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Ex Consorzio per l’Università di Pomezia: niente maxi-risarcimento, il Tribunale dice no

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Ex Consorzio per l'Università di Pomezia

Non ci sarà nessun risarcimento milionario per il Comune di Pomezia nella vicenda legata allo scioglimento dell’ex Consorzio per l’Università. L’ente, sotto la giunta Fucci, aveva chiesto addirittura 5 milioni di euro di danni per presunta mala gestione intentando causa ai componenti dell’ultimo consiglio d’amministrazione del Consorzio: ma il Tribunale di Roma ha respinto l’istanza lo scorso gennaio. Irrisoria l’unica condanna di cui beneficerà Piazza Indipendenza, ovvero poco meno di 15mila euro che dovrà versare l’ultimo Presidente della struttura consortile. A mettere nero su bianco la volontà dei due enti, Comune e Consorzio – ricordiamo che il Consorzio per l’Università era una partecipata del Comune che ne deteneva il 98% – è stato ancora una volta l’avvocato Luigi Leoncilli. Nuovamente però per l’ente pometino è arrivata la sconfitta in aula.

La storia dell’Ex Consorzio per l’Università di Pomezia

Nel bene o nel male quella del Consorzio per l’Università di Pomezia è stata una pagina importante per la città. L’ente si costituisce alla fine del 2003 sotto la giunta Zappalà. Una struttura creata «praticamente da zero» come dichiarò Vincenzo Cassoni – già assessore all’Ambiente del Comune di Pomezia – Direttore Generale del Consorzio fino al 31 marzo 2004. Il luogo è quello ideale: un’oasi nel verde, quella della Selva dei Pini, e un ampio spazio non solo per lezioni e libri, ma anche per sport e attività ricettive. Tredici i lavoratori (arriveranno poi a 21 nel corso degli anni successivi) impiegati per far funzionare la creatura da poco messa al mondo.

Nel campus c’è insomma tutto il necessario per realizzare un grande polo trasversale in grado di attrarre una pluralità di soggetti nella città di Pomezia. E in effetti, pur con qualche inevitabile difficoltà, la Selva dei Pini si ritaglia un ruolo importante: poco prima del 2006 sono circa 500 gli studenti iscritti ai corsi universitari di Pomezia. Inizialmente viene scelta “La Sapienza” quale ateneo di riferimento e la decisione sembra ripagare. Nel giro di un paio d’anni, grazie all’apertura di corsi di Laurea importanti come Architettura, Economia Aziendale, Scienze Politiche, Scienze della Comunicazione e Scienze Infermieristiche, gli iscritti salirono a 1700. Gli edifici, i bungalow, le aree sportive e quelle verdi furono risistemate ed il Campus conobbe il suo apice. Ma tale scenario, senza dubbio idilliaco, non durò a lungo.

«La Sapienza tolse alcune facoltà, a mio avviso a torto, adducendo motivazioni pretestuose riguardanti il pagamento dei corsi». A parlare è qui l’ex Sindaco di Pomezia Enrico De Fusco che proprio durante le sue due legislature si trovò ad affrontare più volte la questione e a gestire tutte le problematiche che sorsero nel campus. «Il mio predecessore, Stefano Zappalà, stabilì con “La Sapienza” un accordo che, a fronte del pagamento di 120 mila euro per ogni corso di Laurea, avrebbe dato in cambio ricerca, formazione e sviluppo universitario». «Purtroppo – proseguì De Fusco in un’intervista rilasciata al nostro giornale nel 2011 – questi tre elementi non ci sono mai stati. Fu lì che, spiegò il Primo Cittadino, iniziò la fase di ridimensionamento del numero degli iscritti. A quel punto si virò verso la Lum. L’idea era buona, ma la gestione della stessa non fu ottimale. L’università privata offriva facoltà interessanti come Giurisprudenza e consentiva agli studenti di pagare le stesse rette della scuola pubblica; purtroppo però c’era la sola attività di tutoraggio, con i ragazzi costretti a sostenere gli esami in altre sedi. Questo fece, di fatto, diminuire ancora il numero degli iscritti, che calò fino a poco più di 100 unità.

