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PANINI A SCUOLA, LA ASL LI “VIETA”

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Sono stati tantissimi i bambini delle scuole pometine che questa mattina hanno portato il pasto da casa e una nota scritta dai genitori, che chiedevano di non usufruire del servizio mensa. Ma, tranne in qualche classe dove già a mezzogiorno i bimbi hanno potuto consumare il pasto, la stragrande maggioranza è stata bloccata dalla Asl. In seguito alle richieste pervenute da parte di alcune famiglie di Pomezia sulla possibilità di preparare i pasti a casa da far consumare ai bambini a scuola in sostituzione del servizio mense, la Asl ha risposto ai chiarimenti richiesti dall’Amministrazione dando parere negativo. “Questo servizio – si legge nella nota – non ritiene praticabile ed auspicabile consentire il consumo di pasti preparati a casa e successivamente consumati a scuola, sia per ragioni di carattere igienico-sanitario, sia per un evidente contrasto con le linee ispiratrici dei piani di Prevenzione che vertono sulla promozione di buone pratiche su alimentazione e scelte nutrizionali adeguate per la promozione della salute collettiva. La scuola rappresenta un setting privilegiato in cui svolgere interventi di promozione della salute soprattutto per la prevenzione dell’obesità. I piani di prevenzione attiva promuovono una corretta alimentazione che risulta fondamentale per determinare un soddisfacente stato di salute e benessere. L’educazione alimentare rappresenta lo strumento fondamentale che permette di ottenere comportamenti alimentari corretti e di indurre scelte consapevoli attraverso strategie educative messe in atto a partire dalla prima infanzia. In questa ottica, particolare importanza assume il momento della ristorazione scolastica che con il suo duplice obiettivo, nutrizionale ed educativo, riveste un ruolo primario per la salute e il benessere fisico dei bambini. L’alimentazione a scuola, attraverso la proposizione di piani nutrizionali corretti e validati, rappresenta un vero e proprio veicolo di proposta e acquisizione di modelli culturali e comportamentali che influenzeranno le scelte del bambino oltre a favorire il cambiamento di comportamenti alimentari eventualmente non corretti. Pertanto la ristorazione scolastica rappresenta un settore della ristorazione collettiva in cui si concentrano peculiari valenze di tipo preventivo, educativo e nutrizionale e in cui occorre fornire garanzie di tipo igienico sanitario e di sicurezza, rappresentando un’occasione privilegiata da cui poter far prendere avvio e sviluppo strategie educative che si propongano di instaurare e potenziare un corretto approccio nei confronti degli alimenti e dell’alimentazione”. “Vista la specifica competenza degli istituti scolastici sull’eventuale autorizzazione in merito all’introduzione e al consumo di pasti preparati a casa – precisa la vice Sindaco Elisabetta Serra – è chiaro che i dirigenti scolastici potranno trovarsi a recepire le suddette indicazioni dell’azienda Asl, data l’importanza che riveste la sicurezza igienico-sanitaria degli studenti nonché la loro educazione alimentare”.

“Ed allora perché non bloccano anche le merende? – hanno chiesto i genitori che erano andati all’ora di pranzo davanti alle scuole per protestare – Sono molti i bambini che la mattina si portano il panino per fare merenda nell’intervallo: vorremmo capire quale sia la differenza”.

“La Asl “non ritiene praticabile ed auspicabile il consumo dei pasti preparati a casa”, ma non vieta assolutamente che questo venga fatto”.  Così commenta Barbara Conte, una delle mamme più combattive dell’Istituto Comprensorio Enea, dove la protesta contro il caro mensa ha toccato l’80% degli interessati. “Noi continueremo a mandare i nostri
figli a scuola con il pasto preparato a casa, ovviamente rispettando tutte le regole igieniche ed evitando determinati cibi e contenitori. Smetteremo solo quando verrà emanata una legge che ci impedirà di farlo”. Il risvolto, per Barbara Conte, non è solo economico. “Per la prima volta tanti bambini sono tornati a casa sazi e soddisfatti di quello che avevano mangiato, mentre quando erano costretti al cibo della mensa spesso e volentieri uscivano da scuola affamati perché non avevano toccato nulla di quanto era stato loro proposto”. Ma i bimbi con il “cestino” si sono sentiti discriminati rispetto a chi andava in mensa? “Assolutamente no, anzi, per loro è stata una piacevole novità mangiare in classe. Noi abbiamo anche detto di essere disponibili a provvedere alle pulizie. Ma non ci può essere imposto un aumento a treno in corsa e oltretutto per un servizio che non soddisfa né bambini né genitori. Quella del 30 settembre per noi genitori in protesta è stata una vittoria: spero che l’Amministrazione capisca che siamo determinati ad andare fino in fondo”.

 

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