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Minacce e terrore, ecco come vive la vittima di usura: «Stai attento a quello che fai, sappiamo che hai dei figli, salutaceli»

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Non auguro neppure al mio peggior nemico di passare quei momenti, in cui ti senti morire dentro e non puoi fare nulla poiché in gioco c’è la vita dei tuoi cari, minacciata da gente senza scrupoli”. Italo si trova in guai grossi quando, da imprenditore senza problemi, decide di acquistare un albergo utilizzando un fido agevolato al 4% concesso dalla Regione Lazio. Ma, a causa di una truffa perpetrata da parte di altri albergatori, la Regione decise di revocare il finanziamento, chiedendo indietro non solo la quota capitale, ma anche gli interessi, applicandoli al 21%, tasso in vigore all’epoca.

Sperando che la sua banca potesse capire il momento di difficoltà, Italo chiede un prestito, ma l’istituto non solo lo nega, ma revoca anche il fido presente fino a quel momento. A Italo non resta altra scelta che finire nelle mani di uno strozzino, presentato proprio dal direttore della banca come “una persona in grado di aiutarlo”. Qui iniziano i suoi 8 anni di angoscia e terrore.

La storia

Lui è Italo Santarelli: non ha paura di dire il suo nome, perché ha trovato il coraggio di denunciare e di uscire dall’incubo in cui era precipitato, decidendo di mettere la sua esperienza al servizio di altre vittime, per aiutarle a venirne fuori, fondando un’associazione, l’AIRP. “Mi fissarono un appuntamento presso una finanziaria e lì un avvocato mi propose un prestito di 70 milioni delle vecchie lire, dando in garanzia un terreno edificabile che valeva circa due miliardi. Entro 6 mesi avrei dovuto restituire ben 105 milioni, quindi il 50% in più di quello che mi avevano prestato”. Ma quella non era la cosa peggiore. “Quando gli feci presente che il terreno aveva un valore di circa due miliardi, mi rispose «…ne può valere anche 10, di miliardi, tanto ritorna a te!»

Non avendo altra scelta, accettai, ma quando fu fatto l’atto alla presenza del mio commercialista, la clausola del riscatto non venne inserita, ma fu stipulata una scrittura privata a parte. Non avrei mai potuto immaginare che, pur impiccandomi per racimolare il denaro da restituire, non avrei più trovato il mio terreno perché già venduto due volte a delle società di loro proprietà, amministrate da due persone che altro non erano che teste di legno manovrate dal grande capo”.

Le minacce

Alle proteste di Italo, in risposta arrivano le minacce. «Stai attento a quello che fai, hai famiglia e figli da proteggere». Italo decide di non farsi intimidire e di denunciare tutto. Proprio in quel periodo però, gli affari iniziano ad andare male perché il suo albergo viene assegnato dalla Prefettura ad alcuni profughi, che lo distruggono. Servono soldi per ripararlo, soldi per pagare i dipendenti e i fornitori, ma gli incassi del bar e del ristorante non coprono che il 10% delle spese. “La Prefettura non pagava e le banche non mi concedevano nulla, a causa dei protesti sofferti in seguito alla chiusura del fido da parte dello zelante Direttore. È in questa cornice che mi stavo prestando a denunciare la truffa e a chiedere il sequestro del mio terreno.

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«Il pranzo lo offri tu per una certa denuncia che hai presentato. Stati attento a quello che fai e dici, hai dei figli»

A distanza di una settimana si presentarono 6 persone nel mio ristorante. Ordinarono ogni specialità, champagne compreso. Al momento del conto mi mandarono a chiamare dal cameriere e fui invitato a sedermi al loro tavolo. Uno di loro mi chiese, con fare amichevole, se sapevo chi fossero.

