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Omicidio Willy Monteiro, i fratelli Bianchi in carcere: ‘Ci sputano nel piatto, ci trattano da infami’

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Fratelli Bianchi

Lo hanno massacrato di botte, calcio dopo calcio, pugno dopo pugno, gli hanno ‘spaccato’ il cuore a metà. Lo hanno lasciato lì a terra, così esile, lui che cercava solo di difendere un amico da quella furia e di fare da ‘paciere’ è rimasto vittima di una brutalità inaudita che ha sconvolto tutti. E’ morto così Willy Monteiro, il giovane di appena 21 anni, che nella serata tra il 5 e il 6 settembre dello scorso anno a Colleferro ha perso tragicamente la vita. Per la sua morte sono in carcere i fratelli Bianchi, Marco e Gabriele, e il loro amico Mario Pincarelli. Dalle auto di lusso ai muscoli sfoggiati sui social, con quella spavalderia di chi pensa di poter ‘conquistare’ tutto, come se quel tutto fosse ‘dovuto’, i tre imputati ora si trovano a fare i conti con una vita diversa, una vita dietro le sbarre. 

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Omicidio Willy Monteiro, i fratelli Bianchi parlano dal carcere 

“Ci stanno i bravi e ci stanno quelli non bravi, ci sputano nel piatto. Ci chiamano infami e una volta ci hanno messo un chiodo dentro il dentifricio”. Sono queste alcune delle parole, riportate dal quotidiano La Repubblica, che Marco Bianchi, in carcere per l’omicidio di Willy, ha riferito al fratello Alessandro durante un colloquio intercettato dai Carabinieri. Sembra provato Marco, che pare sia stato preso di mira dagli altri detenuti. Una vita non facile quella dietro le sbarre, lontana da quella che erano abituati a vivere. Quella che mostravano sui ‘social’, gli stessi social che ora sono presi d’assalto da chi continua a commentare le loro foto, inondando la bacheca di insulti. 

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Situazione analoga anche per Mario Pincarelli, l’altro giovane in carcere per la morte di Willy Monteiro, che al padre ha raccontato di essere stato picchiato e che alcuni, addirittura, gli avrebbe detto di impiccarsi, di togliersi la vita. Ma lui lo ha rassicurato: “Se ti ammazzi da solo Gesù non ti perdona, seconda cosa tengo la famiglia mia che sta di fuori, spero che me danno meno possibile, quando ariscio (riesco), se vado alla comunità”. 

 

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