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Pomezia, il Comune “casa di vetro” o “cortina di ferro”?

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La polemica relativa alle contravvenzioni elevate alle vetture parcheggiate fuori dalle strisce che delimitano i posti auto davanti ai nuovi uffici comunali al campus Selva dei Pini ha portato nuovamente all’attenzione dell’opinione pubblica le difficoltà che ultimamente molti riscontrano nell’accedere a quella che dovrebbe essere “la casa dei cittadini”. Interessante, su questo argomento, l’articolo scritto da Martina Zanchi su Il Caffè. La giornalista punta il dito sul nuovo regolamento, che complica oltremodo l’accesso agli uffici comunali. “Il Sindaco di Pomezia, e di conseguenza tutto il suo team di Assessori, vogliono tener salde in mano le redini di tutto ciò che accade in Comune, fino al punto di monitorare con precisione certosina i movimenti di “visitatori” (giornalisti inclusi) e persino (soprattutto?) dei consiglieri comunali – scrive la Zanchi – Il nuovo regolamento di disciplina dell’accesso agli uffici comunali, compresi quelli del complesso Selva dei Pini – dove attualmente si trova l’Urbanistica – è un compendio di regole e procedure per chiunque, esclusi il Sindaco, gli Assessori, il Presidente del Consiglio e i dipendenti comunali (per cui basta il riconoscimento a vista), si trovi a calcare le mattonelle del pavimento del Comune”.
“Per poter superare la porta dell’atrio, si legge nel regolamento, consiglieri e visitatori devono passare per una prima verifica telefonica, quando l’operatore nel gabbiotto si accerterà che la persona con la quale si ha “l’esigenza di conferire” sia presente. Poi si dovrà passare per l’identificazione, a seguito della quale sarà rilasciato un badge (a proposito: non esiste più il pass “Stampa”, comunemente utilizzato per i giornalisti che accedono al Comune per svolgere il proprio mestiere). Ma non è finita qui: “Al visitatore o Consigliere Comunale, inoltre, dovrà essere consegnato apposito modulo riportante i dati identificativi, l’orario di accesso, l’ufficio / dipendente / Amministratore presso il quale deve recarsi, che dovrà apporre la firma che attesti l’avvenuta visita e l’orario di fine della stessa. Dopo la riconsegna del suddetto modulo, al personale che ha curato la procedura di accesso, completo in tutte le sue parti unitamente al badge rilasciato, al visitatore ed al Consigliere Comunale verrà restituito l’eventuale documento di riconoscimento depositato”. Non resta che attendere l’introduzione del body scanner”, prosegue Martina Zanchi, che aggiunge: “Insomma, è finito il tempo in cui in Municipio si vedevano girare senza meta (?) vecchi consiglieri comunali e personaggi più o meno noti. Il Sindaco e la Giunta lo hanno chiarito benissimo. Ma se non fa di certo bene a un’istituzione come quella del Comune l’eccessiva “permeabilità” verso l’esterno, è quantomeno spiazzante l’attenzione con cui, ad oggi, si cerca di ridurre al minimo e al più controllato possibile l’accesso nel palazzo e alle informazioni che vi sono contenute. Cos’è accaduto in questi mesi in Comune, da spingere la Giunta a provvedimenti così restrittivi verso chi non fa parte del “cerchio magico”? Di certo il palazzo comunale non dà più l’impressione di essere quella “casa di vetro” che fin dall’inizio il Movimento 5 Stelle ha dichiarato di voler creare. A fronte della tempestiva pubblicazione sull’Albo Pretorio online degli atti (che non era prassi negli anni passati ma che, d’altra parte, è diventata un obbligo di legge), sono tanti gli episodi che danno l’evidenza di come tutto debba passare per il filtro del Primo cittadino. Dall’allontanamento di due giornaliste nell’agosto 2014 per bocca dell’assessore Veronica Filippone, con l’avallo del Sindaco, colpevoli di non essere state «né invitate né autorizzate» a stazionare nell’atrio del Comune per svolgere il proprio lavoro (episodio che ha destato lo sdegno di diverse organizzazioni sindacali e di quotidiani nazionali come Repubblica e Il Fatto Quotidiano), fino al provvedimento con cui ai dipendenti comunali è stato proibito di fare accenno all’esterno a quanto accade nel proprio orario di lavoro, la sensazione è quella di una “cortina di ferro” che aleggia tra le stanze del Municipio. Un insieme di provvedimenti che, visti nell’insieme, non giovano alla tanto proclamata trasparenza”.

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