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Pomezia, intreccio mafia e criminalità: D’Alessandri porta due degli arrestati nell’operazione ‘Equilibri’ in tribunale

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Si doveva svolgere oggi l’udienza preliminare davanti al G.U.P. di Velletri che vede imputati, tra gli altri, M.D.F. e T.F. con l’accusa di sequestro di persona e rapina, oltre ad altri capi d’imputazione. L’udienza appena aperta è stata però rinviata al 9 luglio (giorno in cui si deciderà per il rinvio a giudizio) anche a causa della forzata “assenza” dei due imputati, che si trovano in carcere in quanto arrestati nei giorni scorsi nel corso dell’operazione “Equilibri”, quella che a Torvaianica, Pomezia e Ardea ha portato all’arresto di 34 persone, principalmente della famiglia Fragalà e comunque ad essa collegate.

L’indagine che ha permesso di smantellare l’organizzazione criminale del clan Fragalà potrebbe essere legata proprio a quest’altra vicenda che negli anni scorsi scosse la città di Pomezia, per la quale oggi si doveva svolgere la prima “tappa” davanti al Giudice per le udienze preliminari. Si tratta delle vicende legate all’ex consigliere Fiorenzo D’Alessandri il cui nome è emerso, insieme a quello di Omero Schiumarini, proprio nell’operazione “Equilibri”.  

D’Alessandri, ex esponente PD, con i dem che lo hanno espulso non appena divulgate le carte dell’inchiesta (ma a quanto pare D’Alessandri non poteva essere espulso in quanto non iscritto al partito), era rimasto vittima, ricorderete, di tutta una serie di gravi atti intimidatori che toccarono l’apice con il sequestro della figlia allora 12enne. Ebbene: due delle persone coinvolte e arrestate nell’indagine che ha posto fine all’egemonia dei Fragalà sul quadrante di Pomezia e Ardea sono a processo proprio per i fatti in cui D’Alessandri risulta parte lesa e parte civile. 

In particolare, l’ex Consigliere pometino subì un attentato incendiario, in cui bruciarono tre auto, e soprattutto una rapina in villa (bottino da 250mila euro) con il contestuale sequestro di 4 cugini, due maggiorenni e due minorenni (all’epoca dei fatti, ndr), tra cui la figlia minore dell’ex consigliere. In un primo momento venne escluso un legame tra i due accadimenti, avvenuti a distanza di circa un mese l’uno dall’altro (era il 2014), ma tre anni dopo, una volta individuati i responsabili e avviato il processo, vennero rinviate a giudizio 5 persone, ritenute i presunti autori sia dell’incendio alle auto parcheggiate nella rimessa che del sequestro a scopo di rapina che aveva traumatizzato la figlia e i nipoti del consigliere, minacciati di morte e tenuti sotto tiro da armi da fuoco. 

Inchiesta Equilibri e attentati a D’Alessandri legati a doppio filo: ma in che modo?

E veniamo all’incrocio dei nominativi tra le due inchieste. E’ bene precisare che Fiorenzo D’Alessandri non risulta indagato nell’inchiesta che ha portato allo smantellamento dei Fragalà, così come del resto Omero Schiumarini, sebbene per i magistrati entrambi abbiano ricoperto un ruolo nei progetti del presunto boss Alessandro Fragalà circa l’intenzione di “riprendersi il Comune di Pomezia”. 

I due infatti erano stati individuati, sempre secondo quanto emerso dagli atti d’indagini, come sorta di “mediatori” per portare in Comune persone “presentabili” ma in grado di fornire l’appoggio necessario alle attività del clan. Tutto questo, chiaramente, è al momento l’ipotesi su cui si fonda l’accusa in attesa dei processi nei confronti degli arrestati.

Ma quello che sarebbe da capire è: davvero D’Alessandri avrebbe potuto stringere un patto con qualcuno che aveva puntato una pistola addosso alla figlia 12enne, sparato contro l’auto del figlio e compiuto altri attentati a suo danno? Non è che la faccenda è ancora più complessa di quello che sembra?

Ad ogni modo, che ci sia stato un qualche tipo di legame e relazione tra alcuni esponenti dei Fragalà e il binomio Schiumarini-D’Alessandri gli inquirenti sembrano non aver dubbi come si legge, ancora, negli atti depositati presso il foro di Velletri; ma è inevitabile che, alla luce di questo collegamento con le minacce e gli attentati subiti dall’ex consigliere pometino, le indagini saranno chiamate a chiarire anche questi aspetti, cioè se, ed eventualmente in che misura, le relazioni tra D’Alessandri e il clan possano essere state o meno quantomeno condizionate dagli attentati subiti da D’Alessandri e dalla sua famiglia. 

I nomi

In particolare per gli attentanti incendiari e per la rapina con sequestro sono sotto processo M.D.F. e di C.I., due delle persone che compaiono nell’elenco delle 34 persone ora finite nel mirino dell’operazione “Equilibri”. In particolare, per i primi fatti, le ricostruzioni fatte dagli inquirenti hanno appurato che l’ex consigliere era stato costretto a sottoscrivere un contratto di vigilanza privata con la società di proprietà di M.D.F. e di C.I.: entrambi sono ritenuti gli ideatori e i mandanti sia dell’attentato con le bottiglie incendiarie del 13 gennaio 2014 che della rapina con sequestro di persone del 15 febbraio 2014.

Al di là dunque dei singoli procedimenti giudiziari in corso restano aperti diversi interrogativi: perché D’Alessandri avrebbe dovuto continuare ad intrattenere contatti con due persone legate in qualche modo al clan Fragalà dopo quanto subito nel 2014 (non a caso lo stesso D’Alessandri dichiarò: «Mettere la pistola puntata alla testa di mia figlia e di mia nipote è stata la cosa più terribile che si potesse fare»)? L’ex consigliere pometino aveva subito ulteriori minacce? Oppure cos’altro c’è sotto, ammesso chiaramente che le due vicende siano collegate? Non ci resta che attendere l’avvio dei nuovi processi, ma nel frattempo abbiamo chiesto un’intervista esclusiva a D’Alessandri, che verrà pubblicata nei prossimi giorni sul nostro giornale.

 

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