Dopodiché sorsero ulteriori difficoltà sul come gestire i rapporti con l’ateneo, specie economici, in grado di soddisfare entrambe le parti. Troppo alto infatti il contributo richiesto dall’università di Bari secondo il Comune a fronte dei servizi effettivamente resi. Il Comune di Pomezia e il Consorzio si trovarono così nuovamente ad un bivio: cambiare ancora o provare ad insistere con la Lum. Non solo. Il depotenziamento dell’offerta universitaria fece sì che nel Campus gli studi superiori fossero relegati ad un ruolo marginale, lasciando la prima fila a tutta un’altra serie d’attività collaterali. Inutile dire, allora, che lo spettro della chiusura iniziò ad aleggiare sopra alla Selva dei Pini. La volontà dell’amministrazione di centrosinistra era però chiara: puntare comunque a rilanciare il polo universitario di Pomezia. L’ultimo tentativo da affidare agli archivi fu quello fatto con l’Università Europea di Roma con le facoltà di Economia e Giurisprudenza.

L’avvento del Movimento 5 Stelle nella gestione dell’Ex Consorzio per l’Università di Pomezia

Nel 2013 con la caduta anticipata della giunta di centrosinistra guidata da De Fusco iniziò una nuova pagina per Pomezia. E’ dello stesso anno infatti (ad agosto) la decisione del nuovo governo a guida 5 stelle di sciogliere definitivamente il Consorzio per l’Università di Pomezia. Lo stabilì la determina 46 con la quale il Comune manifestò la volontà di voltare definitivamente pagina. Per il Sindaco Fucci del resto quella contro i Consorzi rappresentò una vera e propria crociata: lo stesso destino subirà infatti l’organizzazione analoga che gestiva lo sport. Le motivazioni dei nuovi amministratori muovono essenzialmente sul profilo economico: costi troppo elevati per le casse pubbliche, ormai in grave difficoltà, a fronte di servizi viceversa minimi – se non irrilevanti – per i cittadini. «Sarà nato sicuramente come un progetto di sviluppo per il territorio – dichiarò l’allora Assessore Emanuela Avesani a proposito del Consorzio per l’Università – ma ad oggi è la peggiore pagina di Pomezia con cui ho avuto a che fare in questo anno e mezzo».

«Oltre 9 milioni di euro di debiti, oltre 40 contenziosi, due richieste di fallimento a carico del Consorzio di cui una da parte dell’Università LUM. Un contenzioso dal 2011 con l’Università la Sapienza di Roma per circa 3 milioni di euro, con tanto di forti contrasti tra l’ex Sindaco di Pomezia e il Rettore. Il pagamento da parte del Comune del 70% della retta per circa 53 studenti frequentanti una Università privata. Le ‘assunzioni facili’ con cui si è arrivati ad un organico di 21 persone, contro le 9/10 risorse che gestivano la struttura quando a pieno regime c’erano oltre 2.000 studenti. Contratti per la gestione dei campi sportivi fortemente sfavorevoli per il Comune. L’abbandono della struttura, resa ad oggi in parte inagibile, come per i bungalow. Oltre 2,5 milioni di euro di soldi pubblici ‘buttati’ ogni anno. Questo era il Consorzio per l’Università di Pomezia, e questi sono i motivi per cui si è scelta la liquidazione della società» questo il quadro dipinto dal Movimento 5 Stelle ad ottobre 2014. Il percorso del Consorzio era dunque segnato: poco prima infatti, precisamente a giugno, cessarono le attività gestionali del Consorzio e dal luglio seguente si aprì la fase di liquidazione del Consorzio.

Ex Consorzio per l’Università di Pomezia: il concordato

Sempre ad ottobre 2014 il Tribunale di Velletri omologò il concordato preventivo liquidatorio proposto dal Consorzio per l’Università di Pomezia il 9 dicembre 2013, il quale prevedeva la cessione dei beni della società e la prosecuzione dell’attività aziendale, come visto, solo fino al 30 giugno 2014. Per l’amministrazione guidata da Fucci l’accoglimento del concordato fu il risultato «dell’ottimo lavoro fatto in questi mesi, che ci ha permesso di scongiurare il fallimento del Consorzio e di restituire finalmente alla Città un patrimonio come quello di Selva dei Pini». E per i lavoratori? Soltanto tre persone vennero ricollocate mentre per le altre 18 si aprì il percorso di mobilità causando nuovamente aspre polemiche. Cinque dipendenti presentarono peraltro ricorso contro il licenziamento ma il Tribunale dedicato diede ragione al Consorzio.

