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Via Panisperna, perché è famosa e da dove viene questo nome?

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via Panisperna

È una delle strade più iconiche di Roma, frequentata da turisti per i suoi locali pittoreschi nel rione Monti, a pochi passi dal Centro della città. Dietro al successo di via Panisperna, però, non ci sono solo gli scorci pittoreschi, con l’edera che funge da sipario tra la via e la cupola di Santa Maria ai Monti: se quei sanpietrini potessero parlare, racconterebbero di tradizioni romane senza tempo e di persone che hanno fatto la storia, per la città così come per il Paese. 

La chiesa omonima dedicata a San Lorenzo Panisparnae

Ci sono diverse interpretazioni sull’origine del nome di via Panisperna, la prima è riconducibile agli studi topografici di Umberto Gnoli, storico dell’arte e museologo romano. Nell’opera “Topografia e toponomastica di Roma medioevale e moderna” (1939) Gnolì scoprì che il nome Panisperna ebbe origine nel XI secolo e faceva preciso riferimento alla chiesa di S. Lorenzo Panispernae, nome derivato forse dall’antico vicus. Il vicus in latino designava un gruppo di case, la parola serviva a descrivere un insediamento circoscritto all’interno di una porzione di territorio, di un Pagus o di una Civitas, o una fila di case lungo una strada urbana. Un’altra interpretazine vede l’archeologo L’Armellini collegare il nome della via con il classico gentilizio di Perpernae.

via Panisperna
via Panisperna

Il rito del “panis et perna”

Il nome proviene da “panis et perna”, in italiano pane e prosciutto, una tradizione in voga in quegl’anni e documentata da Benedetto Blasi, storico che nella sua ricerca  “Stradario romano”, pubblicato negli anni Trenta, racconta di un particolare rito usato in questa zona di Roma.

“Il nome si fa derivare da una lapide qui esistente che faceva menzione di un prefetto Perpenna; secondo Costantino Maes (ricercatore di curiosità romane) qui era il tempio di Giove Fagutale, al quale si sacrificava un porco (ecco la perna, ossia il prosciutto) i cui pezzi si mangiavano avidamente” – si legge nel testo -“Poi se ne celebrava la festa con conviti popolari nei quali si dispensava a profusione a tutti i devoti pane e prosciutto (panis et perna)” – poi ancora – “Tradizione questa rimasta alle monache di S. Chiara che nella festa di S. Lorenzo in Panisperna solevano distribuire ai poveri egualmente pane e prosciutto. La chiesa di S. Lorenzo occupa parte dell’area delle Terme di Olimpiade, dinanzi alle quali S. Lorenzo fu arrostito, disteso su verghe di ferro formanti una grossa graticola. A perenne ricordo del martirio fu denominato S. Lorenzo in Paliosterno, cioè palis sterno (disteso sui pali). In un documento del Cinquecento il monastero è denominato S. Lorenzo in Palisterno. Per il che la via dovrebbe chiamarsi via Palisterna, ossia ove S. Lorenzo fu messo a bruciare su ferri“.

Perché è famosa via Panisperna?

C’è poi un altro epiteto che contribuisce a rendere famosa questa zona. La via è conosciuta anche perché ospitava il team di ricerca dei “Ragazzi di via Panisperna”, l’appellativo del gruppo di scienziati italiani quasi tutti molto giovani, con a capo Enrico Fermi, che negli anni trenta del Novecento operò presso il Regio istituto di fisica dell’Università di Roma allora ubicato in via Panisperna n. 90, producendo studi di importanza storica nell’ambito della fisica nucleare. La principale scoperta del gruppo fu, nel 1934, la proprietà dei neutroni lenti, che portò al premio Nobel per Fermi e diede avvio alla realizzazione del primo reattore nucleare e successivamente della bomba atomica.

ragazzi di via panisperna

Il gruppo nacque grazie all’interessamento del fisico Orso Mario Corbino, già ministro, senatore e direttore dell’Istituto di fisica di via Panisperna, il quale riconobbe le qualità di Enrico Fermi e si adoperò perché fosse istituita per lui nel 1926 la prima cattedra italiana di fisica teorica. A partire dal 1929 Fermi e Corbino si dedicarono alla trasformazione dell’Istituto in un moderno centro di ricerca. Per il settore sperimentale, Fermi poté contare su un gruppo di giovani fisici: Edoardo Amaldi, Franco Rasetti ed Emilio Segrè. Ad essi, nel 1934, si aggiunsero il fisico Bruno Pontecorvo e il chimico Oscar D’Agostino; in campo teorico, si distingueva la figura di un altro fisico, Ettore Majorana.

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