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Fallimento Vis Mobility: riappare il nome dell’imprenditore pometino Raffaele Di Mario

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Il tribunale di Forlì ha decretato il fallimento dell’azienda Vis Mobility e della controllata Rs segnaletica di Santa Sofia, ponendo fine ad una travagliata vicenda che si trascinava da mesi. Stando a quanto comunicato dalle organizzazioni sindacali i lavoratori, mediante un’azione giudiziaria, ne avevano chiesto il fallimento dopo aver accumulato oltre 5 mesi di ritardo nelle retribuzioni. 

Ma perchè questa vicenda ci interessa da “vicino” in virtù della distanza Regionale? E’ presto detto. La Vis Mobility, prima del fallimento, era un’azienda attiva nel settore della segnaletica stradale, nata sei anni fa dal fallimento di Acis (storica società fondata negli anni ’60) e Ciss, per cercare di non perdere una parte importante del tessuto industriale del territorio di Santa Sofia (siamo in Provincia di Cesena-Forlì). Ebbene due anni fa le sigle FIM – FIOM- UILM avevano espresso dei forti dubbi circa il cambio, l’ennesimo, di proprietà dell’Azienda nella cui orbita entrava un nome noto a Pomezia, l’imprenditore Raffaele Di Mario.

Leggiamo infatti: «Già nei primi mesi dell’anno (il 2018, ndr) era stato annunciato in Prefettura un cambio di proprietà, ma le due società che erano entrate nell’assetto societario, riconducibili all’imprenditore Raffaele di Mario, avevano acquisito solo un pacchetto di minoranza, non determinando i cambiamenti necessari al rilancio dell’azienda di Santa Sofia, che, nonostante abbia in pancia commesse per oltre 10 milioni di euro, versa in condizioni finanziarie molto precarie ed è in ritardo con il pagamento delle retribuzioni di oltre 3 mesi. Durante l’incontro è emerso come la proprietà di Vis Mobility sia passata alla IMMO.VIG. srl, società immobiliare di Pomezia il cui titolare avrebbe investito nell’operazione circa 200mila € per acquisire il 70% delle quote».

Il fallimento

Nel 2019 si era verificata poi, sempre da quanto reso noto dai Sindacati, un’altra scissione di Vis Mobility con la creazione di un’altra società ancora, ma la situazione non era migliorata. In mezzo proteste, mobilitazioni, tavoli di confronto che non avevano portato a nulla. Nemmeno la recente richiesta di concordato era andata a buon fine: il Giudice, vista l’insussistenza di questa possibilità, ha quindi decretato per l’epilogo annunciato in apertura, ovvero decretarne il fallimento. 

La vicenda peraltro non sembra essersi conclusa nonostante il fallimento: sembrerebbe infatti che, chiosano i Sindacati, all’interno del perimetro aziendale vi siano “movimenti non meglio identificati di persone” malgrado non vi siano “azioni autorizzate dai Curatori”. «È il momento del ripristino della legalità, e di una seria e ponderata valutazione delle condizioni per non disperdere una storia industriale e occupazionale importante per Santa Sofia e il suo territorio, anche evitando che chi è uscito dalla porta attraverso il fallimento rientri dalla finestra con altre operazioni poco chiare», concludono a tal proposito.

Un nuovo coinvolgimento per Di Mario

La notizia del fallimento della Vis Mobility rappresenta un duro colpo per il territorio dell’alto Bidente. L’arrivo di Di Mario nel 2017 aveva già spinto le organizzazioni a difesa dei diritti dei lavoratori a tenere alta l’attenzione: «Avevamo subito espresso perplessità su un piano di rilancio inesistente» e su operazioni societarie «poco limpide» che avrebbero visto passaggi di quote della società a soggetti diversi «ma tutti riconducibili allo stesso Di Mario senza mai generare una reale prospettiva per l’azienda».

“Dove eravamo rimasti”

A Roma le ultime notizie sull’imprenditore di Pomezia (che in città ha lasciato persone senza casa e lavoratori senza stipendio in alcuni cantieri rimasti fermi a seguito del crack finanziario) risalgono al 2018, mentre lui, a quanto pare, era migrato già altrove per altri interessi.

Ad ogni modo quello stesso anno all’ex Presidente dell’A.S.D. Pomezia calcio e proprietario del locale polo alberghiero “Hotel Selene” insieme ad altre due persone venivano sequestrati dalla Guardia di Finanza 44 tra immobili e terreni, partecipazioni societarie e somme di denaro nei confronti per reati di bancarotta fraudolenta aggravata dal requisito della transnazionalità in relazione a due società con sede a Roma, dichiarate fallite nel 2017.

Il provvedimento riguardava il sequestro preventivo, finalizzato alla confisca, di beni rientranti nella disponibilità degli indagati, principali responsabili del dissesto finanziario delle 2 aziende, fino alla concorrenza di euro 3.760.000, a fronte di un passivo fallimentare quantificato in circa 8 milioni di euro.

Il crak del gruppo Di Mario

 
Ma le attività svolte dalla Procura della Repubblica di Roma furono solo l’epilogo del ben più consistente filone di indagini che riguardarono il crac della banca teramana TERCAS e le plurime bancarotte fraudolente aggravate del Gruppo DIMAFIN dello stesso Di Mario.

Di Mario era peraltro già fortemente esposto col sistema bancario nazionale per centinaia di milioni di euro e gravato da un passivo fallimentare di oltre 250 milioni di euro, e allora, al fine di sottrarre iniziative immobiliari di pregio dalle pretese creditorie ed incassarne “in nero” le caparre da parte dei promissari acquirenti, ovvero accedere a nuova finanza presso la banca sanmarinese SMIB, oggi in liquidazione coatta amministrativa, aveva costituito, con la compiacenza di un altro ex dirigente di Banca Tercas e di prestanomi, n. 2 società “veicolo” che, una volta adempiuti gli scopi illeciti, erano state poi progressivamente depauperate di tutte le attività di cui disponevano fino alle dichiarazioni di fallimento grazie anche alla compartecipazione di due commercialisti.

Le recenti notizie, allora, aggiungono soltanto un ulteriore capitolo, l’ennesimo, alla travagliata attività di Di Mario, che continua a lasciare dietro di sé una scia sempre più numerosa tra fallimenti e vicende dai contorni poco chiari di cui la Vis Mobility rappresenta soltanto l’ultimo atto. 

 

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