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Omicidio Willy, parla Gabriele Bianchi: ‘Non sono un mostro, non l’ho ucciso, non l’ho toccato’

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Fratelli Bianchi

Continua a parlare Gabriele Bianchi e lo fa dal carcere il ragazzo che insieme a Mario Pincarelli, al fratello Marco e a Francesco Belleggia è dietro le sbarre di Rebibbia per l‘omicidio di Willy Monteiro Duarte, il giovane di 21 anni ucciso di botte la notte tra il 5 e il 6 settembre 2020 a Colleferro. Un sabato sera che sarebbe dovuto essere come tanti e che, invece, si è trasformato in tragedia. Willy voleva solo fare da paciere, difendere un amico, aveva cercato di calmare le acque e invece è stato colpito a morte, calcio dopo calcio, pugno dopo pugno. Una storia terribile, una vicenda che ha segnato e indignato tutti. 

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La lettera di Gabriele Bianchi

Gabriele Bianchi ha parlato in aula, ha ribadito spesso di non essere stato lui a uccidere Willy e ha sempre ‘scaricato’ la colpa sull’amico Francesco Belleggia, l’unico ai domiciliari. E lo ha fatto anche questa volta quando carta e penna ha scritto all’Adnkronos una lettera: “Non ho toccato Willy nemmeno con un dito. L’unico vero responsabile della morte di quel ragazzo pieno di vita è Francesco Belleggia. E’ stato lui a scatenare la lite quella notte, lui a colpire Willy con un calcio al collo quando era in ginocchio, in procinto di alzarsi. Lui, ancora, a negare le sue responsabilità mentre nella sala d’aspetto dei carabinieri lo incalzavamo e ci faceva cenno di star zitti. Ancora lui, paradossalmente, il solo di noi quattro, a trovarsi dal primo momento ai domiciliari”.

Gabriele Bianchi: ‘Mi hanno dipinto come un mostro’

“Sono ormai 17 mesi che vivo da recluso in carcere, dopo 11 mesi passati in isolamento nella sezione G12. Mesi che sono sembrati anni, giorni interminabili scanditi unicamente da una doccia e un’ora d’aria in cunicoli di cemento armato. Ho sofferto immensamente, mandavo di continuo richieste al giudice e alla direttrice perché potessi accedere alla sala comune. Ogni volta mi rispondevano di no, temendo problemi in sezione con gli altri detenuti ‘fomentati’ dall’immagine che di me e di mio fratello davano i telegiornali. Sono stato dipinto come un mostro assassino, ho assistito inerme alle bugie e agli insulti di cui persone sconosciute invadevano i profili social mio e di Marco – spiega Gabriele – E’ orribile vedere le proprie foto in televisione, essere accusato di un crimine che noi non abbiamo mai commesso. E in quel ‘noi’ c’è anche Marco, suo fratello. 

‘Il colpevole è Francesco Belleggia’

“Sono state prese di mira anche le persone a noi vicine, distrutte le nostre vite. Senza sapere che il vero colpevole della morte del povero Willy è Francesco Belleggia”. Gabriele Bianchi ritorna a parlare di Francesco Belleggia, lo fa a caratteri cubitali nella lettera, perché per i fratelli è lui, l’unico ai domiciliari, il vero assassino. Il responsabile di tutto, quello che avrebbe colpito Willy con il calcio fatale. 

Quella maledetta notte è morto un ragazzo pieno di vita per colpa di una stupida lite che Francesco ha scatenato e che lui stesso ha terminato con un calcio al collo di Willy mentre era in ginocchio, in procinto di rialzarsi. Solo un vigliacco può colpire una persona in difficoltà. Un atteggiamento che ha mantenuto davanti al pubblico ministero, quando invece di ammettere di aver partecipato attivamente alla lite e aver colpito Willy, ha scaricato la responsabilità su me e Marco, scatenando così l’odio mediatico nei nostri confronti. Io, che quel ragazzo non l’ho nemmeno sfiorato, mi ritrovo in carcere lontano da mia moglie e da mio figlio, che nemmeno ho visto nascere. Francesco Belleggia, il colpevole di questa disgrazia, che ha riempito di bugie il pm cambiando versione più volte, che ha tracce di dna sulle scarpe, sconta la sua pena a casa”.

