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Arresti per Mafia a Pomezia, rivelazioni choc: Fiorenzo D’Alessandri racconta le sue verità

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E’ un fiume in piena, il racconto di Fiorenzo D’Alessandri ai nostri microfoni. L’accostamento del suo nome all’inchiesta “Equilibri” proprio non l’ha digerito. Ed ecco la sua verità, che riportiamo integralmente in un’intervista esclusiva che riporta particolari inquietanti relativi alle violenze e alle minacce subite. Un modus operandi che, a quanto pare, non è affatto raro, ma rappresenta – al contrario – un sistema ben collaudato che ha portato al fallimento e alla disperazione molti imprenditori e commercianti che non hanno mai avuto il coraggio di denunciare per paura di ritorsioni ancora peggiori nei confronti non solo di loro stessi, ma dei loro familiari.

Attentati e intimidazioni

«Nel giugno 2013 inizia l’aggressione nei miei confronti – racconta D’Alessandri – Consegnano una busta a casa, la donna delle pulizie mi chiama e io le dico di aprirla. Lei lo fa e inizia a gridare, perché dentro ci sono dei proiettili. Corro a casa, prendo la busta e la porto dai Carabinieri per la denuncia. Gennaio 2014: una sera rientro a casa e, qualche minuto dopo, sento delle grida e vedo delle fiamme. Stava andando tutto a fuoco: le auto, la tettoia della rimessa. Fiamme altissime che si avvicinano pericolosamente a casa che ha i tetti in legno».

«Febbraio 2014. Parto per lavoro per la Polonia con mia moglie, che è polacca. Appena sceso dall’aereo ricevo una strana telefonata da una persona (coinvolta anche nell’inchiesta di questi giorni) che mi chiede “Tutto a posto?”. Rispondo automaticamente di sì, dicendo di essere a Varsavia, ma non capisco il motivo della chiamata. Il sabato sera, dopo cena, mentre stavamo rientrando in albergo, vedo mia moglie che – mentre era al telefono – inizia a gridare “Hanno sequestrato Nicole” e sviene. Prendo il cellulare e dall’altra parte c’erano mia nipote e mia figlia che, piangendo, mi hanno raccontato quello che era successo (dei banditi erano entrati in casa e avevano tenuto in ostaggio i figli e i nipoti di D’Alessandri puntando la pistola alla testa della figlia 12enne per due ore, ndr)».

«Ho detto loro di stare tranquilli, che avrei preso il primo aereo per tornare a casa e così ho fatto. Anche in questo caso ho denunciato la rapina (valore 250 mila euro, ndr) ai carabinieri. A giugno dello stesso anno ero appena andato a letto quando arriva mia moglie e mi dice “hanno sparato a Simone” (il figlio, ndr). Mi sono infilato la prima cosa che mi è capitata, sono arrivato a casa di mio figlio, che vive a 100 metri da me, e mi sono accorto che – fortunatamente – avevano sparato contro l’auto e non contro di lui. La macchina era crivellata di colpi. Anche in questo caso la solita trafila: Carabinieri, denuncia, deposizioni, ma anche questa volta non si arriva a nulla. Nel frattempo, ogni tanto non è mancato qualche “messaggio”. Così come non sono mancate frasi sottovoce, all’orecchio: “Sapessi quello che è successo a me…, se parlassi io…”. E io mi sono sempre chiesto: ma perché non parlano come ho fatto io? Perché nessuno fa una denuncia?».

Ma a quanto pare, anche a Pomezia vige l’omertà

«Passa altro tempo e nel mio ufficio scopro delle microspie. L’idea di essere spiato mi era venuta quando un giorno mi si era presentata una persona che mi aveva detto ‘smettila di parlare con gli sbirri perché altrimenti qualcuno ti farà del male’. Sapeva talmente tante cose che mi sono insospettito, quindi ho iniziato a cercare e, a gennaio 2015, ho trovato la microspia che ho consegnato ai Carabinieri. Quindi mi pedinavano, mi ascoltavano, ero ‘monitorato’. Nel frattempo succedevano anche cose strane».

