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Pomezia, mare inquinato: lo scandalo dei depuratori a Torvaianica, ecco cosa abbiamo scoperto

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Acqua azzurra, acqua chiara…”: così cantava Lucio Battisti nel 1970. Chissà se tali parole
verrebbero completamente modificate alla vista dell’acqua del mare di Torvaianica dell’estate 2017…

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Più volte, infatti, i cittadini hanno segnalato colori e odori sospetti, filmando e fotografando melma, schiuma, pesci morti e tanto altro che a tutto fa pensare tranne a un mare pulito. Ma si tratta solo di un’impressione visiva (e olfattiva, calcolando i cattivi odori che spesso si avvertivano soprattutto alla foce dei vari fossi presenti a Torvaianica) oppure le lamentele dei bagnanti avevano fondamento? Per cercare di capire come stanno realmente le cose abbiamo intervistato due persone che possono essere considerate esperte in materia: Giovanni Conte, presidente del Consorzio Molluschi dell’intera provincia di Roma, e Paolo Fiorentini, Operatore Tecnico Subacqueo specializzato in condotte di depurazione. Entrambi vivono e lavorano da sempre a Torvaianica, uno come pescatore, l’altro come perito e manutentore per la parte riguardante le condotte sottomarine di scarico, incarico che ha ricoperto per anni anche per gli impianti di depurazione pometini, cosa che rafforza la loro credibilità. Ma ecco quello che ci hanno raccontato.

Una vita in mare: la testimonianza di Giovanni Conte

“Il mio compito all’interno del Consorzio è quello di tenere costantemente monitorata la qualità dell’acqua di tutto il litorale della provincia di Roma, quindi anche di Torvaianica. Per avere sotto controllo la situazione relativa all’inquinamento, ogni 15 giorni facciamo analizzare le acque dalla ASL, mandando poi i risultati alla Regione Lazio che, a sua volta, li trasmette al Comune di competenza”. 

Parliamo di Torvaianica: qual è lo stato di salute delle nostre acque?
“Purtroppo per niente buono. Per quanto riguarda il 2017, le analisi hanno fatto emergere dei risultati preoccupanti: tutto il tratto che va dal fosso di Pratica di Mare, a Campo Ascolano, fino all’estremo sud, quindi al confine con Marina di Ardea, risulta fortemente inquinato. Le analisi vengono fatte dai tecnici ASL direttamente dalle nostre barche, che mettiamo a disposizione gratuitamente per effettuare i prelievi dei campioni di acqua”.

A quanta distanza dalla riva, e soprattutto dai canali di scarico, viene fatto il prelievo?
“A 30 metri dalla riva e ad almeno 500 metri dai canali. Inizialmente i prelievi venivano fatti molto più vicino ai fossi, ma i risultati relativi alla presenza di batteri e quindi di inquinamento venivano ovviamente amplificati dalle acque provenienti dai canali. È stato quindi deciso di “allargare” il raggio e di spostarsi per avere dati che tenessero conto solo dell’effettiva presenza di inquinanti in mare, a notevole distanza da possibili ‘interferenze’ che comunque sono invece percepibili stando a riva e nei pressi dei fossi, dove si registrano le criticità maggiori”.

I monitoraggi che prima venivano effettuati davanti al fosso di S. Giuseppe sono quindi stati spostati all’altezza dei Tre Delfini, ma anche lì la situazione era drammatica.
“Ci siamo allora spostati ancora, arrivando man mano fino all’altezza dello stabilimento Tinga da un lato e Piccolo Porto dall’altro, ma i risultati non sono cambiati di molto: i valori dell’escherichia coli (batterio che porta anche la meningite, ndr) sono superiori di 6 volte al consentito”.

Due domande: perché viene valutato solo questo batterio e quali sono i parametri di riferimento?
“La Asl desume che, se presente l’escherichia coli, sono presenti anche tutti gli altri batteri. Riguardo i parametri, il limite che si dà per definire l’acqua non contaminata (zona classificata come A) è 300, mentre la concentrazione batterica a Torvaianica è compresa tra 1800 e 2000”.

