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Disastro Eco-X un anno (di ‘chiacchiere’) dopo: ecco il dossier esclusivo sull’incendio (PRIMA PARTE)

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E’ passato esattamente un anno da quel 5 maggio 2017 quando il disastro ambientale dell’Eco-X, il sito per lo smaltimento di rifiuti situato in Via Pontina Vecchia, sconvolse non solo la città di Pomezia ma l’Italia intera.

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La vicinanza con Roma fece sì infatti che la risonanza mediatica data all’incendio varcasse non solo i confini del Lazio ma arrivasse in ogni parte dello stivale; l’attenzione dei media fu massima, e molte emittenti nazionali si stanziarono stabilmente in città per giorni dato che il caso Eco-X aveva monopolizzato l’informazione: allarme diossina, inquinamento, dati sull’aria, eppoi la questione dell’amianto (rinvenuto nel tetto dei capannoni ma le cui fibre non si sarebbero disperse nell’aria a seguito dell’incendio), tutto faceva audience e i servizi, gli articoli, i salotti televisivi, per non parlare dei convegni e dei dibattiti travolsero l’etere come uno tsunami. Poi però, come spesso accade in questi casi, le luci della ribalta pian piano si affievolirono: la notizia passò dal primo piano alle pagine interne dei giornali e via via sempre più indietro fino ad occupare qualche trafiletto qua e là o qualche “ultim’ora” di giornata in caso di novità. Ma oggi allora, viene spontaneo chiedersi alla vigilia del 5 maggio 2018, cosa resta dell’Eco-X? Sicuramente, eco-mostro carbonizzato a parte, i rifiuti. Già perché, nonostante le promesse della (solita) politica “formalistica” – quella cioè che si limita ad espletare i doveri burocratici dei problemi con provvedimenti che però, per l’appunto, restano solo sulla carta – non hanno prodotto nulla, e in particolar modo non quell’agognata bonifica dell’area che permetterebbe finalmente di far voltare pagina ad una città intera. I cittadini, a tutto questo, si sono opposti: in occasione proprio del 1° anniversario dall’incendio sono scesi in strada per protestare contro questo scempio nella manifestazione organizzata dal CdQ Castagnetta-Cinque Poderi.

L’ordinanza (disattesa) del Comune di Pomezia

E tanto per restare in tema di burocrazia, l’ultima ordinanza sindacale ufficiale risale al 4 dicembre scorso. A firmarla fu il Comune di Pomezia dando seguito alla conferenza di servizi del 16 novembre che era stata indetta per definire i provvedimenti da adottare per la messa in sicurezza e la bonifica del sito Eco X (alla quale però non si presentò la proprietà); al tavolo parteciparono la Regione Lazio, la Città Metropolitana di Roma Capitale, la ASL Roma 6, l’ISPRA e l’Istituto Zooprofilattico di Lazio e Toscana. Con il documento che ne scaturì, allora, Piazza Indipendenza intimava alla proprietà di provvedere entro 30 giorni “ad avviare gli interventi finalizzati alla messa in sicurezza, caratterizzazione e bonifica, nonché a integrare la relazione tecnica con valutazioni e quantificazioni maggiormente dettagliate sul censimento e la caratterizzazione dei rifiuti, le modalità di campionamento, la descrizione dello stato dei luoghi e della stabilità dei manufatti, la verifica dell’attuale stato della rete di gestione delle acque reflue e delle acque di origine meteorica”: “Se la proprietà non avvierà la messa in sicurezza entro questo lasso di tempo – spiegava a quel tempo Fabio Fucci – interverrà il Comune di Pomezia”. E infatti i 30 giorni passarono, ma di interventi, come era ampiamente prevedibile, nemmeno l’ombra.

Il piano di riserva (senza coperture economiche)

La situazione immutata presso il sito Eco X a 30 giorni dall’ordinanza sindacale fece sì che il Comune di Pomezia annunciasse l’avvio del cosiddetto piano “B”. Procedere cioè all’esecuzione d’Ufficio dei suddetti interventi non realizzati dalla società, ovviamente in danno ai soggetti risultati inadempienti. Ma “tra il dire (che non costa nulla) e il fare c’è di mezzo il mare”, anzi un vero e proprio oceano: stando alle carte prodotte infatti, in tutto servirebbero oltre 5 milioni di euro, una cifra mostruosa tanto quanto l’incendio che ha mandato in fumo lo stabilimento di Via Pontina Vecchia.

