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L’anno è finito: bilanci e riflessioni

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Inevitabile resoconto

Siamo in un periodo in cui, inevitabilmente, facciamo il bilancio dell’anno che sta per terminare: si tirano le somme e si valutano profitti e perdite.

Per alcuni può rappresentare un vero e proprio motivo di disagio con tutta una serie di emozioni negative; il dover prendere consapevolezza di aver perso relazioni affettive o lavorative, di non aver raggiunto gli obiettivi o di non essersi dati da fare a sufficienza per realizzare progetti importanti non è una passeggiata.

Per non parlare del fatto che stiamo crescendo e invecchiando, e ciò non fa piacere a nessuno.

Un momento duro ma necessario per fare il punto della situazione, per valutare gli errori e correggere la rotta del nostro cammino: ci proviamo?

Inizio io

Sono arrivata a Pomezia ufficialmente nei primissimi giorni di Gennaio, scegliendo di lavorarci e viverci; vengo da Napoli da una zona tra le più centrali e caotiche della città, a pochi passi da casa mia c’è la stazione centrale e dalla finestra vedo il quartiere Forcella: i rumori del traffico e del vocio delle persone sono una costante 24 ore su 24.

Il primo impatto con Pomezia è stato appunto l’assenza dell’inquinamento acustico, in alcune giornate il silenzio era per me assordante tanto da mettere la musica con il volume alto in casa per sentirmi «accolta».

Camminare per le strade ordinate e non sentire l’odore del cibo, constatare il clima di qualche grado più basso e osservare i passanti mediamente taciturni mi ha tenuta per diversi mesi in uno stato di «torpore percettivo».

La voglia delle pizzette con il sugo a colazione, le graffe calde di notte, il pane e tutti i generi alimentari portati direttamente a domicilio; la pizza, il lungomare e la napoletanità assente mi hanno un poco destabilizzata.

Stoici ed epicurei

Essere «stoico» equivale ad essere rigoroso, rispettoso delle regole, di quelli che lavorano sodo e portano a termine i progetti.

Essere «epicurei» equivale invece al «prima il piacere e poi il dovere» all’essere goderecci senza pensare troppo al domani.

La filosofia di vita dei napoletani è chiaramente epicurea, quella pometina è tendenzialmente stoica.

I miei pazienti di Napoli hanno problemi di stress legati alla vita agitata, al non riuscire a tenere a bada tutti gli impegni, al fatto che vorrebbero riuscire a portare a termine con calma qualcosa, la necessità di regole nette e precise.

I miei pazienti di Pomezia hanno difficoltà opposte: la troppa rigidità, il controllo su tutto, il dovere, il poco tempo per il piacere, il preoccuparsi del domani e del dopodomani, il voler costruire per sé stessi e per i figli.

Due mondi totalmente diversi.

L’ambiente come fattore determinante

Ho valutato clinicamente le differenze tra le due realtà e appare chiara la specificità dei problemi legati al contesto in cui cresciamo; quando ascolto le storie spesso penso che basterebbe concedersi un po’ di «dolce far niente» per stare meglio, così come penso che i miei pazienti napoletani abbiano bisogno di darsi delle regole per rilassarsi.

Le differenze che mi sono sembrate evidenti sono:

– La difficoltà dei giovani e degli adulti del posto di potersi incontrare, di avere spazi ricreativi e progettuali come ad esempio corsi di formazione o centri di aggregazione.

– La violenza sotterrata dai silenzi, casi di bullismo e cyberbullismo tra adolescenti e adulti. Ed io che credevo (sbagliando) non potesse esistere un problema del genere fuori dalle grandi città.

– La solitudine e l’incapacità di far vedere le proprie emozioni, di farle capire e accettare.

La mia esperienza

In una piccola comunità dove si conoscono tutti è difficile affidarsi completamente, di fondo resta la paura che qualcuno possa sapere attraverso vie «non ufficiali». Io sono «un’estranea» e questo mi ha permesso di aiutare chi sentendosi al sicuro si è aperto e messo in discussione.

Ho imparato da voi che esiste la puntualità, la correttezza e il dovere.

Mi avete aperto le porte del vostro cuore e di questo non posso che ringraziarvi. L’incontro con realtà diverse da quelle che vivevo quotidianamente è per me un irrinunciabile fattore di crescita, e credo che dovrebbe essere una spinta valida per tutti, perché ciascuno esca dai propri recinti che sono, sì, confortevoli, ma restano delle piccole gabbie.

Il mio augurio, quindi, è che ciascuno di noi lasci uno spiraglio aperto per incontrare gli altri.

PS: sembra il discorso del Presidente della Repubblica… spero non abbiate cambiato canale!

 

Se volete raccontarmi le vostre storie per sciogliere insieme qualche nodo disfunzionale, scrivete all’indirizzo: psicologia@ilcorrieredellacitta.it

Vi aspetto.

Dott.ssa Sabrina Rodogno

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