Ovviamente risposi di no…se un sorriso avevo tra le pieghe delle labbra, morì all’istante quando l’uomo, con un tono di voce che non so spiegare, disse: «Noi veniamo da Bagheria. Il pranzo lo offri tu per una certa denuncia che hai presentato in questi giorni. Ti consigliamo di stare attento a quello che fai e soprattutto a quello che dici. Adesso noi ci alziamo e andiamo via…Non ti sognare di chiamare Polizia o Carabinieri. Sappiamo che hai dei figli, salutaceli!».

Rimasi attonito su quella sedia, mentre li vedevo uscire dal locale. Quel loro modo di camminare e sghignazzare, altezzoso, rumoroso, da padroni. Padroni della mia vita? Rabbia, quanta più non so; ma anche tanta, tanta paura. Chiamai il mio avvocato e gli raccontai l’accaduto. Mi fece coraggio, ma sentivo la sua preoccupazione anche se non la dava a vedere.

Io, faticosamente, cominciai a convivere con il terrore che potesse capitare qualcosa ai miei cari. Nel mentre tutti i giorni avevo il problema di reperire il cibo per le 300 persone alloggiate nel mio albergo e, non avendo più disponibilità economica, mi trovai costretto a ricorrere a un usuraio di Caserta”. All’inizio gli interessi sono “solo” del 5% al mese, ma quando l’usuraio si accorge che i pagamenti della Prefettura tardano, presta altri soldi a Italo, che arriva a un debito di 80 milioni, per i quali deve pagare però interessi del 15%, ovvero 12 milioni al mese.

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L’episodio più inquietante

“Un mese non avevo il denaro e chiesi se poteva aspettare qualche giorno. Lui me ne concesse 5, ma nella hall dell’albergo, presente mia figlia, tirò fuori la pistola e disse che se ne serviva con tutti quelli che «pensano di fare i furbi e non pagano». Un giorno invece si presentarono in hotel due persone, con la scusa che volevano vedere un terreno, l’ultimo che mi era rimasto e che avevo messo in vendita per cercare di ripianare qualche debito. Per fortuna l’istinto mi ha messo in guardia: prima di salire in auto con loro sono rientrato in albergo e ho detto ai miei figli di annotare la targa e che, se non fossi tornato entro un’ora, avrebbero dovuto chiamare la polizia”.

Appena arrivati al terreno, i due puntarono una pistola alla testa di Italo, chiamandolo “infame” perché non aveva pagato il debito all’usuraio di Caserta. “Uccidetemi pure, io così non ce la faccio più. Finora gli ho ridato il doppio del prestito e posso dimostralo. Non saprò mai cosa passò nella loro mente, ma mi fecero frettolosamente risalire in auto e mi riportarono a gran velocità in albergo, promettendomi che non li avrei mai più rivisti e aggiungendo che avrebbero fatto i conti con chi li aveva mandati da me”. Italo non riesce a vendere il terreno, quindi comincia a chiedere soldi a tutti quelli che conosce, ma nessuno è disposto ad aiutarlo. Arrivano invece pignoramenti e istanze di fallimento. “Mi domando come ho fatto a non impazzire, pregavo solo che il Tribunale mi facesse tornare in possesso del mio terreno da 2 miliardi per poter sanare tutti i debiti. All’improvviso ero diventato uno da evitare, peggio di un delinquente”.

Intanto il processo contro la finanziaria si conclude in un nulla di fatto per prescrizione. “Avevo perso la speranza e avevo voglia di morire: scrissi una lettera ai miei cari e mi avviai verso il mare, deciso a mettere in atto il mio proposito, ma improvvisamente fui percorso da un brivido e avvertii una voce che mi imponeva di fermarmi, certo l’anima di mio padre, morto l’anno in cui avevo acquistato l’albergo. In me scattò il coraggio che solo la paura può dare”. Italo “confessa” pubblicamente quello che sta passando, a partire dai suoi familiari, ai quali ha nascosto fino a quel momento la reale situazione. In una tenda inizia una raccolta firme contro l’usura e scopre di non essere la sola vittima di questo reato e che tante altre persone temevano di finire in mano agli strozzini. Nasce così l’idea di creare l’associazione per “unire le forze di tanta gente disperata”.

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