Cosa comporta l’eccessiva presenza di questo batterio?
“Per noi pescatori di molluschi significa che tutto ciò che viene pescato nel mare di Torvaianica deve essere portato in un impianto di stabulazione per essere depurato (il processo dura una giornata, ndr) prima di essere messo in vendita. Torvaianica è sempre stata una zona classificata come A, quindi mare con valori batterici nella norma. Adesso, a causa di questo inquinamento, abbiamo avuto il declassamento in zona B. Quindi, per poter essere consumato, il nostro prodotto deve obbligatoriamente essere prima depurato”.

Come si fa a essere sicuri che vuoi adempiate a questo obbligo sanitario?
“Attraverso la tracciabilità obbligatoria del prodotto. Solo gli abusivi ne sono privi. E, parlando di questo, vorrei mettere in guardia tutti coloro che – soprattutto l’estate appena trascorsa – hanno acquistato telline e molluschi in genere da persone non autorizzate, persino ai semafori: si tratta di prodotti che non hanno fatto la depurazione, quindi pericolosi per la salute”.

Se lato pescatori il danno è soprattutto economico, quali sono i rischi dei bagnanti? Vedere l’acqua marrone, in particolar modo dopo un giorno di forte vento o di pioggia, è solo sintomo di mare mosso o c’è dell’altro? Quali sono i rischi?
“Partiamo dal presupposto che fare il bagno nell’acqua inquinata non è il massimo per la salute umana. L’ARPA non valuta i batteri come l’escherichia coli, ma basa le sue analisi su altri dati, quindi il vero stato di salute del mare non è conosciuto dai più. Per quanto riguarda il fatto che i bagnanti abbiano notato più volte melma e acqua torbida, questo purtroppo dipende dai depuratori che secondo me non fanno correttamente il loro lavoro”.

In che senso?
“Ho visto con i miei occhi – e ho anche fotografato – cosa accade quando il mare è molto mosso e si suppone che nessuno esca per in barca per pescare. Dai canali, e quindi dai depuratori, fuoriescono liquidi che tutto sembrano tranne che depurati. Dalla mia ormai più che trentennale esperienza, mi sembrerebbero piuttosto fanghi sversati direttamente. I fanghi, se correttamente depurati, non producono l’effetto che invece è stato notato più volte anche dai bagnanti”.

Che cosa significa “sversamento diretto”?
“Significa ‘sparare’ direttamente il contenuto delle fognature in mare, senza effettuare i corretti – ma costosi – procedimenti di depurazione”.

Cosa le fa supporre una simile ipotesi?
“Posso solo raccontare la mia testimonianza diretta. Il 29 luglio sono passato con la mia imbarcazione davanti a uno dei canali, nonostante ci fosse mare mosso. Ho notato qualcosa di strano e ho tutte le foto da poter mostrare a supporto di quanto dico. C’era una ‘bolla’ di sporcizia che arrivava dal canale. Le deduzioni su quello che è un mio convincimento dovuto all’esperienza le deve fare chi di competenza”.

Cosa ha fatto nell’immediato?
“Non volevo creare allarmismo nel pieno della stagione balneare rivolgendomi alla stampa, quindi ho chiamato l’assessore all’ambiente Riccardo Borghese per metterlo al corrente dei fatti. Premetto che questo di questo fenomeno ricorrente avevo già informato l’amministrazione comunale, e in particolare l’assessore, già a febbraio, quindi ben prima che iniziasse l’estate, ma non è stato fatto nulla di concreto. A luglio ho preteso risposte e mi è stato detto che l’amministrazione aveva verificato le acque, ma visto che i depuratori sono dell’Acea non si poteva andare all’interno degli impianti per fare controlli anche lì”.

Una risposta quanto meno sconcertante, visto che è vero che gli impianti sono in gestione all’Acea, ma di proprietà comunale, quindi essendo il Comune responsabile, un “controllino” all’interno si deve pur poter fare.

