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Roma. Cade per una sconnessione del marciapiede e resta per giorni in ospedale, ma il Comune non vuole risarcire: ecco perché

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Inciampa sulla perfetta esemplificazione di una “insidia” stradale, che infatti poi, ovviamente “dopo”, gli “stradini” corrono a sistemare, e ci rimette un braccio, ma Roma Capitale non la risarcisce perché non ha denunciato subito il fatto: peccato sia finita diritta all’ospedale e ci sia rimasta per alcuni giorni in attesa di essere operata. Oltre al danno la beffa per una cittadina romana di 57 anni assistita da Studio3A-Valore S.p.A. che, dopo la rovinosa caduta e un calvario tra ricoveri, interventi chirurgici, gesso e riabilitazione, rischia anche di dover adire le vie legali per ottenere dal suo Comune il giusto risarcimento.

I fatti

Il fattaccio accade il 12 agosto 2020 in piazza Enrico Fermi, all’altezza del civico 36: un mercoledì, giorno infrasettimanale, e la malcapitata, che è funzionario direttivo, non è né in tenuta da mare né in “tacco 12”, ma calza una normale scarpa. Provenendo da Ponte Marconi, attraversando la piazza in direzione di via Grimaldi e percorrendo il marciapiede di sinistra, adiacente l’area del mercato, il suo piede “incoccia” non propriamente su una delle “proverbiali” buche della Città eterna, ma su una “trappola” ancora più insidiosa, un lieve ma decisivo dislivello causato da un “cedimento di una mattonella della pavimentazione in prossimità di un tombino del gas che crea uno scalino di 1,5 centimetri di profondità”: il virgolettato è tratto dal rapporto della polizia stradale di Roma Capitale, che, dopo la denuncia dell’infortunata, invierà in sopralluogo una pattuglia che constata l’effettiva presenza dell’avvallamento, allerta l’impresa preposta e rimane in loco finché gli operai non hanno provveduto a ripristinare lo stato dei luoghi.

Le fratture e l’invalidità

Mettiamoci che la piazza è piena di gente e che lo scalino è pure semi-coperto di mozziconi di sigaretta, scorgerlo in tempo è francamente un’impresa. Sta di fatto che la cinquasettenne cade male a terra, dove rimane in preda ai dolori: viene soccorsa da alcuni passanti e dai titolari dei negozi vicini, alcuni dei quali vedono tutta la scena e in seguito forniranno la loro testimonianza. A caldo, però, la priorità per la signora è di ricevere cure adeguate: viene chiamata e arriva un’ambulanza, che la trasporta all’ospedale San Camillodove, dopo gli accertamenti, le riscontrano la frattura scomposta multiframmentata al radio, ossia al polso, per di più quello destro. La paziente però – sarebbe un’altra storia – viene tenuta per ben tre, lunghi giorni in un barella al pronto soccorso in attesa di essere sottoposta al necessario intervento di riduzione della frattura finché, dopo lunghe insistenze, la trasferiscono in ambulanza al Policlinico Gemelli, dove viene finalmente operata e da dove viene dimessa il 18 agosto, ingessata e con una prognosi di 40 giorni. Successivamente, le viene prescritto anche di portare il tutore per ulteriori venti giorni e infine inizia un ciclo riabilitativo che dura un altro mese, fermo restando che il suo braccio non tornerà più come prima e che le residuerà una invalidità permanente non trascurabile, oltre a quella temporanea per i giorni di inabilità, totale o parziale, oltre cento.

La richiesta danni respinta: ecco il motivo

Insomma, una bella botta, di cui la danneggiata ha chiesto conto, per la carente manutenzione, all’Ente proprietario della piazza, il Comune di Roma appunto, presentando una richiesta danni e tendando anche una procedura conciliativa. Ma l’Avvocatura capitolina, alla luce dell’istruttoria sulla pratica condotta dagli uffici competenti e del parere avverso reso dalla compagnia che assicura l’Ente per la responsabilità civile verso terzi, le Assicurazioni di Roma, ha respinto ogni pretesa, esprimendo parere negativo in ordine alla esperibilità del tentativo di conciliazione, con motivazioni che per la cinquasettenne fanno quasi più male del braccio rotto.

Per la controparte il sinistro non appare sufficientemente provato, nonostante cartelle cliniche, testimoni e rapporto della polizia stradale. Si imputa alla danneggiata il fatto di non aver presentato la denuncia nell’immediatezza ma solo alcuni giorni dopo – che fosse all’ospedale, impossibilitata a muoversi, è un “optional” -, e che mancherebbe un sopralluogo da parte della polizia locale per l’accertamento dello stato dei luoghi: sopralluogo che invece è stato effettuato, con relativa allerta agli stradini. Non solo. Si osserva che l’incidente è successo alla luce diurna e che le foto del sito “mostrano un evidente stato di dissesto di tutto il marciapiede”: insomma, camminandoci sopra bisognava prevedere che prima o dopo si sarebbe incontrato un ostacolo “prevedibile ed evitabile”, poco importa che il dislivello fosse minimo e semi-occultato da rifiuti.

Il ricorso alle vie legali

La signora dunque, attraverso il consulente legale Matteo Cesarini, per ottenere giustizia si è affidata a Studio3A-Valore S.p.A., società specializzata a livello nazionale nel risarcimento danni e nella tutela dei diritti dei cittadini, che ha già ripresentato una nuova, ulteriore e ancora più circostanza richiesta danni al Comune di Roma, obiettando a tutte le argomentazioni addotte dall’Ente, e che, in caso di ulteriori dinieghi, è pronto ad andare fino in fondo per portare avanti le ragioni della propria assistita, anche a intentare l’ennesima causa sul genere contro Roma Capitale: causa che di certo la cinquantasettenne vincerebbe, ma che richiederebbe altri anni d’attesa.

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