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La gabbia delle esperienze mancate

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Il Corriere della Città si arricchisce da oggi di una nuova rubrica, curata dalla dottoressa Sabrina Rodogno, psicologa e psicoterapeuta.
Attraverso questa rubrica, i lettori potranno rivolgersi alla dottoressa Rodogno per sottoporre problemi, domande, dubbi, richieste di aiuto e di supporto psicologico.
Per un primo contatto, è possibile scrivere a psicologia@ilcorrieredellacitta.it: sarete contattati dalla nostra esperta.
Di seguito viene illustrato uno dei casi trattati – nel più assoluto rispetto della privacy – nella speranza di fornire una chiave di lettura a chi soffre dello stesso problema.

Il caso di Franca

La richiesta di aiuto

Conosco Franca tramite social, mi contatta sulla pagina attraverso un suo profilo fake; mesi di scambio messaggi, poi passa alle telefonate.

Franca non si fida di nessuno, le servono quasi tre mesi prima di fissare un appuntamento per una terapia domiciliare: da un anno e mezzo non esce di casa.

La prima seduta viene espletata con la madre che, nascosta dietro la porta del corridoio, controlla che io non faccia del male a sua figlia.

«Tutto è iniziato in chiesa durante la celebrazione della prima comunione di mio figlio, ho incominciato a tossire talmente forte da far girare tutti i presenti. Sono scappata via e mi sono chiusa in macchina per la vergogna. Da quel momento non esco più, nemmeno per fare la spesa o portare i bambini a scuola. Il mondo fuori mi toglie il respiro».

 

I sintomi

Franca è sempre stanca, apatica e senza obiettivi, si lascia trascinare dalla routine familiare e l’unica reazione che produce il suo corpo è l’ansia continua.

«Urlo spesso con i miei figli e con mio marito, dicono che non so fare nulla. Spesso ingoio tutto quello che trovo in dispensa nella speranza di sciogliere il nodo che mi chiude la gola. Mi manca l’aria e il cuore sembra esplodere, mi fanno male tutti i muscoli».

Poco più che trentenne, appare trascurata nell’aspetto, vive in provincia con il marito dieci anni più grande, un operaio che resta fuori tutto il giorno, e i due figli: una femmina di tredici e un maschio di otto che dorme nel lettone.

 

La crescita e lo sviluppo

Franca cresce in una famiglia dove i punti di riferimento non riescono a farle da guida: la madre fragile e immatura, il padre violento e giudicante, i fratelli con cui si trova in continua competizione.

Il rapporto madre/figlia è poco definito e i ruoli si sovrappongono al punto tale che il padre scarica su di lei la rabbia che prova per la moglie a seguito di un tradimento.

«Mia madre è una donna ansiosa, quando c’è il temporale mi telefona piangendo e corre a casa mia per farsi coccolare. In passato ha tradito papà ed io l’ho dovuta proteggere dai miei fratelli e dal vicinato. In famiglia mi considerano da sempre una vittima piagnucolona».

Franca cresce senza esperienze, non sperimenta nessun tipo di emozione, vive l’unica storia sentimentale/sessuale con un uomo che la tratta come un oggetto di sua proprietà, non gioca con gli altri bambini, non si confronta con gli amici: non esplora.

«Mi sono fermata alla terza media, non mi piaceva studiare e avevo paura di tutto. Sono cresciuta prendendomi cura della casa e della famiglia. Mio padre e i miei fratelli mi controllavano sempre, non uscivo e non avevo amiche. A tredici anni ho conosciuto quello che da lì a pochi anni sarebbe diventato mio marito, passando dalla padella alla brace. Il giorno delle nozze ho avuto un attacco di panico».

 

Le alterazioni

Franca vive una eterna condizione adolescenziale, vulnerabile e insicura si lascia prendere da un vicino che la guarda da lontano.

«Lui mi dedica le canzoni, e quando passa mi sfiora con la chiave della sua auto».

Passa da un estremo all’altro dell’affidarsi, non riesce a valutare chi ha di fronte. La muscolatura è tesa per il continuo allarme.

«Ho conosciuto una ragazza e siamo diventate molto amiche, lei vorrebbe farmi andare a letto con il vicino».

Da piccola è rimasta in casa per le ansie della madre, non ha vissuto nessun tipo di esperienza e col tempo si sono alzati muri di chiusura delimitando lo spazio vitale; gli altri sono lo specchio attraverso cui elaboriamo noi stessi, cresciamo anche grazie ai confronti e Franca ha ricevuto un’immagine di sé stessa ridotta, fragile e paurosa.

«Esco solo per andare da mia madre e devo solo attraversare la strada, ma vorrei essere invisibile».

 

Il nostro percorso

Il nostro percorso inizia piano piano, ad ogni seduta mettiamo un piccolo mattoncino di fiducia per affidarsi in modo consapevole, attingendo da un nuovo punto di riferimento non giudicante.

Le rimando un nuovo riflesso nel quale potersi vedere e imparare a mostrarsi agli altri senza timore.

Apriamo lentamente la porta di casa per prendere spazio e cerchiamo insieme delle esperienze da attraversare per sperimentare ed esplorare: fa nuove conoscenze nel parco ed esce a prendere il caffè per confrontarsi su svariati temi.

Lavoriamo sul corpo allentando i muscoli, liberando il respiro: riprendiamo le sensazioni di calma, benessere e acquisizione delle tecniche per fronteggiare l’attacco di panico.

 

 

Cosa è successo a Franca?

Ho salutato Franca all’uscita della metro, nell’ultimo giorno del nostro percorso siamo andate in città a prendere un gelato insieme. È sorridente, si sente leggera e consapevole.

Adesso è pronta per attraversare la quotidianità tessendo la trama giorno per giorno, scegliendo colori brillanti per illuminare la strada ancora lunga da percorrere.

 

EPIDEMIOLOGIA DEL DISTURBO DI PANICO

L’attacco di panico è un campanello d’allarme che scatta nel corpo, dopo ripetuti tentativi da parte della psiche non ascoltati.

 

  • Il disturbo di panico colpisce almeno 1 ogni 75 persone, a livello mondiale, durante tutta la vita (Sarti et al. 2000)
  • L’età di esordio del disturbo di panico si colloca tra l’adolescenza ed i 30/35 anni (Rouillon, 1997; DSM-IV-TR, 2001)
  • Il disturbo di panico ha frequenza 2-3 volte superiore nelle donne rispetto agli uomini (Rouillon, 1997; Gordeev, 2008)
  • Franceschina, Sanavio e Sica (2004) riportano i risultati emersi da studi precedenti e dichiarano che i consanguinei di primo grado di persone che soffrono, o hanno sofferto di disturbo di panico, hanno una probabilità di 4-7 volte (per il DSM-IV-TR fino a 8 volte) maggiore rispetto al resto della popolazione di sviluppare lo stesso disturbo.

 

 

Se volete raccontarmi le vostre storie per sciogliere insieme qualche nodo disfunzionale, scrivete all’indirizzo psicologia@ilcorrieredellacitta.it

Vi aspetto.

Dott.ssa Sabrina Rodogno

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