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Spese di trasferta gonfiate, pagamenti di finti straordinari: la truffa da oltre 230mila euro alla Banca d’Italia, nei guai ex dipendente

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Spese di trasferta “gonfiate”, pagamento di un affitto di cui non aveva bisogno, così come di straordinari mai effettuati, nonché di ingenti emolumenti non dovuti. Al centro della vicenda un ex dipendente della Banca d’Italia che in circa 5 anni è riuscito ad intascarsi 234.394 euro in più oltre al proprio regolare stipendio. Una cifra certamente non irrisoria quella che l’uomo è stato ora condannato a restituire alla Banca d’Italia e al Comitato Economico e Sociale Europeo. Era stato proprio quest’ultimo a disporre il trasferimento dell’uomo – in qualità di esperto nazionale – nella propria sede di Bruxelles. 

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La truffa alla Banca d’Italia e gli importi indebitamente percepiti 

La lista dei giudici contabili rispetto agli importi ricevuti dall’ex dipendente è lunga: 64.898 euro per la maggiorazione dell’assegno di sede estera, 11.192 euro per il “trasporto di masserizie” liquidati dall’Ente per il trasferimento da Bruxelles a Venezia, 5.445 euro per “indebiti emolumenti stipendiali riferiti al periodo che va dal 5 novembre 2013 al 29 gennaio 2014, durante il quale si è assentato ingiustificatamente dal servizio”. Ed ancora, 152.856 euro di compensi  e rimborsi corrisposti al Cese, che sarebbero dovuti essere riversati all’Istituto di appartenenza, in considerazione del fatto che la cifra comprendeva anche l’indennità di soggiorno per la quale la Banca d’Italia aveva già pagato. Ma non solo. 

L’affitto non dovuto e i finti straordinari 

Come riporta il Messaggero, dalle indagini è inoltre emerso che a Bruxelles, mentre prendeva il contributo per l’affitto, l’uomo aveva trasformato il proprio studio in un alloggio con tanto di effetti personali e porta chiusa ermeticamente per non fare entrare nessuno. Poi, fuori dall’orario di lavoro si sarebbe anche fatto pagare gli straordinari mai effettuati. Alla luce di ciò, i magistrati hanno ritenuto dolosa la condotta attuata dall’imputato che adesso dovrà rendere le somme indebitamente percepite. 

La condanna

Disposta la condanna in sede penale a seguito della quale l’uomo dovrà scontare due anni di reclusione con le accuse di truffa in danno allo Stato e falso atto pubblico, unitamente al cospicuo risarcimento. L’ex dipendente ha già restituito 81.537 euro alla Banca d’Italia ma i giudici hanno disposto che risarcisca anche il Cese con altri 152.856 euro cifra irregolarmente ottenuta. 

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