La richiesta di risarcimento milionaria

Arriviamo così al 2015. Il Comune depositò al Tribunale di Roma (unico in Italia competente in materia) l’azione di responsabilità (ex art. 2476 c.c.) nei confronti dell’ex Presidente del Consorzio e degli ex amministratori del Consorzio per l’Università di Pomezia, per presunti danni nella gestione del Consorzio stesso. Il conto presentato è salatissimo: oltre 5 milioni di euro. «Una somma che si basa sulle risultanze della relazione estimativa avente ad oggetto la verifica contabile e gestionale dei fatti compiuti o imputabili agli amministratori in carica nel periodo dal 2009 al 2011» spiegò l’Assessore Emanuela Avesani. Nel calderone delle mancanze con cui la giunta accusò il direttivo troviamo di tutto: si parte «dalle mancate imputazioni dei crediti e dei costi di competenza nella redazione del Bilancio 2010 che si chiude con una perdita di 2.196.708 euro, tali da falsare la rappresentazione della situazione patrimoniale e finanziaria del Consorzio, che avrebbe portato una perdita maggiore di circa 850mila euro». E ancora: dalla giunta Fucci vengono contestati i costi sostenuti dal Consorzio (520.453 euro) per il Centro Alti Studi per la Lotta al Terrorismo (Ce.A.S.) o il modo in cui vennero imbastite le trattative con l’università LUM, senza contare il rapporto contrattuale per la gestione di impianti sportivi con il Consorzio “Sport’s Campus” oggetto di una transazione, a detta dell’ente, «che presentava profili di illogicità e condizioni svantaggiose». Infine la questione dei lavoratori: «Va evidenziato inoltre l’ingiustificato incremento dei prestatori di lavoro (e dei relativi costi, ndr) subordinato e parasubordinato nel triennio 2009-2011», scrisse ancora il Comune. Insomma un enorme «buco nero a spese dei cittadini» per Fucci, con responsabilità da attribuire «alla precedente Amministrazione che si è resa complice di questa disastrosa gestione che noi abbiamo invece arginato».

La sentenza: il Tribunale respinge l’istanza

E arriviamo così ai giorni nostri. Con sentenza n. 1126/2019 pubblicata lo scorso 16/01/2019 il Tribunale ha infatti respinto l’istanza di risarcimento condannando gli ex amministratori, in particolare l’ex Presidente, a cifre irrisorie che non arrivano nemmeno a 20mila euro nel complesso. C’è da dire innanzitutto che i complessivi euro 5.469.717,44 richiesti dal Comune per gli atti compiuti o imputabili agli amministratori in carica nel periodo 2009-(primo semestre) 2011, con richiesta di quantificazione degli eventuali danni cagionati al medesimo Consorzio, erano così ripartiti: € 1.646.841,00 da porre a carico dei componenti dell’intero Consiglio di Amministrazione ed euro 3.822.876,44 da porre a carico del solo Presidente. Ma il Tribunale si è mosso in direzione diametralmente opposta. Nelle oltre 40 pagine di sentenza troviamo le motivazioni di quanto stabilito dal Giudice. Ad esempio sulla responsabilità imputata dal Comune al Presidente del Consorzio circa la gestione dei rapporti con il Ce.A.S. il Tribunale scrive che «per l’affermazione della responsabilità risarcitoria in capo all’organo amministrativo, non è sufficiente la verifica dell’inadempimento di norme di legge o dello statuto, ma è necessario che da detto inadempimento sia derivato, come conseguenza diretta, un danno patrimoniale alla società». 

In pratica anche la presunta azione in assenza di titolarità del Presidente «non equivale di per sé ad automatica fonte di danno patrimoniale per la società». Il Comune ha poi contestato l’oggetto stesso della convenzione col Centro Studi, ritenendola, a fronte di costi cospicui, estranea «alla specifica attività sociale del Consorzio (dall’atto di citazione, ndr)»; ma il Tribunale anche qui dà torto al Comune: «non sono stati forniti elementi per ritenere che la convenzione con detto Centro studi fosse completamente avulsa dall’oggetto sociale del Consorzio né quali sarebbero le ragioni di detta pretesa estraneità». Per quanto riguarda invece i rapporti con la LUM si legge: «è sufficiente rilevare che, al di là del dato contabile del costo annuo e dell’allegata eccessività dello stesso, non risulta provato, in base a conferente allegazione, che a parità di prestazione, per qualità e quantità del servizio reso, il Consorzio avrebbe potuto in concreto risparmiare concludendo accordi con altre Università». In altre parole: non può essere provato che con la sua azione – peraltro, scrive ancora il Tribunale, in linea con l’oggetto del Consorzio – il Presidente avrebbe arrecato un danno patrimoniale. Idem per la gestione della trattativa per la gestione degli impianti sportivi, anch’essa contestata dal Comune di Pomezia ma rimasta priva di «riscontri oggettivi». Capitolo dipendenti. «In rapporto alla situazione del 2008 il contestato aumento a partire dal 2009 in termini numerici e di costo complessivo del personale dipendente […], osserva il Collegio che la doglianza del Comune trova il suo limite […] In conclusione, anche detta contestazione per pretesa mala gestio va rigettata».