Avevano chiesto soldi?

«No, esplicitamente no».

Cosa volevano?

«Impaurirmi per costringermi a mettermi sotto la loro protezione. Oggi, alla luce anche di questi ultimi eventi, ho ricollegato una serie di fatti che sono avvenuti nel corso degli anni che ora vedo sotto una luce ancora più chiara. Nel gennaio 2014 mi viene recapitato un plico da Velletri dove mi viene intentata una causa civile da parte di una società che mi chiede oltre 400 mila euro per lavori che avrebbe eseguito a casa mia nel 2008. Questi signori asserivano di aver costruito la mia casa senza essere stati pagati. Quando arrivò l’avviso non detti peso alla cosa, conoscendo la società e sapendo che non era vero niente. Nel 2015 la Procura della Repubblica di Velletri mi avvisa che c’è una causa penale nei miei confronti per una denuncia a mio carico per reati infamanti, denuncia proposta da un signore di Pomezia legato alla persona che un anno prima mi aveva intentato la causa civile da 400 mila euro. Presento la mia difesa e il PM propone il mio proscioglimento e il GIP mi proscioglie. Questi e altri fatti di natura simile, messi insieme a tutti gli episodi di cui sono stato vittima insieme alla mia famiglia, mi hanno offerto un quadro ancor più chiaro: il ‘sospetto’ è che si trattasse di un attacco nei miei confronti su diversi fronti, mirato a destabilizzarmi per poi ‘spogliarmi’ dei miei beni, dei miei averi. Ho anche saputo che, a Pomezia, ci sono stati altri casi del genere nei confronti di altri imprenditori».

«Ovvio che, nel momento in cui sono stato avvicinato da persone che mi hanno riferito che potevano sapere tutto, che potevano arrivare a conoscere i nomi dei miei aggressori e che avrebbero potuto provare risolvere tutto, mi sono spaventato moltissimo e mi sono chiesto cosa potessero volere da me. Cosa avrei dovevo rispondere dopo quello che avevo subito? “Fatevi gli affari vostri”? È ovvio che ero spaventato. Non era certo una cosa semplice, ho intuito con chi potevo aver a che fare in quel momento e, visto quello che mi era successo, ho fatto l’unica cosa che chiunque avrebbe fatto nelle mie condizioni, assecondare, provare a far finta di ragionare come se nulla fosse, dare l’idea di condividere le loro idee. Nient’altro che questo».

Ma poi ha avuto altri contatti?

«Sì, ho dovuto anche ascoltare ragionamenti sulla politica che evidentemente non potevo in quel momento contestare poi mi è stato addirittura chiesto di assumere una persona nelle mie attività. Ero preoccupato e confuso per quello che stava avvenendo ma era evidente che volessero accreditarsi ai miei occhi, ma io ho cercato di prendere tempo facendo finta di assecondare. Spero che le intercettazioni escano fuori tutte perché confermerebbero senz’altro le mie parole».

Però ci sono intercettazioni in cui si dice che Fragalà doveva mettere in contatto lei e Schiumarini proprio per “riprendere il Comune”…

«E già questo dovrebbe far riflettere, visto che io sono stato tra quelli che hanno sempre contrastato e contestato il ruolo di Omero all’interno del partito, ho sempre detto di essere contrario sia alla sua candidatura alle primarie del 2013 – e qui i responsabili del PD dovrebbero dirmi perché non hanno osteggiato quella candidatura – che quella al ruolo di candidato sindaco nel 2018. Io mi sono battuto ferocemente contro Schiumarini e alla fine l’ho spuntata, quindi con i fatti ho dimostrato di non aver mai preso in considerazione ipotesi diverse. I fatti dimostrano che non ho niente a che fare con quelle persone. Io non ho mai piegato la testa nei confronti di questa gente, ho puntualmente mandato tutti a quel paese. Non ho mai piegato la testa davanti ai banditi e mai la piegherò e se c’è qualcosa che mi posso rimproverare è proprio il fatto che, così facendo, ho messo in pericolo la mia famiglia. Fortunatamente le cose sono state fermate grazie all’intervento dei Carabinieri di Roma Trastevere, che hanno indagato e sono arrivati a scoprire i colpevoli, ed al lavoro dei magistrati. Nel frattempo nel 2017 e nel 2018 ci sono state altre azioni contro la mia famiglia. Mio figlio è stato prima malmenato e poi di nuovo aggredito di notte da un gruppo di malfattori mentre era solo e d’improvviso rimasti sconosciuti».

