritta, rilasciata dall’Ospedale, nella quale veniva attestata la completa guarigione.
Ripartirono tutti per Firenze con l’intesa di ritornare in ospedale dopo trenta giorni per fare la radiografia del braccio. E così avvenne. Fortunatamente risultò tutto a posto.
L’osso era in perfetto asse e si era consolidato.
L’accompagnarono al S.Lucia per presentare la documentazione necessaria per il ricovero.
In sala d’attesa accanto a lei sedeva un bel ragazzo, sicuramente un atleta. Le chiese cosa aveva fatto al braccio e gli raccontò il suo triste incidente.
Non ebbe il tempo di proseguire, poiché vennero a prenderla delle infermiere per accompagnarla nella stanza assegnata.
I genitori la salutarono per ritornare a Firenze.
Era in buone mani, in una struttura all’avanguardia nella riabilitazione.
Il giorno dopo avrebbe iniziato la fisioterapia.
La sera a cena rivide il ragazzo conosciuto nella sala d’attesa. Si sedettero allo stesso tavolo della mensa e lei gli chiese cosa gli era successo.
Rispose che era un tennista e che durante le Gare Internazionali al Foro Italico, a seguito di una difficile rovesciata, si era strappato un tendine della spalla destra. Era così terminata la sua gara.
Era stato necessario l’intervento in artroscopia per ricostruire la lesione articolare.
Adesso anche lui doveva iniziare la fisioterapia riabilitativa.
Dopo cena, Sofia e Carlo si salutarono per andare a dormire.
L’indomani s’incontrarono nei reparti di riabilitazione e nella piscina per la idro chinesiterapia.
Furono assegnati nelle mani sapienti dei migliori fisioterapisti del centro. Lei con Cristiana e lui con Marco.
E così fu nei giorni che seguirono.
Durante le ore libere ne approfittavano per fare due passi in giardino.
Tra i due si stabilì subito una forte empatia.
Si raccontarono le loro disavventure e la voglia di superare tutti gli ostacoli per ritornare in forma.
Presto la loro amicizia si trasformò in amore, quell’amore che insieme all’orgoglio, li spingeva verso il traguardo della guarigione. Fu dura!
In particolare la notte, quando i dolori aumentavano ed era difficile trovare la posizione giusta per dormire.
Fortunatamente, giorno dopo giorno i movimenti riacquistavano la loro scioltezza.

Una sera dopo cena erano andati in giardino. Passeggiavano mano nella mano, quando lei inciampò e per non cadere si aggrappò a lui.
Si strinsero… i corpi si sfiorarono.. e le loro bocche si unirono in un lungo e appassionato bacio.
Con il passare dei giorni Sofia migliorava, e chiese alla Direzione se poteva iniziare a suonare il violino. Sarebbe stato un valido aiuto alla riabilitazione del braccio.
Le risposero di sì, purché lo facesse negli orari consentiti.
Ben presto molti pazienti apprezzarono la sua bravura e le dolci melodie che uscivano dal suo violino.
Era una “terapia” che aiutava molti a far scordare le loro sofferenze.
La Direzione, visto il gradimento, concesse a Sofia di suonare dopo cena nella sala TV.
Ogni sera era sempre più numerosa la gente che veniva ad ascoltarla. Un vero spettacolo!
Anche Carlo aveva ripreso lentamente la sua forma.
Si era fatto portare la sua racchetta e ogni giorno provava i movimenti di “dritto e rovescio”.
Un giorno, i nostri innamorati chiesero il permesso per andare a fare delle spese personali.
In realtà si recarono in un albergo della zona, dove trascorsero un pomeriggio d’amore.
Era tanto che lo desideravano.
Lei era bellissima, con un fisico perfetto come il suo violino. Nella penombra della stanza si sdraiarono sul letto. I loro corpi si sovrapponevano e si lambivano come per scoprirsi.
Si accarezzavano su tutti i punti più sensibili e i loro corpi iniziarono a vibrare come le corde del violino di Sofia. Fecero l’amore senza mai staccarsi e raggiunsero più volte l’orgasmo.
La sera ritornarono al Santa Lucia più felici che mai.
Mancava una settimana alla fine della terapia di Sofia. Carlo ne aveva ancora per altri sette giorni.
Gli ultimi incontri nella sala TV, con gli appassionati del violino, furono sublimi.
Le sue note si vibravano nell’aria con una forte intensità.
Ormai aveva raggiunto una forma perfetta.
La Direzione del Santa Lucia inviò alla RAI la documentazione che attestava la sua completa guarigione. Aggiunse un p.s.: ”La violinista Sofia con le sue note ha aiutato le guarigioni di molti nostri pazienti”.
Dopo qualche giorno fu chiamata per la prova.
C’erano presenti molti professori, anche incuriositi dal “p.s.” che la Direzione del Santa Lucia aveva inserito.
Iniziò a suonare il suo violino che emanava note vibranti e piene di passione.

Incantò tutti i presenti e fu invitata per il giorno dopo ad esibirsi di fronte al Direttore dell’Orchestra Sinfonica Nazionale.
La sera preparò la sua valigia e la mattina dopo fu dimessa.
Salutò il suo Carlo con l’intesa che sarebbe ritornata tra una settimana al termine della terapia.
L’indomani si esibì di fronte alla Commissione Esaminatrice e al Direttore dell’Orchestra Sinfonica.
Fu un trionfo e lo stesso giorno firmò il contratto a tempo indeterminato.
Dopo una settimana avrebbe iniziato il nuovo lavoro.
Intanto sarebbe ritornata a Firenze per festeggiare l’evento con i suoi familiari e gli amici.
La RAI le fornì l’indirizzo del vicino albergo convenzionato con l’emittente radiotelevisiva nazionale e Sofia vi si recò subito per lasciare la sua valigia. Le chiesero un documento, ma non lo trovò.
Si ricordò di averlo dimenticato al Santa Lucia.
Con il taxi ritornò di corsa in ospedale.
Non appena entrata nella sala d’attesa vide Carlo abbracciato a una donna. Era di spalle e non si accorse della sua presenza.
In quel momento il mondo le crollò addosso.
Entrò in silenzio nell’Ufficio della Direzione dove le consegnarono la sua carta d’identità. Era sconvolta!
Chiese chi fosse la signora insieme a Carlo e le risposero che era la moglie francese, appena ritornata da Parigi!
Cosa provò? Disgusto…o…dolore…?

Nicola Genovese

Il romanzo di Nicola Genovese “Il figlio del prete e la zammara” è reperibile su Ibs libri, oppure richiedendolo direttamente all’editore Aulino Tel.3284793977 oppure via e-mail:info@Aulinoeditore.it

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