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Dipendenze: non solo droga e gioco

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Dipendenza senza sostanze

Quando si parla di dipendenza il pensiero va subito alle sostanze stupefacenti e in seconda battuta al gioco d’azzardo. Purtroppo non è solo di questo che si tratta: esiste la dipendenza dalle abitudini presenti nella quotidianità, svariate azioni ripetitive delle quali spesso non siamo consapevoli, nonostante se ne avverta il disagio.

Si chiama dipendenza psicologica e non necessariamente è meno grave di quella fisica comunemente associata alla sigaretta o all’uso di droghe: non esiste dipendenza senza coinvolgimento psicologico e questo denota l’importanza della mente in ogni nostra azione.

La dipendenza affettiva è un esempio chiaro dell’alterazione senza sostanze, stesso discorso per l’uso del web.

Cos’è la dipendenza

La dipendenza, di qualsiasi forma sia, è un processo attraverso il quale riceviamo piacere psicofisico, nasce da un comportamento ripetuto capace di produrre sul momento benessere e sul lungo termine malessere.

Si associa alle sensazioni di soddisfazione e al desiderio di ripetere l’esperienza, spinti da un bisogno irrefrenabile e dall’angoscia di non poter più provare la stessa condizione iniziale.

Non si diventa dipendenti dall’oggi al domani, ma è frutto di un lungo e quasi impercettibile processo.

Siamo tutti un po’ dipendenti

Sono definite “nuove” forme di dipendenza e negli ultimi anni si sta verificando un incremento del rischio in relazione al mutamento sociale e all’emergere di nuovi stili di vita e di consumo; rappresentate da normali attività lecite e accettate socialmente, per tale motivo di difficile individuazione.

Navigare in internet, lavorare, fare shopping o fare sesso, possono divenire per alcuni comportamenti compulsivi rovinando la sfera relazionale ed economica: il disagio è nel rendere principale interesse una sola attività arrivando ad un progressivo isolamento e disinteresse generale.

    • Dipendenza sessuale: il sesso diventa un pensiero fisso, una pulsione incontrollabile non gestita in maniera ponderata. Ricerca continua di partners, materiale pornografico e masturbazione.

 

    • Dipendenza dal lavoro: poco riconosciuta in quanto in linea con i valori della società produttiva, appare come un eccessivo senso del dovere. Ogni spazio della giornata è dedicato al lavoro, anche i festivi e la notte, non giustificabile dalla reale condizione economica.

 

    • Dipendenza dallo sport: ore ed ore passate in palestra, ogni occasione viene considerata “allenamento” anche la semplice passeggiata. Una fissazione che provoca danni all’organismo per l’eccessivo sforzo.

 

    • Dipendenza dallo shopping: modalità bulimica di acquisto di oggetti spesso inutili a cui segue il senso di colpa per aver speso soldi.

 

    • Dipendenza affettiva: si riferisce a una persona e non sempre ci si rende conto della fusione completa e della perdita di sé stessi. Senza l’altro manca l’aria.

 

    • Dipendenza da internet: coniata del 1995 per descrivere un quadro clinico molto simile a quello dell’uso di sostanze stupefacenti. Tolleranza, astinenza, difficoltà ad interrompere o ridurre l’utilizzo dei dispositivi.

 

    • Dipendenza dal gruppo: in questa categoria rientrano i gruppi religiosi, politici o calcistici. Unica fede da seguire per stare bene.

 

  • Dipendenza dall’abbronzatura: eccessiva esposizione ai raggi UV, che siano artificiali o meno, la persona si vede pallida e spenta.

Le cause

 

Non sono uguali per tutti in quanto si radicano nel vissuto specifico di ognuno, il punto in comune tuttavia, è la fuga da una realtà che non ci piace e non ci trasmette sensazioni piacevoli. Altro elemento importante è il controllo eccessivo su tutte le cose, la fatica continua per mantenere le redini della vita e la possibilità di mollare tutto per un benessere solo nostro rappresentato da quell’attività gradevole.

In sintesi: mi stacco da una condizione grigia per chiudermi in una esperienza piacevole che posso ripetere quando voglio.

Rimedi

Il primo passo è rappresentato dall’accettazione del disagio, smettere di nascondere a se stessi che qualcosa non va, negandolo o fingendo che è facilmente gestibile. Il percorso da intraprendere dev’essere morbido senza cambi bruschi e repentini delle abitudini disfunzionali: senza giudicarsi malati o sbagliati, perché può davvero accadere a tutti noi.

Successivamente, si passa alla valutazione della situazione affettiva e alla possibilità di una rete relazionale a cui potersi appoggiare.

Se volete raccontarmi le vostre storie per sciogliere insieme qualche nodo disfunzionale, scrivete all’indirizzo: psicologia@ilcorrieredellacitta.it

Vi aspetto.

Dott.ssa Sabrina Rodogno

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