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Impiccato in carcere. Per la procura è suicidio, ma la famiglia non ci crede: “Lividi sul corpo e negano autopsia”

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Rivolta nel carcere di Civitavecchia

Era il 12 ottobre 2022, quando Stefano Dal Corso, detenuto romano originario del Tufello, veniva trovato misteriosamente privo di vita nell’infermeria del carcere Casa Massima di Oristano. Ora, a distanza di qualche mese, parte un raccolta fondi per poter finanziare le indagini e così cercare di far luce sul giallo della sua improvvisa e, al momento, inspiegabile morte. 

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Il mistero del suicidio in carcere di Stefano Dal Corso

Stefano Dal Corso aveva 42 anni. Era entrato in carcere a Roma lo scorso 19 agosto. Poi, successivamente, dopo qualche settimana, ai principi di ottobre, lo avevano trasferito temporaneamente in Sardegna per consentirgli di presenziare a un processo. Dopodiché, Dal Corso sarebbe dovuto rientrare a Roma il giorno del 13 ottobre per poter concludere la sua detenzione. La libertà lo aspettava per il mese di dicembre. Ma le cose non sono andate proprio in questo modo, perché il 42enne, secondo la versione ufficiale, si sarebbe impiccato alle sbarre della cella singola, utilizzando il lembo di un lenzuolo. Su questa versione ufficiale, però, la famiglia continua a sollevare molti dubbi, e la ricostruzione fornita dagli inquirenti non sembra coincidere con i loro pensieri. I pensieri di chi Stefano lo conosceva bene. 

”Si vedono segni come di presa su un braccio, uno alla testa e sugli occhi”

I funerali e l’ultimo addio sono stati celebrati da tempo. Tuttavia, Marisa Dal Corso, 55 anni, la sorella di Stefano, ha voluto lanciare una raccolta di denaro per poter finanziare l’autopsia che, come dice, ”la procura di Oristano ci ha negato per due volte”. Le cose non quadrano, secondo i familiari, soprattutto dopo aver visionato alcune foto del suo corpo: “Mio fratello è morto nel carcere di Oristano, dove si trovava per un processo. E’ morto impiccato, mi hanno detto al telefono. Eppure lui non aveva alcun motivo di togliersi la vita, mai aveva manifestato l’intenzione di farlo e anzi aveva preso accordi per un lavoro in un ristorante appena sarebbe uscito, da lì a poco. Mi hanno mandato solo delle foto, poche e in cui tra l’altro era vestito, dalle quali si vedono segni come di presa su un braccio, uno alla testa e sugli occhi. Per ben due volte ci è stata negata la possibilità di fare l’esame autoptico, ma io chiedo che venga fatta chiarezza. Voglio capire come è morto Stefano”.

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