“Il problema è che se il controllo alle acque o agli impianti si fa quando il mare è calmo, è ovvio che sembri, almeno in apparenza, tutto a posto. Se i controlli si facessero con il mare mosso non so cosa potrebbe risultare”.

Ma se i risultati delle analisi dimostrano dati molto alterati rispetto alla norma, come è possibile che venga detto che è tutto a posto?
“Ma lei immagina solo lontanamente quanto potrebbe costare mettere a norma quegli impianti, che sono stati costruiti più di 30 anni fa, quando le leggi erano diverse?”.
Noi lo immaginiamo, ma non per questo – qualora davvero ci fosse qualcosa che non è a norma o non funziona – si deve far finta di niente.

“Innanzi tutto bisognerebbe dare un’occhiata alle distanze: per legge i liquami provenienti dai depuratori dovrebbero essere liberati a 1,6 miglia dalla costa, ovvero a circa 2,5 chilometri di distanza. Invece i “nostri” depuratori ‘sparano’ uno a circa 900 metri e l’altro a circa 1,6 chilometri. Anche il livello di profondità non corrisponde a quanto previsto dalla normativa, perché sono molto più superficiali. Questi due elementi ovviamente si traducono in mare più sporco a riva”.

Può dimostrarlo?
“Anche di questo abbiamo le foto, ma basta che un sub si immerga per verificarlo”.

Lei all’inizio ha detto che i risultati delle analisi quindicinali che effettuate insieme alla Asl vengono poi trasmessi al Comune, quindi è impossibile che l’amministrazione locale non sappia che presentano valori altamente inquinati. È stato fatto qualcosa, che lei sappia?
“Il Comune è perfettamente informato dei valori delle analisi (ci mostra e ci fornisce copia del documento che dimostra che in copia c’è anche l’amministrazione comunale pometina, ndr). Per prima cosa dovrebbe controllare se i depuratori, quando il mare è mosso, sversino o no direttamente. Altri elementi fortemente inquinanti sono il fatto che zone come Martin Pescatore sud non abbiano fogne e scarichino direttamente a mare attraverso il fosso di S. Giuseppe: anche questa è una cosa che il Comune sa. Nel fosso di Rio Torto, invece, scarica il cimitero di Pomezia. A dimostrazione di quanto affermo c’è il ritrovamento in mare, qualche tempo fa, di un copribara: per rimuoverlo era dovuto intervenire un carro funebre, perché si trattava di un rifiuto speciale. Un altro grosso problema che dovrebbe essere risolto dal Comune è quello relativo degli scarichi abusivi nei fossi. In più, nel corso della pioggia torrenziale del 10 settembre, si sono riversate nei fossi, e quindi nel mare, tonnellate di veleno: tutti i metalli pesanti utilizzati in agricoltura per avere frutta e verdura “perfetta”, sono finiti in acqua insieme alla terra e al fango. Tutto questo, messo insieme, sta uccidendo il mare”.

UNA VITA SOTT’ACQUA: LA TESTIMONIANZA DI PAOLO FIORENTINI

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Riuscire a rendere chiara e comprensibile in poche parole la situazione relativa ai depuratori e ai fossi che sfociano nel mare di Torvaianica non è semplice. Ci proviamo con quello che sul territorio è sicuramente il massimo esperto del settore, Paolo Fiorentini, subacqueo perito e manutentore per anni proprio di quelle condotte.

Partiamo da una domanda scomoda: perché non lavora più al controllo di queste condotte?
“Perché, per dirla tutta, ‘rompevo le scatole’”.

Cioè?
“Ogni volta che mi immergevo facevo relazioni su quanto non andava bene e chiedevo che venisse messo a posto. Davo fastidio, perché continuavo a pretendere cose che evidentemente nessuno voleva fare”.