L’unica istanza accolta da parte del Tribunale riguarda il caso di alcuni lavori edili riguardanti l’area della Selva dei Pini: in questo caso il Giudice ha ravvisato gli estremi per condannare il Presidente del Consorzio stabilendo la cifra risarcitoria in poco meno di 15 mila euro da versare al Consorzio stesso. Rigettate, ancora, viceversa le richieste risarcitorie che i componenti del Cda e il Presidente del Consorzio avevano avanzato verso il Comune: «[…] In ogni caso la domanda risarcitoria ex art. 96, 1° comma, c.p.c., sarebbe comunque da rigettare per mancata allegazione e prova della sussistenza dei requisiti soggettivi ed oggettivi legittimanti una tale condanna» e viene citata la sentenza di Cass. 18169/2004 (difesa esperita da un soggetto temerariamente, ovverosia con la consapevolezza di avere torto, ndr).

Niente risarcimento, resta il risparmio?

Se allora, alla luce di quanto visto, il Comune non vedrà riconosciuto quanto richiesto per le casse pubbliche resta il risparmio in termini di costi derivanti da un lato dallo scioglimento del Consorzio, dall’altro per il trasferimento alla Selva dei Pini di una parte degli uffici comunali. Di quanto parliamo? La relazione previsionale e programmatica 2015-2017 del Comune di Pomezia, reperibile online, parlava di cifre molto consistenti: «risparmio annuo per 2015/2016/2017 di circa € 647.703,64; risparmio annuo a partire dall’anno 2018 di circa € 1.697.703,64. Considerando il Piano di rientro di durata trentennale si otterrà un risparmio complessivo di € 47.781.109,20.». Sull’argomento è tornato recentemente anche l’attuale Sindaco Adriano Zuccalà: «Sul piano della riduzione dei costi a carico dell’Ente – continua Zuccalà – siamo intervenuti sullo stato di liquidazione dell’ex Consorzio universitario prevedendo un risparmio di circa 85mila euro annui ottimizzando la struttura direzionale».

Le domande all’amministrazione

Il Tribunale di Roma ha rigettato la richiesta di risarcimento milionaria presentata ai componenti del CDA (più il Presidente) dell’ex Consorzio per l’Università di Pomezia: ve lo aspettavate?

“Il carteggio relativo alla causa è complesso e si riferisce ad un arco temporale molto ampio. Considerando questo, valuteremo nel dettaglio quanto deciso dal giudice. L’importante per ora è che sia stata riconosciuta una responsabilità.”

Era già stato ipotizzato un possibile utilizzo di quella cifra? Parliamo di un risarcimento quantificato nella causa intorno ai 4 milioni che sicuramente avrebbe fatto molto comodo alle casse del Comune…

“Come amministrazione non si fanno previsioni di utilizzo di cifre che non sono in nostro possesso o di cui l’arrivo è incerto fino al giudizio. Ovviamente ogni entrata extra farebbe comodo per poter dare opere e servizi alla cittadinanza.”

A distanza di quasi 6 anni dallo scioglimento del Consorzio rifarebbe la stessa scelta operata dal suo predecessore Fucci?

“Le analisi che qualsiasi amministrazione virtuosa dovrebbe svolgere sono quelle inerenti alla semplice comparazione dei costi/benefici che una struttura può offrire ai cittadini, nel caso del Consorzio per l’Università di Pomezia questo rapporto non era a favore della cittadinanza, questo è anche confermato dai debiti accumulati negli anni e tutti indicati nel concordato preventivo liquidatorio accolto dal Tribunale”.

E’ possibile quantificare il risparmio per le casse comunali ottenuto in questi anni derivante sia dallo scioglimento del Consorzio che, tra gli altri, dal trasferimento di alcuni uffici comunali alla Selva dei Pini?

“L’ottimizzazione dei servizi e degli uffici ha portato ormai a superare il tetto dei 2 milioni di euro come risparmio. Oltre alla questione economica, non sottovalutiamo i vantaggi di avere una struttura unica dove i cittadini possono svolgere la maggior parte delle pratiche comunali.”

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