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Roma, ”Mio figlio in carcere condannato ‘a morte’ per Covid-19”: la lettera di una madre disperata alle Autorità

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Rivolta nel carcere di Civitavecchia

Riceviamo e pubblichiamo la lettera di una mamma seriamente preoccupata per la salute di suo figlio, mentre questo si trova in carcere in attesa del processo che lo vede accusato di reati contro il patrimonio.

<<Sono C., una mamma come tante in questo momento che ha un figlio in custodia cautelare nel carcere di Regina Coeli a Roma, in attesa di un processo che non si sa quando verrà celebrato.

Sono una mamma che in questi ultimi mesi si è trovata davanti un muro che non riesce a buttar giù, per dare spazio al “buon senso” che la situazione che il nostro Paese sta vivendo in questo momento ci impone di usare. E mi rivolgo a tutte le Autorità che hanno il potere di risolvere la situazione di mio figlio e quella di tante altre persone che, come lui, sono in attesa di giudizio e da considerarsi INNOCENTI fino a prova contraria. J.è accusato di un reato patrimoniale (ancora da dimostrare) e non certo di reati violenti o di particolare allarme sociale ed è incensurato.

Per come lo conosco, da madre, posso dire che mio figlio ha sempre vissuto con e per gli altri. In molti possono testimoniare quanto sia sempre stato generoso e pronto ad aiutare. Ma so che questo non conta per chi giudica.

Non è mia intenzione difenderlo ad oltranza. Verrà giudicato per quello che ha fatto o non ha fatto. In questo momento, sono qui ora a chiedere solo di dare vita ed applicazione alla nostra Costituzione, nella quale non è prevista la pena di morte!

Ho vissuto tredici anni in Argentina dal ‘75 all’88. So cosa vuol dire la pena di morte… e in quegli anni mi sono sempre sentita orgogliosa di essere Italiana, di appartenere ad un popolo che lotta per i Diritti Umani e la vita!

Ma oggi che lottiamo contro la minaccia del COVID-19, parlo di condanna a morte perché scientemente si stanno esponendo i detenuti tutti ad una infezione che può portare anche alla morte. È ormai di dominio pubblico, che le nostre carceri siano sovraffollate, che al loro interno non sia possibile tenere le distanze di sicurezza, né ci sono mascherine e guanti per tutti. 

E quando dico Tutti intendo Tutti: detenuti, personale della Polizia Penitenziaria e tutti gli operatori delle Case Circondariali. Sono anche loro persone che in questo momento mettono a rischio la propria stessa vita.

Mio figlio ha problemi di salute seri, perché portatore di patologie segnalate dalla Organizzazione Mondiale della Sanità ed dal Governo Britannico come condizioni che aggravano notevolmente il decorso della malattia, in caso di contagio da Coronavirus. Soffre da tanti anni di asma  (certificata dal medico di base che lo segue da anni, e da uno pneumologo che lo ha visitato da poco in cella ), e di obesità con l’Indice di Massa Corporea 41 (obesità di terzo grado).

Per questa ragione abbiamo chiesto, attraverso i suoi difensori, non già di liberarlo, ma quanto meno di mandarlo a casa agli arresti domiciliari, fino a quando si terrà il processo.

Ma i nostri ripetuti appelli son caduti nel vuoto, senza altre spiegazioni esaustive e che abbiano valore superiore al rischio della vita. Non riesco a capire come si possa continuare a negargli i domiciliari quando esiste un’alternativa assolutamente valida rispetto al carcere, che possa garantire il rispetto delle prescrizione dell’Autorità Giudiziaria, ma che possa anche consentirgli di non esporsi ad un grave pericolo per la propria vita.

Non sto chiedendo di azzerare la sua posizione, non sto chiedendo di non fare un processo. Non sto chiedendo qualcosa di assurdo: sto implorando di non farlo morire in carcere per un contagio che non perdona.

 E forse dopo il processo potrebbe essere anche scagionato! Chi ridarà la vita a mio figlio allora? Chi mi risarcirà per la sua perdita? E che importa il denaro che potrei avere, se non avrò più lui? A chi dovrò chiedere conto della sua vita? Al PM, al GIP, al Ministro della Giustizia? A chi?

Già questa epidemia ci fa vivere sospesi e senza certezze, ma il saperlo lì a rischio ancor maggiore mi fa impazzire, come certamente fa impazzire altre madri come me!

Posso sentire la pena e il dolore… Non lo posso vedere, non posso parlargli perché può fare solo una telefonata a settimana di 10 minuti. Alla fine mi chiedo se non sia condannata più  io e i miei familiari oltre a lui! Avete dei figli? Se li sapeste in pericolo di vita che cosa fareste? E lo chiedo come mamma di un detenuto non condannato. Che ironia sarebbe se alla fine risultasse innocente e fosse morto per coronavirus in carcere! Mi chiedo come coloro che decidono sulle sorti di chi è detenuto, possano dormire sereni, sapendo che il virus può arrivare domani, subdolamente, in punta dei piedi e palesarsi quando ormai è tardi per fare qualcosa.

Ai miei tempi si diceva che “Prevenire è meglio di curare”, ma forse sono vecchia ed ora certi detti non sono più di moda, anche se io penso ancora che siano molto saggi.

Cosa frena tutti dal prendere decisioni serie ed emergenziali? Ci vuole coraggio nei momenti di crisi perprendere le decisione giuste, forse non accolte dal favore di tutti, ma che seguono valori veri e rimettono al centro l’Uomo.

Ecco io vi chiedo di prendere una di queste decisioni che possano restituire valore alla vita e che la riconoscono come bene supremo. Vi chiedo con tutta la forza del mio cuore di mandare a casa, agli arresti domiciliari mio figlio e tutti coloro in situazioni simili, non pericolosi per gli altri!

Accanirsi con un diniego, trovo che sia ingiusto, inumano, illogico e assolutamente senza senso.

 Il nostro Presidente Mattarella lo ha indicato; il nostro Santo Padre Papa Francesco lo ha chiesto apertamente.

A nome di tante mamme, vi supplico affinché non abbiamo a piangere i nostri figli!

Sperando in una “giusta”risposta, attendo. 

C.F.>>.

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