Fiorentini, proprio per la sua notevole esperienza, fu chiamato nell’inverno del 2013 dal Movimento 5 Stelle per prendere parte al Gruppo di Lavoro che si doveva occupare di ambiente e della salute del mare, elemento fondamentale anche per il rilancio turistico di Torvaianica. Le sue relazioni furono talmente serie e convincenti che l’allora candidato sindaco Fabio Fucci, supportato dai suoi più stretti collaboratori, inserì l’argomento al punto 22 del programma elettorale (Operazione mare pulito), cosa che spinse ecologisti e amanti del mare dare la propria preferenza ai grillini piuttosto che agli altri candidati.
Riportiamo un estratto del punto in questione: “Verifica dello stato dei depuratori presenti nel territorio comunale e del loro sistema di scarico dei liquami trattati, sia relativamente agli impianti di smaltimento nei fossi, che per quelli che avvengono tramite le condotte sottomarine, con valutazioni accurate sull’impatto ambientale dei complessi stessi, per gli effetti sull’ecosistema e la balneazione della costa. Promuoveremo ed incentiveremo, dovunque sia possibile, gli impianti di fitodepurazione delle acque reflue anche a integrazione e completamento della depurazione tradizionale”.

È stato fatto qualcosa in questi anni riguardo il punto in questione?
“Da quello che posso vedere, assolutamente niente. È rimasto lettera morta”.

E qual è la situazione adesso?
“Non buona. Partiamo dalla cosa più semplice: per legge, il punto dove la condotta del depuratore termina, ovvero il punto in cui scarica i liquami, deve essere segnalato da una meda (una grossa boa, ndr). Ai tempi in cui le condotte furono costruite, una negli anni 70, l’altra negli anni 80, erano state messe, ma nel tempo si sono sganciate e sono sparite. Questo è successo sia perché le due condotte terminano troppo vicino alla riva (la legge dell’epoca lo permetteva, quella attuale no) sia perché gli ancoraggi evidentemente non erano stati fatti bene. Ma nessuno ha mai provveduto a rimetterle. Questo determina che quando passa un’imbarcazione che non sa dove sia esattamente la condotta, quest’ultima viene agganciata dagli ancoraggi delle barche e danneggiata. Il risultato di questi continui danneggiamenti sono dei fori da cui fuoriescono i liquami in maniera non corretta e l’allentamento della flangia che tiene i vari pezzi di cui è composta la condotta, facendo uscire anche da lì il liquame”.
Ma non è tutto.
“Le anomalie di queste condotte sono diverse: innanzi tutto sono troppo corte rispetto a quanto prevede l’attuale normativa. Una, quella del fosso della Crocetta, è lunga solo 900 metri, l’altra, quella del fosso di Pratica, 1600 metri, quindi ben al di sotto di quanto previsto dalla legge. Inoltre, alla fine della condotta non c’è il diffusore, anche questo obbligatorio per legge”.

Di cosa si tratta?
“Quando il liquame viene trattato, l’acqua reflua viene abbattuta nella carica batterica, che comunque resta. Il trattamento di depurazione finale lo fa il mare. E lo fa in maniera egregia se quello che arriva è un liquame trattato adeguatamente a monte e scaricato in maniera ‘graduale’. Faccio un esempio pratico: adesso le condotte sono tubi che sparano a velocità elevata i liquami, che restano in questo modo concentrati e densi. L’abbattimento della carica batterica da parte del mare non avviene quindi in modo efficace. Con i diffusori, invece, la fuoriuscita del liquame avviene nel modo corretto”.

Queste che mi ha elencato possono essere le cause del cattivo odore e dell’aspetto “melmoso” dell’acqua notato da molte persone questa estate?
“Sono concause che si sommano ad altri motivi, come ad esempio il trattamento che avviene a terra, nei depuratori, che non avviene nella maniera migliore per la salute delle acque del mare”.

