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ENTRA IN ITALIA CON 53 MILA EURO NON DICHIARATI: PRESO A POMEZIA 35ENNE

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banconote

E’ andata male, al 35enne straniero che occultava 53 mila euro in contanti non dichiarati allo Stato Italiano e destinati all’acquisto di prodotti di abbigliamento all’ingrosso da commercianti cinesi. L’uomo è infatti stato colto sul fatto dai Finanzieri della Compagnia di Pomezia, guidati dal Capitano Alessandro Iezzi, durante uno dei servizi di controllo per la tutela economica del territorio condotto dai reparti del Comando Provinciale della Guardia di finanza di Roma, mentre trasportava a bordo di un’autovettura intestata ad un suo connazionale la somma in contanti di circa 53.000 euro in banconote di vario taglio. Giunto in Italia, allo scalo marittimo di Ancona due giorni prima dall’Albania, passando dalla Grecia, l’uomo era arrivato a Pomezia per i suoi acquisti, ma si è imbattuto nei finanzieri che, increduli, hanno trovato in una busta di carta di un negozio di prodotti di biancheria intima, il denaro diviso in tre blocchi, accuratamente avvolti in più strati di cellophane. D’effetto la quantità di banconote: 2 pezzi da 500 euro, 103 pezzi da 100 euro, 518 pezzi da 50 euro, 702 pezzi da 20 euro e 174 pezzi da 10 euro. Tra queste, c’era anche una banconota da 50 euro falsa. Le Fiamme Gialle hanno provveduto a sequestrare una quota di 21.500 per violazione delle norme valutarie sulla circolazione transfrontaliera del denaro. Il denaro, infatti, non era stato dichiarato ad Ancona in entrata nello Stato italiano. La somma sequestrata è stata depositata su un conto corrente intestato al Ministero dell’Economia e delle Finanze, a disposizione dello Stato italiano, per i provvedimenti sanzionatori del caso.

“La spendita presso grossisti dell’abbigliamento di una tale quantità di denaro in contante – fanno sapere i Finanzieri – può essere segnaletica di un canale di vendite “in nero” cioè senza fatturazione e, pertanto, al di fuori di ogni forma di possibile tassazione e quindi di doverosa contribuzione alle spese della collettività. In tal modo, l’evasore delle imposte, pur consumando costosi servizi comuni, finanziati da tutti coloro che assolvono a un comportamento fiscale sostanzialmente corretto, non si fa carico della propria ideale “quota parte” di contribuzione. La nostra Costituzione stabilisce, all’art. 53, che tutti sono tenuti a contribuire alle spese pubbliche secondo la propria capacità.

L’evasione fiscale vuol dire fingere di non avere una capacità contributiva.

Non sfugge che questo costituisce, nell’imprenditoria e nello svolgimento di professioni, anche un indebito vantaggio a danno delle imprese e dei professionisti che, nella vita aziendale o professionale, correttamente sostengono anche gli oneri legati alla tassazione e che, pertanto, subiscono un danno in ottica di concorrenza sul mercato”.

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