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ARDEA, MANIFESTI A LUTTO PER LA “MORTE” DELLA LEGALITA’

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IMG_6714Un intero paese tappezzato da manifesti a lutto. E’ questa l’iniziativa presa dal Pd di Ardea, che ha riempito strade, piazze, cassonetti e qualsiasi altro punto possibile con manifesti che riportano la scritta “6 marzo: è morta la legalità ad Ardea”, citando la data del rinvio a giudizio del sindaco e dell’assessore Nicola Petricca, oltre che dell’ex assessore Cassio Roccafiorita e di alcuni dipendenti comunali. Sicuramente lecita l’iniziativa, un po’ meno la modalità con cui è stata effettuata: mettere manifesti selvaggi ovunque, sporcando la città è sicuramente controcorrente rispetto alla legalità che si invoca nel manifesto stesso, anche se non vogliamo sicuramente paragonare una sospetta concussione con l’imbrattamento dell’ambiente… Ma ad Ardea la legalità è sempre più un optional, come dimostra il fatto che i tanto richiesti controlli su attività commerciali abusive non vengono svolti neppure dopo una articolata e chiara interrogazione consiliare presentata e letta ufficialmente in sede di consiglio comunale diversi mesi fa dal consigliere Umberto Tantari che comunque non ha sollecitato la risposta non ancora pervenuta. Tanto, a sollevare il problema ci pensano i giornalisti… L’intera vicenda lascia comunque molti dubbi, visto l’evidente abuso commerciale che si svolge in manufatti situati sui terreni ad uso civico demaniale senza che questi abbiano alcuna regolarità urbanistica. Perché nessuno tenta di bloccare il commercio svolto abusivamente in quest’area? Sull’argomento il sindaco, sentito telefonicamente, ha dichiarato: “Io non conosco il problema: questo è un tema che riguarda i dirigenti del settore. E comunque per quei capannoni hanno tutti una domanda di condono”. Una risposta che lascia increduli, dal momento che è risaputo che anche i familiari dello stesso sindaco erano assegnatari di quei terreni sui quali ancora viene svolta attività agricola,  terreni oggi ricevuti in “eredità” e quindi nella disponibilità del sindaco, che ben sa che nulla si può realizzare in quei terreni, neppure la piantumazione di alberi da frutto, figuriamoci costruirci dei capannoni industriali. Tanto che il sindaco è uno dei pochi che ci svolge attività agricola come da statuto dell’uso civico. Certo le domande di condono esistono, ma non sono mai state lavorate, perché altrimenti dovrebbero essere rigettate ed i capannoni demoliti. Va ricordato come nel secondo consiglio comunale dell’era Di Fiori fu presentata ed approvata una delibera di consiglio che riconosceva che esistono dei capannoni dove si svolgono attività non autorizzate e si chiedeva al dirigente dell’epoca (Arch. Antonello Rocca) di studiare come poterle legalizzare. In quella votazione parteciparono, votando favorevolmente, anche i figli di quanti hanno capannoni e terreni nei 706 ettari demaniali, ovvero persone interessate. Il sindaco al momento del voto abbandonò l’aula, lasciando la ratifica della delibera con il relativo cerino in mano alle persone interessate. Va anche detto che alcuni controlli da parte della polizia municipale,  scortati addirittura dai carabinieri della locale tenenza al comando del luogotenente Antonio Landi, furono eseguiti,  senza però nessun risultato tangibile. Le attività continuano a restare aperte pur non avendo titoli per continuare ad operare. Perché si sequestrano cantieri edili abusivi (giustamente) mandando a casa diverse maestranze ed il loro indotto? Ma perché due mesi e due misure? E perché nessuno domanda al Tantari il motivo per cui non chiede più dove sia finita la sua interrogazione? Il persistere di questo stato di cose in quella che da tempo viene definita la terra di nessuno fa sì che ad Ardea davvero la legalità possa essere considerata un accessorio da adottare solo quando conviene. Forse, dopo l’uscita di questo articolo, nel consiglio comunale che si terrà il 13 marzo (se non viene a mancare il numero legale) non solo il Tantari ma addirittura tutta l’opposizione – alla quale potrebbe aggregarsi anche il consigliere Luca Fanco – potrebbe chiedere spiegazioni.  Ma se  non venissero presentate richieste di risposta, allora sì che il manifesto affisso oggi dal PD avrebbe un senso, perché significherebbe che davvero ad Ardea la legalità è morta.

Luigi Centore

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