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Greenpass e identificazione di gruppo

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I fatti
Dal 15 Ottobre scorso tutti i lavoratori sprovvisti di greenpass sono stati allontanati dal posto di lavoro, per un decreto che avrà validità fino al 31 Dicembre e studiato per gestire il virus Covid19.
Numerose le reazioni dei cittadini che si sono schierati a favore, reclamando il diritto alla ripresa della libertà; dall’altra sponda altrettante reazioni di chi invece non accetta una misura del genere.
Non entreremo nel merito di scelte politiche, come più volte ribadito, non è il mio lavoro.
Osservando le dinamiche sociali ci sono alcuni aspetti che mi interessano – a prescindere dalle polemiche e dal tipo di evento che sia un fatto politico, di cronaca o di attualità e che francamente trovo deleterio oltre che fastidioso: la suddivisione in due poli, il noi e il loro.

Come si forma un gruppo?
Nella letteratura psicologica ci sono numerosi esperimenti sociali sulla formazione dei gruppi e sull’influenza che hanno sull’individuo, in sintesi il concetto è il seguente: le persone hanno una tendenza naturale a favorire il proprio gruppo, distinguendo il “noi” dal “loro”. Con ovvie conseguenze, una su tutte la discriminazione.
Come si forma un gruppo? Di seguito alcuni elementi che fanno da collante:
– Vicinanza fisica e geografica: abitare nello stesso quartiere, frequentare lo stesso bar, scuola, palestra e così via. Capirete che con i social siamo tutti “vicini”, dunque saltano certi passaggi e si velocizza la creazione del gruppo.
– Somiglianza: stesse convinzioni, ideali o bisogni. Sentirsi simili ci fa sentire meno soli, forte elemento di unione.
– Identificazione: quando pur essendo diversi sentiamo il bisogno di appartenere a quel gruppo. Immagino che molti vorrebbero entrare in un gruppo di élite di persone straricche.

Esempi di cronaca
Ricordo il caso di Silvia Romano, la ragazza rapita in Kenya durante una missione di volontariato nel Novembre 2018 e rilasciata 18 mesi dopo. L’Italia si divise in due: gli innocentisti e i colpevolisti.
L’inizio della pandemia: virus diffuso casualmente e virus per uccidere e controllare l’umanità.
Il vaccino: funziona, non funziona, arricchisce le case farmaceutiche.
L’attuale polarizzazione sul “greenpass” è solo l’evoluzione del discorso sul vaccino: di nuovo si sono formati i gruppi, reali e virtuali.
Ma è possibile che ogni volta ci si debba schierare da un lato?
Credo che le ragioni non siano solo da una parte, e la realtà sia più complicata di come spesso viene raccontata. Nel mezzo ci sono le eccezioni che vanno considerate, ricordiamoci che stiamo parlando di esseri umani con tutta una storia emotiva alle spalle.
Anche dal mondo scientifico sono arrivate notizie contraddittorie, e ognuno dei due poli ha scelto a propria immagine e somiglianza le fonti di cui più fidarsi.

Confusione e ricerca di rassicurazione
A mio parere il problema è alla base, ossia, la grossa confusione che arriva da chi dovrebbe in qualche modo rassicurarci.
Quando leggo i paragoni tra la campagna vaccinale attuale e quella del vaiolo del 1977 mi viene l’orticaria: ma che paragone è? Nel 1977 non c’era la possibilità di accedere a milioni di informazioni come accade oggi, ci si fidava del medico e basta. Ad oggi non è così.
Siamo arrivati al punto che bisogna credere nella scienza come se fosse una religione, ma la scienza non è religione. Alla scienza chiediamo risposte certe e rassicurazione, e non sempre può darcene: perché nessuno può sapere tutto né – di fronte a un evento nuovo – può prevederne l’evoluzione in modo assoluto e determinato.

Non possiamo mettere la salute nelle mani di un leader politico, o di un giornalista.
E allora cosa si è spinti a fare? Ricercare conforto, placare le proprie ansie attraverso chi la pensa più o meno come noi, da un versante o dall’altro.
Aggressività
Far parte di un gruppo in questo momento di grosse paure potrebbe essere pericoloso, si fomenta rabbia e aggressività gratuita contro l’altro che non la pensa come noi.
Sono testimone di incertezze da parte di medici, e allo stesso tempo altri medici mi hanno trasmesso informazioni certe. E mi immagino una persona fragile, a come possa sentirsi e a chi deve affidarsi. Di chi dovrebbe fidarsi? Come fa a decidere? Basta davvero leggere siti internet o libri da una parte o dall’altra?
Non sarebbe il caso di abbassare l’asticella della rabbia contro chi è diverso da noi? In questo caso, come in molti altri si crea la discriminazione, il giudizio.
E non ci serve. Non serve a nessuno.

I medici a mio parere dovrebbero rassicurare i cittadini, mettersi d’accordo su un’unica linea e zittire tutti gli altri che fanno solo propaganda politica fomentando la scissione tra le persone. Occorrerebbe che tutti contribuissero a diminuire la confusione e il rumore che non fanno che fomentare questa eccessiva polarizzazione.

Se volete raccontarmi le vostre storie per sciogliere insieme qualche nodo disfunzionale, scrivete all’indirizzo: psicologia@ilcorrieredellacitta.it
Vi aspetto.
Dott.ssa Sabrina Rodogno
Psicostress

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