Come si spiega queste aggressioni?

«Mi sono arrivate trasversali richieste di soldi per evitare che tutto questo continuasse, ma anche questa volta li ho mandati a quel paese e mi sono affidato, come sempre, alla giustizia. Dopo tutto quello che mi avevano fatto dovevo anche pagare? Non ho piegato la testa, non ho pagato nessuno ed ho scelto la difesa nelle sedi giudiziarie, coltivando il procedimento scaturito dalle mie denunce. E adesso, di fronte a tutto questo, mi vengono a dire, senza conoscere minimamente come stanno veramente le cose, che io avrei avuto rapporti con questi personaggi quando alcuni dei soggetti coinvolti risultano imputati nel processo scaturito dalle mie denunce a Velletri. Io sono stato costretto ad avere contatti per salvaguardare me e la mia famiglia, ma non ho mai scavalcato la legge, non sono mai andato oltre, facendo sempre le cose in regola, in rapporto con le istituzioni e con l’Autorità Giudiziaria che ha fatto il suo lavoro e che ringrazio per questo. Mi sono sempre rivolto alle forze dell’ordine e anzi ringrazio i Carabinieri di Roma, che mi hanno creduto e che insieme a me hanno svolto delle indagini che hanno portato a dei risultati che adesso spero portino a delle condanne perché, come ho già detto, non si può piazzare una pistola in testa ad una bambina di 12 anni. E chi pensa che io possa aver fatto degli accordi con questi personaggi o con quell che hanno messo una pistola in testa a mia figlia o è matto o è in malafede».

Il PD: il ruolo del partito

«Mi sono trovato in questa situazione, e quello che era e che non sarà mai più il mio partito che fa? Mi dà l’espulsione non perché ci siano problemi giudiziari, perché non c’è alcuna rilevanza penale, non sono indagato non ho non ho nulla a che vedere con i reati ipotizzati, ma per una presunta incompatibilità tra i miei comportamenti e le regole del codice etico del partito stesso. Proprio in questi giorni abbiamo assistito alle vicende per cui non entro nel merito e che riguardano esponenti di primo piano del PD, ma per le quali nessuno è stato espulso dal partito».

«Preciso che sono contrario che avvengano le espulsioni, però vorrei capire: Zingaretti incontra Lotti e dice “Lotti mi ha garantito che non ci sono state illegalità”. Bene, bravo, io sono contrario alle espulsioni facili e di facciata: se qualcuno ha avuto condotte censurabili, una volta accertate, ne risponderà e il partito prenderà le sue decisioni. Ma oggi perché lo dovresti espellere? Sulla base di cosa? Di articoli di giornale che, necessariamente, hanno solo una conoscenza parziale dia fatti? Lo stesso segretario regionale del PD, eletto in quota Zingaretti, non solo è stato indagato ma addirittura rinviato a giudizio per fatti gravi: è lì tranquillo a fare il segretario Regionale, in Parlamento a fare il senatore, nessuno gli dice niente. Giusto, sono d’accordo. Se e quando sarà condannato pagherà il dovuto. E io? Esce un lancio con delle intercettazioni di una vicenda che penalmente neanche mi riguarda e il partito mi butta fuori perché io non sono compatibile con il codice etico morale. Vadano cauti, i compagni del partito, a dare per ammesse cose che non conoscono. E poi dato che io non sono iscritto al partito, visto che non ho rinnovato la tessera per il 2019, vorrei mi spiegassero come si fa ad espellere una persona che non fa parte di una associazione! E sa perché non l’ho rinnovata? Perché quando si doveva tenere il congresso, circa due mesi fa, fui chiamato da un dirigente che mi disse ‘Abbiamo fatto un accordo per la gestione del Congresso. Tranquillo, facciamo un direttivo a 18 così stanno tutti dentro’. Io risposi: ‘Io non rinnovo la tessera. Buona fortuna. Ancora con queste storie, andate avanti? Vi spartite i posti per fare che? Non vi basta il 2013? Non vi basta il 2018? Ancora? Io non dò la mia disponibilità, me ne sto a casa’. E difatti non partecipai, non ritirai la tessera, ma me ne andai. E oggi mi danno l’espulsione?».