I costi per ripristinare lo stato dei luoghi

Da dove partire allora? In una nota inviata alla Regione Lazio, ancora l’ex Sindaco di Pomezia Fucci sollecitava a gennaio l’immediata erogazione della somma di 750.000 euro coperti dalla polizza fidejussoria che l’ente regionale si era impegnato a mettere a disposizione durante la conferenza di servizi di novembre. “L’escussione della polizza di cui la Regione è beneficiaria diventa più che mai urgente – spiegava il Primo Cittadino uscente – Il Comune di Pomezia dovrà intervenire alla messa in sicurezza in autonomia, vista l’assenza totale della proprietà, e necessita di fondi sostanziosi per le procedure. Inoltre i 750.000 euro della polizza potranno coprire soltanto i lavori di messa in sicurezza, che sono prioritari, ma è necessaria fin da subito una programmazione complessiva della bonifica i cui fondi sono stati richiesti agli Enti superiori, quali Regione e Ministero”. In altre parole, a conti fatti, a disposizione ci sono solo 750mila euro (peraltro non ancora arrivati) che permetterebbero di completare la fase 1 (si veda prospetto in questa pagina), la 2 e intaccare in maniera irrisoria la fase 3. Decisamente poco per chi sperava in soluzioni concrete.

Arriva l’estate… e torna l’allarme incendi

Mentre la macchina amministrativo-burocratica fatica a mettersi in moto, la città di Pomezia si appresta dunque ad affrontare la seconda estate con una vera e propria bomba pronta a riesplodere da un momento all’altro. Difatti, considerando che i rifiuti sono ancora placidamente al loro posto, il pericolo di nuovi focolai che potrebbero scoppiare all’interno dell’Eco-X – e della conseguente dispersione di materiale tossico nell’atmosfera – è dietro l’angolo e più reale che mai. Ecco perché, a nostro avviso, il nuovo Sindaco di Pomezia, che salirà sullo scranno più alto cittadino dopo il 24 giugno, dovrà considerare prioritario l’argomento Eco-X: urgono interventi e rapidi perché di tempo, quello sì, se ne è perso fin troppo.

Eco-X gli interrogativi irrisolti un anno dopo

Cosa ha causato l’incendio? Quanti e quali rifiuti sono andati distrutti nel rogo? Domande, interrogativi a cui nessuno ancora ha dato risposta. Stime parlano di circa 8.500 tonnellate andate in fumo in cui potrebbero essere finite – anche se tra gli incartamenti la Eco-X figura come “un impianto di trattamento rifiuti speciali non pericolosi (plastica, carta, legno materiali da demolizione eccetera) con autorizzazione regionale ed una capacità annua di 85.000 tonnellate” – plastica, carta e cartone, apparecchi elettrici ed elettronici fuori uso, rifiuti non biodegradabili, scarti di Tmb, vari tipi di gomme, cavi, metalli misti, zinco, piombo, alluminio, stagno, miscele bituminose, rame, bronzo e ottone, catalizzatori esauriti, batterie di tutti i tipi e accumulatori, serbatoi per gas liquido, pastiglie per freni usate, carte e pellicole fotografiche, adesivi, sigillanti, vernici e toner, rifiuti contenenti silicone, terreno contaminato. La società era autorizzata a stoccare fino ad un massimo di 3.200 tonnellate nello stabilimento, ma secondo il Noe dei Carabinieri, al 31 marzo 2017, ne risultavano 8.413, quasi il triplo. Inoltre la struttura non aveva un impianto antincendio né un sistema idrico idoneo per spegnere incendi, né muri di compartimentazione; inoltre l’accumulo scriteriato di grossi quantitativi di rifiuti nel piazzale dello stabilimento aveva spinto il comitato di quartiere Castagnetta-Cinque Poderi ad inviare una serie di lettere alle istituzioni locali per segnalare proprio il rischio di possibili incendi, segnalazioni che però, in un rimando di responsabilità, vennero di fatto ignorate. E ancora. Inquinamento ambientale colposo e incendio colposo sono state l’ipotesi di reato avanzate dalla Procura e un indagato che si avvia a processo: Antonio Buongiovanni, amministratore della Ecoservizi per l’ambiente, che gestiva l’impianto, per cui sono stati ipotizzati i reati di incendio colposo, inquinamento ambientale colposo e omissione dolosa delle cautele contro gli infortuni sul lavoro. Ad ogni modo, si legge nella relazione della commissione sulle Ecomafie: “Nella sua audizione del 24 maggio 2017, il procuratore della Repubblica presso il tribunale di Velletri ha evidenziato di avere in corso indagini per tre ipotesi di reato: “…la prima è quella di incendio, che per il momento è stato iscritto nella sua natura colposa; la seconda è quella dell’inquinamento ambientale, che è stata iscritta nella sua connotazione colposa; la terza è un reato doloso, che noi abbiamo ritenuto di configurare nell’omissione di cautele idonee a prevenire disastri o infortuni sul lavoro”. Il 18 ottobre 2017, con una nota di risposta, su richiesta della Commissione, il procuratore della Repubblica di Velletri ha informato che il procedimento penale è prossimo alla conclusione delle indagini e risulta rubricato per le ipotesi di incendio colposo, inquinamento ambientale colposo e omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro, a carico dei legali rappresentanti delle società Eco Servizi per l’ambiente ed Eco X e del loro amministratore di fatto (nel frattempo deceduto)”.