‘Soffro per la morte di Willy’

Gabriele Bianchi, però, una cosa la ammette: ha raccontato di essere stato lui a colpire l’amico di Willy, Samuele Cenciarelli. Poi non nasconde il suo dolore, la rabbia e il dispiacere per quello che è successo. Pochi istanti e la vita di Willy, i suoi sogni e il suo futuro sono stati spezzati. Portati via da calci e pugni con violenza.

“La mia unica colpa quella notte, e l’ho anche detto al magistrato, è stata colpire l’amico di Willy, Samuele Cenciarelli. Sto male per la morte di Willy – scrive ancora Gabriele Bianchi all’Adnkronos – per le falsità che hanno girato e che girano e mi chiedo, me lo chiedo sempre, perché i carabinieri di Colleferro non abbiano messo a disposizione eventuali audio e video della sala d’attesa della caserma, dove ci siamo ritrovati tutti insieme poco dopo i fatti e dove Belleggia piangeva disperato, consapevole di aver commesso un crimine. Pincarelli lo incalzava, perché si prendesse le sue responsabilità, io gli chiedevo se all’avvocato avesse detto la verità, di aver colpito la vittima con un calcio in faccia. Mi ha fatto cenno di star zitto, che i carabinieri ci stavano ascoltando. Le bugie sono continuate qui, una volta in carcere. Hanno raccontato di problemi di convivenza miei e di mio fratello con gli altri detenuti, arrivati addirittura a sputarci sui piatti. Falsità su falsità: tutto per distogliere l’attenzione da Belleggia. Tantissime prove, come emerso nel corso delle udienze, sono a suo sfavore. Eppure sembra sia più facile continuare a infangarci, piuttosto che ammettere di aver sbagliato. (…). Io vorrei gridare al mondo la mia innocenza, avrei voluto farlo in primo luogo scrivendo una lettera alla famiglia di Willy, alla mamma soprattutto, che ho visto in aula insieme alla sorella, ma ho temuto che le mie intenzioni potessero essere fraintese. Pagherei oro per poter guardare negli occhi quella donna, dirle che mi dispiace immensamente per Willy, che capisco il suo dolore, essendo padre. Ma non ho toccato suo figlio nemmeno con un dito. L’ho detto a mia moglie, quel giorno anche lei in aula. Vittima come me di illazioni e bugie”.

Il figlio nato senza di lui, le parole di Gabriele Bianchi

“Quella notte non avrei mai dovuto allontanarmi per accompagnare mio fratello e le sue amiche. Non ho avuto rapporti sessuali con quelle ragazze, come inventato dai media. Ma non mi perdono il fatto che mia moglie abbia dovuto partorire e far nascere nostro figlio senza di me, che sia costretto a vederli una volta a settimana.  “Ad oggi sono recluso nella sezione G12 – racconta – in cella siamo in sei e non ho mai avuto problemi, vado d’accordo con tutti, anche con i detenuti delle altre sezioni. La mattina vado a scuola, sono al quarto anno del corso di perito informatico, il pomeriggio mi alleno per tenermi in forma, il mercoledì mattina poi prendo lezioni di pianoforte mentre il sabato pomeriggio vado a messa. Ho presentato decine di richieste per poter lavorare, così da non pesare sulle spalle di mia moglie e della mia famiglia”. Racconta la sua giornata tipo Gabriele Bianchi, lui che dice di pregare e di pensare spesso a Willy affinché venga fatta giustizia. Lui che continua a proclamarsi a gran voce innocente. “Prego tutte le notti che la giustizia trovi il vero responsabile della morte di Willy, per la mamma in primis e per tutti i suoi familiari poi. Confido nella giustizia”. 

E mentre la giustizia farà il suo corso, quello che purtroppo è certo è che Willy è stato ucciso, che la sua famiglia deve sopravvivere a un lutto e cercare di andare avanti. Lo deve fare per quel ragazzo così giovane che aveva tanti sogni nel cassetto e che quella sera non si è tirato indietro. Lui che così esile ha tentato di difendere l’amico, di riportare la calma. Lui che invece è stato pestato di botte e massacrato senza pietà. 

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