Il caos interno

Poi c’è anche dell’altro. A quanto pare nel partito si agirebbe con facilità estrema non solo nel cacciare, ma anche nell’assumere.

«A me danno l’espulsione così. Ma sempre loro, dopo le elezioni del 2018, hanno assunto Schiumarini a chiamata diretta nello staff di Daniele Leodori, allora presidente del consiglio regionale, oggi vicepresidente vicario della giunta regionale, e, siccome Zingaretti nel frattempo è diventato segretario del PD, è ovvio che Leodori faccia praticamente le veci del presidente del Lazio. Quindi Schiumarini era, fino all’altro giorno, nello staff di Leodori, ed ecco che, di corsa, appena la stampa ha diffuso le notizie sull’indagine, Schiumarini è tornato a casa. Ora, anche qui: di cosa sia colpevole Omero io non lo so, perché dal punto di vista penale non mi risulta che sia indagato. Sul piano morale ed etico non so cosa abbia fatto non so e non voglio entrare nel merito. Perché il partito ha deciso di manifestare con tanta rapidità e solerzia la preoccupazione di essere accumunati a queste storie? Forse si sentono responsabili per non essere intervenuti prima? Il segretario provinciale nel 2013 ha permesso che Schiumarini diventasse il candidato sindaco del PD e del centrosinistra: bastava che lui dicesse di no, bastava che il partito dicesse ‘non si può fare, per opportunità politica’, che chi era stato coinvolto – a torto o a ragione – nelle vicende giudiziarie già nel 2000 fosse ricandidato all’infinito. Era quello che sostenevo io da tempo. Non era possibile che chi era stato assolto per prescrizione e quindi lasciando un dubbio nei cittadini potesse essere scelto per rappresentare il PD alle elezioni».

«E infatti abbiamo perso, giustamente, e abbiamo dato il sindaco ai grillini, sia nel 2013 che nel 2018. E allora la colpa di tutto questo di chi è? Mia? Di Omero? Non sarà forse di chi dirige il partito, della segreteria provinciale e di quella regionale, di chi non ha avuto il coraggio, la responsabilità, il senso del dovere di dire ‘non ti candidi’? Invece lo hanno ricandidato e, dopo le elezioni, lo hanno assunto in Regione Lazio a chiamata diretta. Molto bene. Ma allora i moralismi sono inaccettabili. In tutta questa storia io una cosa posso dirla: dopo i fatti del 2000 ho fatto una scelta. Mi sono chiamato fuori da tutte le storie, non ho voluto partecipare più a niente, oggi posso dire con estrema serenità che cammino a testa alta e schiena dritta, perché ho la coscienza a posto. Non ho fatto mai azioni illecite, non ho fatto cose fuori dalla legge, anzi, mi sono sempre battuto e mi batto perché la legge e le regole vengano rispettate. Certo è che il PD, se mantiene la posizione di espellermi da un partito a cui non sono nemmeno iscritto e quindi se il provvedimento non verrà annullato, io sarò costretto a far valere i miei diritti in ogni sede, perché loro hanno emesso la loro sentenza, e cavalcando una vicenda assurda, almeno per quanto mi riguarda, hanno contribuito a colpire la mia immagine e la mia dignità disinteressandosi completamente di quello che io e la mia famiglia abbiamo subito negli anni. Io questo non glielo perdonerò mai e farò di tutto perché questo sia smentito».

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