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Che fine hanno fatto le statue che decoravano il Colosseo?

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Colosseo a Roma

È uno dei monumenti più famosi al mondo e al fascino, oggi, si aggiunge anche un mistero su cui da anni si interrogano storici e archeologi. L’Anfiteatro Flavio, meglio noto come Colosseo, sembra infatti che in passato ospitasse anche delle statue, poi andate perdute, sotto i suoi archi. A seconda dell’altezza e della disposizione dei busti, ormai, i soggetti avevano più o meno importanza nella società romana. Che fine avrebbero fatto, però, quei monumenti?

Perché il Colosseo si chiama in questo modo?

Probabilmente il monumento più famoso al mondo e simbolo della grandezza di Roma, l’Anfiteatro Flavio, meglio conosciuto con il nome di “Colosseo” per la colossale statua in bronzo raffigurante Nerone che si trovava nelle vicinanze, si innalza nel cuore archeologico della città, e da quasi duemila anni racconta una storia ininterrotta di fascino e magnificenza.

Ancora oggi è l’anfiteatro più grande al mondo. Fu voluto dall’imperatore Tito Flavio Vespasiano che per edificarlo scelse la zona compresa tra i colli Palatino, Esquilino e Celio, precedentemente occupata dal laghetto artificiale della Domus Aurea di Nerone. La sua costruzione iniziò nel 70 d.C. e terminò nell’80 d.C. sotto l’impero di Tito, figlio di Vespasiano.

Colosseo in notturna
Colosseo in notturna

A cosa serviva il Colosseo?

L’edificio, destinato ai combattimenti, ai giochi tra i gladiatori (munera), alle simulazioni di caccia ad animali feroci ed esotici (venationes) e alle naumachie (combattimenti navali), è composto da quattro ordini architettonici sovrapposti; i primi tre sono formati da ottanta arcate inquadrate da semicolonne, il quarto è suddiviso in riquadri intervallati da finestre. Nell’ultimo ordine, erano inseriti supporti in muratura e in legno per sostenere un immenso telone (velarium) che serviva a riparare gli spettatori dal sole e dalla pioggia.

Nei sotterranei del Colosseo si svolgevano invece i preparativi per gli spettacoli. Al loro interno, si aprivano diverse botole da cui uomini e animali apparivano a sorpresa, sollevati da montacarichi mediante un complesso sistema di argani che, però, per la presenza di legno e corde, furono distrutti dall’incendio che nel 217 danneggiò gravemente tutto il monumento.

Nel 438, Valentiniano III abolì i giochi gladiatori e l’anfiteatro subì un progressivo declino che nel Medioevo e nel Rinascimento lo portò a essere utilizzato come cava di materiali, impiegati anche nella costruzione della Basilica di San Pietro, come ricovero per animali e come sede per laboratori artigianali e abitazioni.

Al Colosseo c’erano delle statue?

Nel 2021 fu organizzata a Roma la mostra “Pompei 79 d.C. Una storia romana”, che permetteva di hanno deciso di renderla realtà allestendo dei teli che riproducevano le figure che molti archeologi hanno pensato si trovassero negli archi dell’Anfiteatro Flavio.

La mostrava si ispiarava a una teoria portata avanti inoltre da molti archeologi della storia antica. Il primo a ipotizzarne l’esistenza è stato l’architetto Carlo Lucangeli a inizio Ottocento, a cui si aggiunse anche e l’archeologo Giuseppe Lugli nella prima metà del Novecento.  Una versione del Colosseo inedita, che trova conferma anche grazie al ritrovamento di due sesterzi, coniati durante e dopo il regno di Tito, e un rilievo su una tomba dell’epoca. Il rilievo degli Haterii, datato al I secolo d.C. e rinvenuto nel 1848 sull’antica via Labicana, insieme ad alcune monete, restituisce infatti l’immagine di un Anfiteatro decorato con numerose statue di diversa tipologia, oggi in gran parte perdute.

Colosseo e Costantino
Colosseo e Costantino

Quanti busti c’erano all’Anfiteatro Flavio?

Dovevano essere 156 le statue raffiguranti dei, eroi e semidei, poste nelle arcate perimetrali del II e del III ordine. Ad alcune figure di spicco della società romana era riservato il privilegio di avere un ritratto nel I ordine del Colosseo, mentre i ritratti dei membri delle famiglie imperiali ornavano il palco dell’imperatore.

Almeno tre erano, invece, le statue dedicate al prefetto di Roma Decius Marius Venantius Basilius, che restaurò l’anfiteatro, a proprie spese, nel V secolo d.C. dopo un violento terremoto. Probabilmente, ma su questo le ricerche sono ancora in corso, e sempre a scopo decorativo, era stata realizzata la statua di cavallo, di cui è stato ritrovato un frammento durante gli scavi eseguiti nell’anfiteatro nel 2008, e oggi esposta al I ordine del Colosseo di fronte all’ingresso Nord.

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