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Lavorare alle Poste al tempo del Coronavirus: «Non siamo carne da macello». A Roma lunghe file per entrare

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L’emergenza Coronavirus sta costringendo la stragrande maggioranza degli italiani a casa ma c’è chi, per assicurare servizi definiti essenziali, continua a lavorare. Ne è un esempio il settore delle Poste il quale, seppur con riduzioni d’orario, continua ad assicurare ai cittadini la possibilità di effettuare operazioni. 

Diverse sono però le segnalazioni giunte alla nostra redazione da parte di chi, per contro, siede dall’altra parte dello sportello, ovvero i dipendenti chiamati a lavorare nonostante il clima di emergenza. «Non siamo carne da macello», dicono alcuni, espressione peraltro comune ad altri settori per i quali il Coronavirus non ha modificato di troppo la routine giornaliera (lavorativamente parlando). 

E allora anche alle Poste si domanda maggior sicurezza. Come a Pomezia per esempio dove i lavoratori chiedono più attenzione per ciò che riguarda l’erogazione di “mascherine monouso” che dovrebbero essere cambiate ogni giorno (cosa che dovrebbe essere un’ovvietà ma che talvolta non lo è: la segnalazione che ci arriva è che le mascherine sono sempre le stesse da riutillizzare sin da quando sono state consegnate la prima volta), sanificazione degli ambienti di lavoro, condizioni di sicurezza tra colleghi e soprattutto nei confronti dei clienti, igienizzazione del parco mezzi e così via. 

Qualche portalettere, notizia di oggi, pare voglia iniziare ad astenersi dal lavoro per tutelare la salute.

Poi ce l’aspetto che rientra nella sfera dei comportamenti responsabili da parte degli utenti: sì perché essendo “confinati” in casa alcuni fanno appello alle attività consentite (come la spesa, o portare fuori il cane) pur di prendere una boccata d’aria. Ci si chiede allora: è veramente necessario fare una lunga coda fuori alla Posta per pagare un bollettino – come in questo caso alla Magliana, Roma – quando ormai si può fare online?

 

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