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Pomezia, fu trasferimento illegittimo: il Comune dovrà risarcire il geometra con 23mila euro

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Comune condannato a risarcire per “danno alla professionalità” un dipendente trasferito “illegittimamente” da un settore all’altro, contro la volontà del dipendente stesso. E’ quanto è accaduto in questi giorni a Pomezia: il Tribunale in composizione monocratica, in persona della dott.ssa Raffaella Falcione quale Giudice del lavoro, nel corso dell’udienza svoltasi il 27 giugno, ha infatti pronunciato la sentenza nella causa civile di primo grado vertente tra Francioni Giuseppino e il Comune di Pomezia, in persona del Sindaco pro-tempore. 

La vicenda, che risale al 2013, si conclude almeno per il momento con una sentenza molto favorevole al dipendente del Comune il quale aveva subito, stando alle parole del giudice, un trasferimento illegittimo.

Il tribunale infatti, si legge nel documento, “Accerta e dichiara l’illegittimità del trasferimento d’ufficio del Geometra Francioni Giuseppino disposto dal Dirigente pro-tempore del Servizio Risorse Umane del Personale del Comune di Pomezia con nota di protocollo n. 205 del 2.01.2013, e per l’effetto dispone che il medesimo sia ricollocato nel Settore XI Edilizia Privata – Urbanistica e Assetto del Territorio del citato Comune. Condanna il Comune resistente, in persona del Sindaco pro-tempore, a corrispondere al ricorrente a titolo di risarcimento del danno alla professionalità, per come riconosciuto nella parte motiva, la somma complessiva di € 20.000,00, oltre accessori come per legge dal deposito della sentenza al saldo”.

Ma questi 20 mila euro non sono gli unici soldi che il Comune (e quindi i cittadini) deve sborsare: ci sono anche le spese di lite, che il giudice liquida in € 4.500 oltre IVA e CPA, e un rimborso, sempre a favore di Francioni, di € 3.000 oltre IVA e CPA.

Le motivazioni

Il giudice ripercorre poi nella sua sentenza tutta la vicenda, partendo dal percorso professionale di Francioni sin dal 2006, per arrivare al momento in cui, nel 2012, l’allora Dirigente del Settore Edilizia Privata ed Urbanistica, dott.ssa Arch. Anna Ferrazzano, gli inviava una comunicazione con cui lo collocava “a disposizione” tramite mobilità interna, con la motivazione che era venuto meno il “rapporto fiduciario” con il dipendente.
Provvedimento subito contestato da Francioni, che non solo non ottenne nessun risultato, ma che – nel 2013 – veniva spostato dalla Dirigente del settore Personale e Relazioni Istituzionali Carla Mariani dal Settore urbanistica a quello Pubblica Istruzione e cultura, nonostante il titolo di studio di Francioni fosse di geometra, motivo per cui il dipendente non aveva incarichi corrispondenti alla sua professionalità.
“Tale atteggiamento “persecutorio” da parte del Comune di Pomezia – si legge nella prefazione della sentenza – proseguiva nel corso del tempo ed infatti veniva trasferito dapprima presso il Settore Trasporti e successivamente presso i servizi cimiteriali”.

Le richieste

“Ciò premesso – viene riportato nel documento del Tribunale – chiede che sia ordinato all’amministrazione comunale resistente di disporre il suo trasferimento al Settore Edilizia Privata – Urbanistica e Assetto del Territorio e che la stessa, previo annullamento o disapplicazione della determina n. 36/SEGGEN1 dell’11 aprile 2013, sia condannata a corrispondere in suo favore la somma di € 53.900,00 pari alle retribuzioni non percepite per il mancato affidamento della Posizione Organizzativa, ed a regolarizzare la sua posizione contributiva. Chiede, infine, la condanna del Comune di Pomezia a risarcirgli il danno non patrimoniale (professionale e biologico) e al pagamento delle spese processuali”.

Ma il sindaco non ci sta, a questa richiesta, e si costituisce parte civile, fornendo la versione dei fatti del Comune.

Le conclusioni

Nelle udienze vengono ascoltati i testimoni e valutata la situazione e, al termine, ecco la sentenza che dà ragione a Francioni, anche se con un rimborso pari più o meno a un terzo di quanto il suo avvocato aveva inizialmente richiesto.
Il Giudice ha ritenuto di risarcire il dipendente con quello che è stato riconosciuto come mancato guadagno a causa della differente mansione e con un importo compensativo per il danno professionale e biologico pari appunto a 23.000 mila euro (di cui 3.000 per le spese di lite).

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