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Grotta dell’Arco, sito naturale in provincia di Roma: formazioni calcaree suggestive

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Grotta dell'Arco

Continua il nostro viaggio quotidiano alla scoperta di storie e curiosità di Roma e del Lazio. Oggi siamo a circa un’ora di distanza dalla Capitale d’Italia. Più precisamente, siamo nel comune di Bellegra. E parleremo della Grotta dell’Arco.

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Un po’ di storia

Prima di addentrarci in quello che è il focus del giorno, come sempre un po’ di storia.

Quando si scende da Bellegra, proprio quando si gira dalla statale per venire alla grotta, sulla destra c’è un fondo valle che fino al 1911 ospitava un laghetto molto basso, chiamato il ‘Pantano di Roiate’. Questa era solo la parte superiore di un grande bacino sotterraneo che d’inverno si riempie d’acqua e d’estate si svuota parzialmente, proprio a causa della presenza di un fiume sotterraneo, quello che ha formato la Grotta dell’Arco. Infatti la Grotta rappresenta il condotto di sopravanzo del lago, proprio come quello di una vasca da bagno.

Bellegra
Bellegra – ilcorrieredellacitta.com

Cosa succede d’inverno

L’inverno, quando l’acqua all’interno di questo grande contenitore sotterraneo sale, essa tracima nella grotta e il suo torrente diventa attivo. In estate, dove a causa delle basse precipitazioni l’acqua scende, e il torrente si prosciuga. Questo ci fa intendere, che se l’acqua è stato l’elemento che ha scavato la grotta, la grotta dell’arco è molto antica, perché per metà anno è sempre rimasta inattiva.

La grotta fu esplorata per la prima volta il 19 giugno 1925 dagli speleologi del CSR (Circolo Speleologico Romano) e nuovamente il 4 aprile 1996 dal GSG (Gruppo Speleologico Grottaferrata), che, dopo un lungo lavoro di disostruzione, è riuscito a superare la strettoia finale arrivando all’attuale fondo. 

La mola di Civitella

Nel XIX secolo fino al 1955, l’acqua della grotta venne utilizzata per la macina del grano, installando una mola. Venne realizzata una diga (dove oggi c’è il mulino) e tutta la grotta all’interno, divenne un grande bacino sotterraneo. A Bellegra la mola venne dismessa, come anche in tutte le altre parti, quando arrivò la corrente elettrica in zona.

Dopo la dismissione della mola, si prosciugò il pantano di Roiate, nel 1911, per recuperare terreno da coltivare. In realtà il prosciugamento fu fatto per evitare che l’area del lago passasse al Demanio dello Stato, come da Regio Decreto e come già successo per il lago di Gabi o del Fucino.

Bellegra Grotte dell'Arco
Bellegra – ilcorrieredellacitta.com

Le pitture rupestri nella Grotta dell’Arco

Gli speleologi che in passato iniziarono a frequentare la grotta, nel tratto fangoso camminavano a testa bassa per cercare di mettere i piedi sulle orme del compagno che li precedeva, per non sprofondare nel fango. Questo è il motivo perché probabilmente, non si accorsero mai della presenza delle pitture rupestri.

Le pitture infatti, sono state scoperte solo dopo l’impianto della passerella metallica negli anni ’90 dello scorso secolo, quando cioè i numerosi speleologi che frequentano annualmente la grotta non sono stati più costretti a districarsi nel potente deposito di fango che interessava la zona dell’ingresso ed anzi hanno potuto gettare uno sguardo alla morfologia di questa parte della cavità.

In totale sono presenti quattro figure in colore rosso (realizzate con ossido di ferro) e cinque in colore nero (realizzate con diossido di manganese, che è ben visibile nel letto del fiume), tutte tranne una, raffigurazione di antropomorfi alcuni chiaramente connotati in senso maschile. In particolare si tratta di raffigurazioni di antropomorfi schematici maschili con corpo reso con uno spesso segmento verticale in visione frontale con indicazione delle braccia e delle gambe, testa resa con un motivo sub-quadrangolare oppure antropomorfi asessuati con testa resa con un motivo triangolare.

Cosa rappresenterebbero le pitture rupestri nella Grotta dell’Arco

L’iconografia trova scarsi confronti in ambito appenninico, ad esempio la somiglianza tra la testa triangolare di un esemplare della grotta di Bellegra con quella degli antropomorfi, forse femminili del riparo di San Bartolomeo presso Roccamorice in Abruzzo. Viceversa confronti più stringenti possono essere istituiti con figure del repertorio dell’arte rupestre schematica dipinta della penisola iberica come a Bonete del Cura, Corral del Morcilla e Sierra de Guadarrama e soprattutto con le figure antropomorfe dipinte in nero della Grotta Cala dei Genovesi presso Levanzo nelle Isole Egadi in Sicilia, databili ad un periodo compreso tra le ultime fasi del Neolitico e la prima metà del Bronzo in base all’associazione con figure idoliformi.

Le pitture della grotta dell’arco di Bellegra, sembrano costituire un nuovo insieme di raffigurazioni, databili all’orizzonte iconografico dell’età del rame, periodo a cui possono essere attribuite per confronto iconografico in Italia centrale anche le pitture eseguite sia in colore rosso che in colore nero dei ripari umbri di Formiche Rosse e di Schioppo (Perugia), del riparo laziale di Grotti (Rieti) ed infine del riparo abruzzese di Sant’Onofrio I (Pescara). E’ probabile che altre pitture si possono trovare sotto il livello di fango.

Come raggiungere la Grotta dell’Arco

La Grotta dell’Arco si trova nel comune di Bellegra e dista da Roma circa un’ora.

E’ raggiungibile comodamente dall’autostrada o Roma – Napoli (Uscita Valmontone) oppure dall’Autostrada Roma – Aquila (Uscita Castel Madama).

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