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Psicologia, ‘La punta dell’iceberg: Il caso di Roberta’

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fiori

La lettera

«Ho 55 anni e lavoro freelance presso uno studio di commercialisti, vivo con il mio compagno, non abiterei con i miei genitori nemmeno se mi pagassero anche se gli voglio bene. Ho un figlio di 26 anni che vive con il padre. Il primo attacco di panico è arrivato due giorni prima di partorire».

«Non ero sola in casa, ma ero stanca e preoccupata per la mia salute: avevo paura del parto; il secondo attacco è arrivato quando sono tornata a casa. Un giorno mentre facevo il bagno il calore, ovviamente, aveva messo in evidenza le vene e là è scoppiata la mia ipocondria».

 

Roberta mi scrive attraverso la mia pagina, racconta la sua storia con gli attacchi di panico. Parte col descrivere la comune paura di partorire come per tutte le donne: è giustamente in ansia.

 

Le scelte sbagliate

«Non ero felice della mia vita ma all’inizio non capivo, anzi credevo di avere mille ragioni per esserlo. La gravidanza e la nascita di mio figlio mi hanno confusa. Un mese dopo sono andata dal migliore psichiatra della città che mi ha diagnosticato una depressione maggiore con DAP (Disturbo Attacchi di Panico). Mi ha riempito di psicofarmaci che non ho mai preso. Ho trovato una psicoterapeuta che mi ha aiutata e ho fatto un viaggio dentro me stessa».

«Sono una narcisista: non ho gradito il mio cambiamento in gravidanza. Ero molto figlia e non certo madre, molto viziata e abituata a pensare a me stessa. In più avevo sposato un uomo che non amavo per niente. Io odio gli obblighi e le regole. Il mio corpo si è rimesso a posto nel giro di sei mesi e non ho nemmeno allattato».

 

Roberta scopre di aver fatto delle scelte non in linea con il suo temperamento: la paura del cambiamento e delle responsabilità, il passaggio dall’essere figlia all’essere madre. Scopre di non amare quell’uomo e di non essere portata a fare la mamma.

Condizioni che seppur volute, la schiacciano sotto un peso che non riesce a reggere.

 

L’attacco di panico: la punta di un iceberg

«Ho vissuto anni molto difficili, brutti orribili. Avevo di tutto: tremori, tachicardia, fobie, depressione; ma ci sono cose pregresse molto più gravi. Ho ricevuto abusi sessuali da bambina. Dagli 8 ai 12 anni, era mio nonno paterno. Ma non ne ho mai parlato finché non ha iniziato a toccare la mia sorella più piccola. A quel punto ho parlato con mia madre che ci fece giurare di non dire nulla a mio padre: lo avrebbe ucciso. Erano altri tempi, una famiglia borghese».

 

Gli attacchi di panico hanno bussato la porta di Roberta nel momento di maggior cambiamento, quando tutto il controllo esasperato mantenuto nel corso degli anni inesorabilmente salta, facendo esplodere tutte le paure legate agli abusi subiti che nel tempo le urlavano dentro.

 

L’istinto di sopravvivenza

«Sono stata autolesionista e ricordo la paura di farmi o fare del male, di perdere il controllo. Stavo molto dai miei genitori. Sono andata in ospedale molte volte, dal cardiologo ogni mese. E’ stato come finire in un buco nero. Un giorno avevo preparato una serie di cinture da mettere sulla rampa delle scale: avevo pianificato tutto, ero sola. Poi pensai a mio figlio e ai miei genitori. Però mi amavo e quello, anche se sembra un paradosso, mi ha salvato».

 

Roberta attraversa anni difficili, si perde in quelle sensazioni di vulnerabilità e ricorre spesso alla presenza dei genitori, ritrovando la protezione della bambina spaventata.

Pensa più volte al suicidio.

Roberta è l’esempio di quanto la crisi possa essere rivoluzionaria, e dare voce all’istinto di sopravvivenza attivando la ricerca di risorse inesplorate.

 

L’urlo dal passato

Gli attacchi di panico non arrivano mai a caso, sono il campanello d’allarme di un evento che inconsapevolmente ci portiamo dentro e che vuole essere rielaborato. La lettera di Roberta è partita descrivendo un sintomo, e ci ha condotti verso una ferita molto profonda, che con coraggio porta sul suo corpo.

 

 

Se volete raccontarmi le vostre storie per sciogliere insieme qualche nodo disfunzionale, scrivete all’indirizzo: psicologia@ilcorrieredellacitta.it

Vi aspetto.

Dott.ssa Sabrina Rodogno

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