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Fretta patologica: la sindrome del Bianconiglio�

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La sindrome del Bianconiglio

In un periodo storico in cui sia i mezzi di trasporto che di comunicazione ci permettono di accorciare le distanze, riusciamo ad avere un’operatività maggiore rispetto ai nostri nonni: portiamo i figli a scuola, andiamo a lavoro, riprendiamo i figli e li portiamo a fare sport e poi la sera a casa la cena è pronta, il partner accudito. Tutto perfettamente incastrato.

Il tempo è una delle poche cose che non possiamo controllare e se vissuto male può realmente diventare il nostro più grande nemico.

Bianconiglio è un personaggio di «Alice nel paese delle meraviglie», un coniglio che correva con in mano un grande orologio e che ripeteva:«ho fretta ho fretta è tardi!». Il tempo per lui era un persecutore, scappava da una parte all’altra per non farsi prendere.

Quando durante la giornata saltiamo freneticamente da un impegno all’altro stiamo facendo la stessa cosa, con la sensazione angosciante delle lancette che vanno più veloci di noi.

Dimenticanze e chiusura delle sensazioni

Il nostro cervello per memorizzare ha bisogno di attenzione e funzionamento delle sensazioni, ossia, dei cinque sensi: vista, udito, tatto, gusto e olfatto. Quando siamo di corsa le percezioni si chiudono esclusivamente sul prossimo obiettivo tralasciando tutti i dettagli intorno: in auto non ci rendiamo conto del panorama che attraversiamo o della canzone che danno alla radio; in altre circostanze non vediamo i colori del pasto che stiamo consumando, gli odori della stagione o semplicemente ci mettiamo a letto e non sentiamo il calore del nostro corpo.

Tra le conseguenze più «ovvie» dimentichiamo le chiavi di casa, di telefonare alla mamma o addirittura trascuriamo la nostra salute.

Ansia e malessere

Quando siamo di corsa perdiamo la capacità di vivere nel presente, mentre facciamo qualcosa i nostri pensieri sono già al dopo, al domani e al dopodomani.

Ci sentiamo agitati anche nel letto, in fila alla cassa del supermercato scalpitiamo e finiamo per completare le frasi di chi ci sta di fronte per terminare prima possibile una conversazione.

Non si ha tempo per pensare le azioni partono in automatico in attività costante anche nei momenti di vuoto, un esempio classico è l’uso degli smartphone che continuano a rubare il nostro tempo in un circolo vizioso che sembra non volersi spezzare.

Più siamo stanchi più facciamo ed è tutta colpa dell’adrenalina un ormone che produciamo in momenti di stress, il suo ruolo nell’organismo è quello di aumentare la capacità di lavoro dei muscoli e del metabolismo in generale, definito anche «ormone della paura» mette in allarme tutto il corpo e anche la mente.

Ma se non smette di restare in circolo nel sangue cosa accade?

Alcuni effetti collaterali:

– battito cardiaco accelerato;

– mal di testa;

– stanchezza;

– capogiri, nausea;

– sudorazione;

– tremore.

Tutti insieme questi sintomi danno la sensazione di costrizione al petto, il diaframma non riesce ad allargarsi e il respiro si blocca a metà: crisi d’ansia e malessere generale.

Perdita di noi stessi

Essere bravi a dirigere e gestire le cose può darci l’illusoria percezione del supereroe; se quando rientriamo a casa il non riceviamo il premio dal partner o dai figli siamo di cattivo umore, come se tutta la fatica per rendere perfetto il lavoro e la casa passasse inosservato: questo potrebbe rappresentare un inizio di crisi nelle relazioni, la rabbia di aver perso spazi personali di passioni e amicizie «solo per amore».

Anticipiamo quello che sarà e poi abbiamo nostalgia di quello che poteva essere o di ciò che siamo stati: ma ne vale veramente la pena?

Lasciamo andare i pesi: tecnica pratica

Le spalle sono ipertese tirate in su, il torace chiuso, un senso di pesantezza alle gambe, stanchezza fisica e mentale, umore basso, espressione dura: tutto l’organismo è irrigidito, pronto a sostenere.

Abbiamo dei limiti, impariamo a rispettare noi stessi e lasciamo agi altri la possibilità di poter fare per loro stessi e perché no, anche per noi.

Non siamo infallibili, non possiamo risolvere ogni cosa: fermiamoci.

Mettiamoci supini, tranquilli per qualche minuto, poi piano piano, iniziamo a contrarre i muscoli del viso, poi delle spalle, braccia, gambe e piedi. Restiamo cosi per qualche secondo per poi mollare tutti i muscoli e fare un respiro profondo: sentiremo quanto sono tesi i nostri muscoli e quanto sia bello lasciare andare.

Riproviamo più e più volte, arriveranno sensazioni di piacevolezza nel mollare.

La micropausa: un piccolo inizio

Fin dai tempi della scuola abbiamo imparato a desiderare il suono della campanella per la ricreazione, un rumoroso sospiro di sollievo seguiva il frastuono di penne e libri lasciati cadere sul banco.

Dopo lunghe ore di lavoro il corpo diventa rigido per la postura, l’attenzione prolungata tende ad offuscarsi, il respiro si accorcia e il peso psicofisico aumenta di minuto in minuto riducendo la qualità produttiva.

Il nostro ciclo fisiologico di attivazione è mediamente efficace per 45 minuti ed è sufficiente una pausa di 5-10 minuti per riportarlo ai livelli iniziali; lamicropausa è uno stop che interrompe qualsiasi attività, un breve lasso di tempo chiuso in una parentesi funzionale necessaria al nostro benessere psicofisico un «staccare la spina».

Le micropause sono fondamentali per non arrivare la sera completamente scarichi, con un gesto semplice eliminiamo il carico accumulato durante le ore e ci rigeneriamo: un caffè con l’amico, una doccia calda, farsi una maschera per i capelli, farsi una passeggiata di pochi minuti o ascoltare musica ad occhi chiusi.

“Vedete quanto poco ci vuole per rendere felice un uomo: una tazzina di caffè presa tranquillamente qui fuori, con un simpatico dirimpettaio!”

(Eduardo de Filippo)

Se volete raccontarmi le vostre storie per sciogliere insieme qualche nodo disfunzionale, scrivete all’indirizzo: psicologia@ilcorrieredellacitta.it

Vi aspetto.

Dott.ssa Sabrina Rodogno

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