Ma il Procuratore aggiunge: “pur non essendo emersi […] elementi a supporto di una matrice dolosa, le indagini hanno tuttavia messo in luce una coincidenza temporale che merita di essere qui riportata: l’incendio è avvenuto quando era in fase avanzata una procedura esecutiva immobiliare che, su istanza dei creditori, aveva portato alla fissazione della vendita all’asta dell’area e dei relativi immobili. La completa distruzione dell’impianto ha naturalmente comportato la perdita di qualunque interesse da parte dei creditori, mentre le società Eco Servizi per l’Ambiente ed Eco X, pur avendo riportati danni ingenti, sono rimaste titolari della licenza, del terreno e dei mezzi di trasporto dei rifiuti, non interessati dall’evento dannoso”.

Dossier Eco-X: tutta la verità sul rogo del 5 maggio ’17

Quello degli incendi agli impianti legati al ciclo dei rifiuti è un tema a dir poco inquietante che è stato affrontato recentemente da una commissione parlamentare d’inchiesta ad hoc presieduta dall’on. Chiara Braga chiamata ad indagare sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati. Nel documento (consultabile per intero qui: https://goo.gl/Dk4AMC) si affronta un fenomeno in costante crescita che solo nel Lazio, dal 2014 al 2017, ha prodotto ben 13 episodi, più di quattro ogni 12 mesi. E tra questi rientra l’Eco-X a cui viene dedicato un intero capitolo.

Cosa ha scatenato l’incendio

Si parte dalle cause del rogo che ha distrutto l’Eco-X: “In sostanza, quindi, – leggiamo tra le prime righe – l’innesco ed il propagarsi violento dell’incendio è attribuibile anche alla violazione delle prescrizioni autorizzative circa la quantità di rifiuti da stoccare, che è risultata essere quasi il triplo del dovuto”. Su cosa sia stato poi a far partire concretamente le fiamme leggiamo che l’incendio “si è generato alle 8.05 del 5 maggio 2017, in una zona esterna del capannone, non coperta da telecamere e non interessata dal passaggio di fili elettrici, da un cumulo di macerie da cui, secondo le testimonianze degli operai, c’è stato l’innesco”. Un “cortocircuito” dirà Salvatore Guglielmino, procuratore speciale di Ecoservizi per l’ambiente srl, audito in presenza del suo difensore durante la missione del 30 maggio 2017, il quale faceva sapere che “nel momento in cui hanno messo in funzione il gruppo elettrogeno (due da 1000 chilowatt cadauno), qualcosa è andato a fuoco”. Davvero discutibile invece il passaggio immediatamente successivo: “Alle otto meno un quarto di mattina è partito questo fuoco. Un po’ per il ritardo dei pompieri, un po’ per gli operai, che, anziché aiutare, creavano confusione, è andato a fuoco questo magazzino”.

L’autorizzazione data alla Eco X e le relative vicende societarie
Nel corso delle indagini, la Commissione ha ritenuto di approfondire le vicende relative all’autorizzazione rilasciata alla Eco X con le relative modifiche societarie. In proposito, Marco Lupo, direttore generale di ARPA Lazio, nell’audizione del 24 maggio 2017 ha precisato che si trattava di “un impianto che raccoglieva soprattutto imballaggi, soprattutto da centri commerciali”. Interessante il passaggio sempre di Lupo sui rifiuti che potrebbero aver bruciato: “Il 23 febbraio 2015, è stata fatta una modifica non sostanziale dell’autorizzazione: a parità di capacità complessiva, cioè 85.000 tonnellate annue, è stata ridotta la capacità di pericolosi di mille e, in modo correlato, è stata aumentata quella di non pericolosi, sempre di mille, in modo che la capacità rimanesse di 85.000 tonnellate. Io ho dato una occhiata a tutti i codici e mi pare che questa modifica abbia eliminato, di fatto, tutti i codici pericolosi: batterie a piombo, batterie a nichel, batterie contenenti mercurio, elettroliti di batterie, accumulatori, sono stati eliminati come codici. È chiaro che rimangono i codici a specchio. Voi conoscete tutta la questione dei codici a specchio. Ci sono rifiuti pericolosi per natura, poi ci sono i rifiuti che non sono pericolosi per natura ma che, a seconda delle sostanze che contengono, possono assumere la veste di pericolosi o di non pericolosi: di codici a specchio ce n’erano parecchi”.