È certo di quello che dice?
“Mi spiego meglio: esiste tutto un passaggio di decantazione delle acque nere che deve essere fatto con un monitoraggio costante che valuti, a seconda della temperatura esterna, della stagione e di altri fattori importanti, il tipo di inquinanti, organici o inorganici, che prevale. Solo con analisi costanti che valutino questi parametri si può regolare adeguatamente la depurazione nelle vasche. Ma l’analisi costante non mi risulta che venga fatta. In più, vorrei segnalare che con l’ampliamento del depuratore di via Zara, nel 2008, era previsto che nella parte vecchia si facesse la depurazione chimica e poi i liquami venissero ‘sparati’ in mare dalla condotta, mentre nella parte nuova i liquami trattati chimicamente, invece di essere immessi nella condotta, venissero versati direttamente nel fosso: con questa procedura, il liquame percorre le ultime centinaia di metri prima di arrivare in mare nel canale, per poi sfociare a riva e non al largo. E se già 900 metri non sono sufficienti per garantire un risultato ottimale, figuriamoci questo tipo di procedimento cosa provoca”.

Ma si può fare una cosa del genere?
“La legge lo consente, perché il fatto viene giustificato dicendo che l’ultimo passaggio dei liquami prima di raggiungere il fosso lo fanno passando sotto al ‘trattamento UV’, ovvero ai raggi ultravioletti. Questo potrebbe avere un senso su quantità minime di liquami e su acque sufficientemente chiare, perché il trattamento UV funziona solo quando il liquido non presenta torbidità”.
Quindi, per assurdo, la depurazione fatta dal nuovo impianto sarebbe peggiore di quella fatta dal vecchio impianto.

Ma di chi sono questi depuratori?
“Vengono gestiti da Acea Ato2, a cui furono affidati nel corso dell’amministrazione De Fusco”.

Il Comune ha la facoltà di intervenire per verificare cosa viene fatto e come?
“Il Comune è proprietario dell’impianto e responsabile della depurazione delle acque, è praticamente il garante di un servizio svolto da terzi. Ha quindi l’obbligo di controllare. L’attuale amministrazione ha la responsabilità da quando è entrata in carica”.

Che lei sappia sono stati fatti i dovuti controlli, nella maniera corretta?
“Non mi risultano esserci relazioni che attestino la situazione in modo trasparente e completo, o azioni volte a migliorare la situazione, nonostante fosse questo uno dei punti forti del loro programma elettorale”.

Ma rispetto a quattro anni fa, la situazione è migliorata o peggiorata?
“Purtroppo peggiorata, perché i problemi che ho elencato prima, come le fuoriuscite dalle condotte rovinate, non sono stati risolti. Io continuavo a dirlo ogni volta che mi immergevo per una piccola riparazione, facendo relazioni che inviavo al Comune, alla capitaneria di Porto e a tutti gli uffici competenti. Ma evidentemente questo mio continuo grido d’allarme non era accolto nella maniera giusta, visto che non mi hanno più chiamato. Ma questo non significa che io non abbia continuato a seguire, da privato cittadino, la situazione, continuando a immergermi e a verificare se erano avvenuti cambiamenti”.

Lei può dimostrare quello che dice?
“Le foto e i video che ho fatto lo possono dimostrare meglio di me”.

Le relazioni su questo argomento ci sono, le foto e i video anche. In più, ci sono le testimonianze di tanti bagnanti che hanno visto arrivare dai canali liquidi sospetti, come scritto anche dagli esponenti del movimento ecologista Italia Equosolidale.
Forse è arrivato il momento di fare davvero qualcosa di serio per la salute del nostro mare: gli spot elettorali non servono a eliminare l’inquinamento, la melma e la puzza.

La replica del Comune di Pomezia

Per il Comune di Pomezia, nonostante le lamentele dei bagnanti, le testimonianze da noi raccolte, le foto e i video che testimoniano una situazione non certo rosea, il mare di Torvaianica non ha problemi. Abbiamo inoltrato – attraverso l’ufficio stampa del Comune – le seguenti domande all’assessore Borghesi, chiamato in causa nel corso della nostra inchiesta. Nel 2013 uno dei punti forti del programma elettorale era il n. 22 (Operazione mare pulito): niente di quanto scritto in quel punto risulta essere stato fatto in quattro anni. Perché? E perché sono stati ignorati i segnali di allarme arrivati non solo da fonti autorevoli ma anche dai cittadini che puntualmente mostravano un mare sporco, melmoso e puzzolente? Perché non si fa nulla per mettere a norma le condotte, che sono troppo corte rispetto alla legge attuale?

