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Coronavirus: quanto resiste sulle superfici? La tabella completa

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Per quanto tempo il Coronavirus resiste sulle superfici inanimate? E soprattutto quanto ha la capacità in questo modo di infettare? Sono quesiti a cui alcuni studiosi americani hanno cercato di dare una risposta. Lo studio è stato riportato sul sito del Dott. Roberto Burioni ‘Medical Facts‘, che insieme al suo collega Nicasio Mancini, ha cercato di spiegarlo. 

Già alcune settimane fa erano stati pubblicati dei dati relativi alla contaminazione ambientale delle stanze in cui erano ricoverati i pazienti risultati positivi al Coronavirus. In quel caso, alcune tracce del virus non erano presenti tanto nell’aria quanto sulle varie superfici della stanza. Questo studio, però, ricorda Burioni, aveva un limite: veniva ricercato il patrimonio genetico del virus e non la presenza di particelle virali integre. Un dettaglio fondamentale, che non va assolutamente tralasciato,  perché sono proprio le particelle virali integre quelle in grado di infettare. 

Lo studio americano

Gli studiosi americani hanno cercato di analizzare non solo la capacità del virus di rimanere nel tempo su alcune superfici, ma hanno valutato anche la conseguente capacità di infettare. ‘Questo è molto importante, in quanto confermerebbe come un modo di trasmissione del virus sia quello indiretto attraverso le nostre mani. Tocchiamo superfici contaminate e, inavvertitamente, ci infettiamo portando le mani alla bocca, al naso o negli occhi’. 

Gli esperti americani hanno messo una quantità di virus su diverse superfici: rame, cartone, acciaio inossidabile e plastica e hanno poi notato come la capacità infettante del virus cambiasse con il passare delle ore. ‘Tutto – come spiega Burioni – condotto a temperatura ambiente (21-23°C con umidità relativa al 40%), condizioni che potremmo tranquillamente paragonare a quella delle nostre case’. 

Ecco i risultati dello studio americano 

Come si legge sul sito ‘Medical Facts’ i materiali meno ospitali per il virus sono risultati essere il rame e il cartone con un dimezzamento della capacità infettiva in meno di due ore per il primo materiale e entro 5 ore abbondanti nel caso del secondo. Un abbattimento completo dell’infettività è stato osservato rispettivamente dopo le 4 ore per il rame e le 24 ore per il cartone. Più lunga, invece, la persistenza sull’acciaio inossidabile e sulla plastica. Nel primo caso la carica infettante risultava dimezzata solo dopo circa 6 ore, mentre ne erano necessarie circa 7 per dimezzarla sulla plastica. Per un completo azzeramento dell’infettività ci sono volute almeno 48 ore per l’acciaio e 72 ore per la plastica. Il rischio, ribadiscono gli studiosi, diminuisce notevolmente con il passare delle ore, ma non si annulla se non dopo qualche giorno. 

Questo dato, sottolineano il Dott.Burioni e il Dott. Mancini, è ancora da confermarsi con altri esperimenti. In ogni caso, concludono: ‘noi continuiamo con il solito mantra: isolamento sociale, massima igiene delle mani e delle superfici (ricordiamo che il virus è completamente inattivato da acqua e sapone e da altri detergenti) e evitiamo di toccarci (e farci toccare) il viso. Avremo modo di rifarci quando tutto questo sarà finito‘. 

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