I nomi attorno all’Eco-X

Le affermazioni del Direttore dell’Arpa venivano confermate in audizione anche dal procuratore della Repubblica di Velletri, il quale ha precisato che “la società titolare dell’autorizzazione, rilasciata il 15 marzo 2010, è la Eco X, che è la proprietaria del terreno e dei muri”. “La società Eco X – dichiara il Procuratore – era amministrata ed è amministrata da Soddu Fabio. L’originaria autorizzazione prevedeva un limite di stoccaggio di 3.200 tonnellate e un limite massimo di rifiuti di 85.000 tonnellate annue. Nel 2014 subentra l’Eco Servizi per l’ambiente, la società che è tuttora titolare dell’autorizzazione e che gestisce l’impianto. L’Eco Servizi per l’ambiente, in virtù di un contratto di cessione di ramo d’azienda, acquisisce l’autorizzazione e la regione Lazio, con delibera del 2014, voltura l’autorizzazione da Eco X a Eco Servizi per l’ambiente […] Succede poi nel 2011 un ultimo fatto che può costituire elemento di valutazione. Si avvia una procedura esecutiva attivata da una società finanziaria che aveva erogato un mutuo e da un’altra società […] per la vendita di autoveicoli. In pendenza della procedura esecutiva, pur essendo stati pignorati i beni, il giudice dell’esecuzione autorizza la società Eco Servizi per l’ambiente a proseguire l’attività, addossandole nei confronti della procedura un debito di 240.000 euro annui che la società avrebbe dovuto versare alla procedura per estinguere, o quantomeno limitare, l’entità dei crediti. In base alle notizie che abbiamo non è mai stato versato neppure un euro alla procedura esecutiva, che pare fosse – così ci è stato riferito – all’oscuro della cessione di ramo d’azienda. Era convinta, quindi, di dover trattare ancora con Eco X ed è venuta a sapere poi che la società che era subentrata era l’Eco Servizi per l’ambiente”.  

“In proposito, durante l’audizione del rappresentante della procura di Velletri, la Commissione chiedeva chiarimenti circa le vicende dell’autorizzazione e le fideiussioni ad essa relative, con particolare riferimento ad alcuni personaggi già implicati in vicende relative a illeciti nel settore dei rifiuti e ad alcune incongruenze chiaramente rilevabili nei vari passaggi societari. I riferimenti erano alle fideiussioni della City Insurance; a una perizia firmata dall’ingegner Fabiani, che è amministratore anche della Pellini srl; all’acquirente Maurizio Fraioli (che avrebbe acquistato l’azienda per soli seimila euro, risultando di professione maître o barman); al dichiarato procuratore generale, Salvatore Guglielmino di Catania; al precedente titolare di Eco Servizi per l’ambiente, certo Vincenzo Romano, che aveva 14 società campane, tutte poi finite in liquidazione; all’intervento della Guardia di finanza che ad Avezzano il 13 gennaio 2015 aveva bloccato dei camion con 27 tonnellate di rifiuti, il cui trasportatore era Caturano Autotrasporti di Caserta, ma i camion trasportavano rifiuti per conto di Eco X, e tra questi rifiuti c’erano rifiuti ospedalieri”. Questioni rilevanti, alle quali rispondeva brevemente ma significativamente Luigi Paoletti, sostituto procuratore presso il tribunale di Velletri, titolare delle indagini, il quale ammetteva che “sono dati corretti, che la procura ha acquisito e sta acquisendo. Le vicende societarie […] dell’Eco X e dell’Eco Servizi per l’ambiente sono sotto attento vaglio della procura perché, indubbiamente, ci sono degli aspetti meritevoli di approfondimento circa le operazioni poste in essere fra le due società e anche in merito alle posizioni soggettive e ai personaggi citati. Su questi aspetti l’indagine è, ovviamente, in una fase iniziale, ma è – per così dire – viva e sta affrontando anche tutte le questioni evidenziate sotto il profilo – ripeto – oggettivo e soggettivo.” Resta solo da aggiungere che le vicende societarie sono state oggetto di diverse domande rivolte dalla Commissione a Salvatore Guglielmino, procuratore speciale di Ecoservizi per l’Ambiente srl, audito, in presenza del suo difensore, il 30 maggio 2017, il quale ha fornito una versione piuttosto confusa e in parte contraddittoria, confermando, tuttavia, che tali vicende erano dovute a difficoltà finanziarie e che l’azienda commerciava con altre società e personaggi coinvolti in attività criminose nel settore della gestione dei rifiuti. Infine, a proposito di queste vicende societarie, si evidenzia che Antonio Buongiovanni, socio unico e amministratore unico di Ecoservizi per l’Ambiente srl, convocato durante la missione del 30 maggio 2017, nella sua qualità di indagato per i fatti di cui la Commissione si stava contestualmente occupando, si è avvalso della facoltà di non rispondere”.

(Continua sul numero di Giugno del Il Corriere della Città)

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