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Terrazza degli innamorati, un piccolo borgo romantico alle porte di Roma

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Terrazza degli innamorati

A Nemi c’è una vista sul mare che farà palpitare il cuore di tante coppie e ultimi romantici. La Terrazza degli Innamorati fu inaugurata il 14 febbraio 2015 e trae la sua denominazione dagli amori mitologici della valle del lago, in particolare quelli tra Diana e Virbio e tra Numa Pompilio e la Ninfa Egeria.

Ci troviamo a soli 30 km a sud di Roma, in un contesto paesaggistico di grandissimo pregio. Da un lato si possono ammirare le vette dell’antico Vulcano Laziale, ricoperte da una vegetazione fittissima, dall’altro la Campagna Romana che, lenta e pacifica, digrada verso il Mar Tirreno. E al centro c’è lui, Nemi, il gioiello castellano che affaccia sull’omonimo lago.

Tutte le leggende che ispirano (e fanno sospirare) a Nemi

Quella del rex nemorensis, il “re del bosco”, è la leggenda protagonista del libro dell’antropologo James Frazer, dal titolo “Il ramo d’oro”, pubblicata per la prima volta nel 1890 e successivamente nel 1915. Il rituale, che si svolgeva da tempo immemore nei boschi della valle del lago, prevedeva che uno schiavo fuggiasco e straniero diventasse il re del bosco attraverso un combattimento rituale. Tale combattimento avveniva in quanto tale schiavo era ritenuto responsabile del delicato rapporto tra uomo e natura e per questo doveva sempre restare giovane e in forze. Appena fosse invecchiato o si fosse ammalato veniva ucciso dal nuovo rex.

Simbolo di tale potere era un “ramo d’oro”, ovvero un ramo di quercia ricoperto di vischio, che è giallo e rendeva dunque il ramo “dorato”. Si tratterebbe dello stesso ramo utilizzato da Enea per scendere nell’oltretomba nei pressi del lago Averno.

 

La Fontana a Nemi dedicata al culto della dea Diana
La Fontana a Nemi dedicata al culto della dea Diana

L’amore struggente tra Artemide e Ippolito

La storia di Ippolito/Virbio si svolge in Grecia: egli era il figlio del re di Atene Teseo e dell’amazzone Antiope, o secondo altre versioni, Ippolita o Melanippa. In seguito alla morte della madre, suo padre si risposò con Fedra. Ippolito era talmente devoto ad Artemide da far ingelosire la dea dell’amore, Afrodite, che decise con una pozione magica di fare innamorare di lui la sua matrigna. Quando Fedra venne respinta dal giovane, indispettita, scrisse una lettera al marito nella quale raccontava di essere stata da lui insidiata e poi si tolse la vita. 

Teseo allora chiese vendetta a suo padre, il dio del mare Poseidone, che inviò contro il carro di Ippolito un bue di acqua, che fece imbizzarrire i cavalli, i quali lo travolsero e ridussero il suo corpo a brandelli. A questo punto vi sono due versioni della leggenda: in base alla prima, Artemide trovando Ippolito a terra morente, lo ringraziò e lo lasciò a terra. In base all’altra versione del mito, Artemide si innamorò di Ippolito, lo fece curare dal dio della medicina Asclepio e lo trasformò in vecchio, al fine di ingannare Ade, dio dell’oltretomba. Quindi lo portò a Nemi, dove Ippolito divenne suo sposo e sacerdote del suo tempio. Il suo nuovo nome sarà Virbio, dal latino Vir bis, “colui che nasce due volte”. In onore di Ippolito si celebrava a Trezene una cerimonia che prevedeva che le giovani donne non ancora sposate si tagliassero i capelli. Nei recinti sacri a lui dedicati ed anche nel santuario nemorense non era consentito portare cavalli in memoria della sua morte.

Nemi
Nemi

Numa Pompilio, re di Roma, e la Ninfa Egeria

Le ninfe nella mitologia greca erano figlie di Zeus, raffigurate come bellissime fanciulle che vivevano a lungo, restando sempre giovani. Erano legate ognuna a un elemento naturale e spesso costituivano il corteggio di divinità minori. Gradivano offerte di latte, idromele, olio e miele. Sfuggivano agli uomini ma a volte non ne rifiutavano l’amore, come nel caso della Ninfa Egeria e del Re Numa Pompilio, secondo re di Roma, che proprio dalla ninfa avrebbe preso ispirazione per la sua legislazione religiosa.

Alla morte del re, il pianto della ninfa, rifugiatasi trai boschi di Nemi, sarebbe stato talmente forte, da impedire lo svolgimento delle cerimonie in onore di Diana. Per pietà la dea decise allora di trasformarla in sorgente.
Nella valle del lago si trovava una grotta a lei dedicata dalla quale sgorgava acqua, ancora visibile da alcuni viaggiatori del Grand Tour. Le caratteristiche minerali della sorgente, legate all’origine vulcanica dell’area, sono probabilmente state oggetto in passato di un culto che la vedeva protagonista e che prima si legava alla figura di Diana Nemorensis. Alcuni vasetti miniaturistici rinvenuti nella zona e forse pertinenti ad un deposito votivo sono ora esposti al Museo delle Navi Romane.

fragoline di Nemi

L’amore immortale di Iside, protettrice dei naviganti

La dea egiziana Iside è figlia di Nut (dea del cielo) e di suo fratello Gheb (dio della terra). Secondo una legenda Nut è madre di Ra, che ingoia ogni notte per farlo risorgere al mattino. Un’altra versione narra invece che suoi figli siano Isis, Osiris, Set e Nefti. Tali figli, partoriti senza il consenso di Ra, nacquero nei cinque giorni che Thot vinse per lei alla luna, sui quali Ra non aveva potere. Da allora l’anno ha 365 giorni. Iside è la massima divinità della natura e della fecondità, grande madre di tutte le cose. È spesso raffigurata con corna e testa di vacca, animale a lei sacro.

Dopo la morte del fratello e marito Osiride per mano di Seth, la dea ne raccoglie i resti dispersi e lo riporta in vita con le sue arti magiche, rendendolo immortale. Isis, Osiris e Horus presiedono il tribunale dell’al di là. Iside protegge i naviganti. Il 15 marzo si svolge in suo onore l’Isidisnavigium, cerimonia di inaugurazione dei commerci via mare che si svolgeva al chiaro di luna su delle imbarcazioni e che l’imperatore Caligola svolgeva sulle acque del bacino lacustre nemorense.

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