E questa la risposta dell’assessore Borghesi: “In questi anni abbiamo monitorato costantemente la situazione del nostro mare. Non è assolutamente corretto dire che nulla è stato fatto. Come noto, i depuratori sono gestiti da Acea, che ci comunica regolarmente i progetti, le iniziative e le migliorie apportate e da apportare. Nel corso della stagione estiva ci sono stati numerosi incontri tra l’Amministrazione e i responsabili Acea, oltre a diversi sopralluoghi fatti personalmente in loco. Per i depuratori Pratica 1 (via san Paolo) e Crocetta 1 (via Zara), a maggio 2017 è stato messo in esercizio il sistema di disinfezione con acido paracetico in sostituzione del vecchio sistema che utilizzava ipoclorito di sodio, per garantire una maggiore efficacia dell’abbattimento degli Escherichia Coli. Sul depuratore San Paolo 1, durante la stagione estiva, sono state rinnovate le 2 vasche di sedimentazione per ottimizzarne l’efficienza. L’ intervento ha interessato anche una vasca del depuratore di Crocetta 1. Per i depuratori di Pratica 1 e Crocetta 1 è già stato definito un progetto per il rifacimento delle condotte di immissione che porteranno ad un aumento delle distanze, attualmente a circa 900 metri. Il Comune di Pomezia monitora la qualità delle acque del mare attraverso le analisi di Arpa Lazio e Asl. Come ogni anno le analisi di Arpa Lazio hanno stabilito il divieto di balneazione a 250 metri a destra e sinistra dei fossi, mentre hanno classificato come buono ed eccellente il resto del litorale. Se si sono verificati nel corso della stagione estiva sversamenti abusivi nei fossi, sono stati immediatamente segnalati agli enti e alle autorità competenti: nessun allarme è stato ignorato. Lo dimostra il fatto che il Sindaco ha emesso un’ordinanza il 18 aprile scorso, su indicazione di Asl Roma 6, con il divieto della vendita in forma itinerante dei molluschi bivalvi, a causa del declassamento temporaneo della zona marina di Pomezia da A a B, che impedisce di fatto ai pescatori di vendere direttamente i molluschi. Abbiamo seguito con solerzia tutte le indicazioni fornite da Asl e Arpa Lazio, enti competenti in materia, sia per quanto riguarda la balneazione che per quanto concerne l’attività di pesca”.

Siamo contenti che l’assessore abbia risposto, ma alcune cose non ci convincono: se a maggio è stata garantita una maggiore efficacia all’abbattimento dell’Escherichia Coli come mai i valori sono rimasti gli stessi (ovvero un inquinamento di 6 volte superiore rispetto a quanto previsto per la classe di appartenenza di Torvaianica, che pertanto è stata declassata qualitativamente)? Come mai nessuno degli amministratori, nonostante le immediate segnalazioni, si è accorto che diverse volte, in particolar modo quando c’era mare mosso – l’ultima volta a settembre – dai canali fuoriusciva qualcosa che non poteva essere classificato come un normale scarico già depurato? Le analisi Arpa, poi, da sempre vanno in contrasto con quelle di Legambiente, che ogni anno fornisce classificazioni delle nostre acque molto diverse da quelle date dalla Regione, perché i punti di campionamento e le date delle analisi sono differenti: prendere i campioni ad Aprile in punti molto distanti dalla riva (cosa che fa l’Arpa) ovviamente fornisce risultati diversi rispetto a campionare l’acqua a Luglio in punti più vicini alla costa (cosa che invece fa Legambiente).
Perché quanto promesso nel programma elettorale non è ancora stato fatto? Noi continueremo a tenere sotto controllo la situazione del mare, forse la maggiore fonte di ri

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