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Psicologia, l’attacco di panico: perdita totale del controllo

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Cos’è l’attacco di panico

L’attacco di panico è un evento devastante, un insieme di reazioni psicofisiologiche di completa perdita di controllo, intensa paura di morire. Arriva all’improvviso, un scoppio interno che ci manda in frantumi e la realtà si rovescia: ci sentiamo vulnerabili, soli, in balia delle onde che ci tirano a fondo mozzandoci il respiro.

La forte confusione mentale non permette la gestione delle emozioni di estremo allarme che il corpo manda: il battito del cuore si sente nelle orecchie e nelle tempie, sudorazione eccessiva, offuscamento della vista, tremore, sensazioni di soffocamento, vampate di calore, paura di impazzire.

 

Quali sono le cause

Un campanello d’allarme che ci sveglia da un malessere profondo che spesso ignoriamo, sembra che vada tutto bene e poi arriva un vero e proprio «sintomo» che nasce da un disturbo d’ansia già presente nella nostra struttura, per esperienze non attraversate nel modo giusto, per non essere stati contenuti e protetti o per essere cresciuti in un ambiente estremamente controllato o allarmante.

A prescindere dal tipo di esperienza, alla base c’è una tensione eccessiva, un trattenere emozioni e pensieri, come ad inghiottire negatività e paure di situazioni che non riusciamo a cambiare, un’ansia che accumula altra ansia: una pentola a pressione che da un momento all’altro non si contiene e scoppia.

 

Conoscere il disturbo: primo passo per una buona gestione

Con l’attacco di panico la confusione prende il sopravvento, tanto da scambiare la tachicardia per infarto. Ma la tachicardia, non arriva anche con l’innamoramento? Il nostro cuore batte sempre, giorno e notte … ma noi, lo sentiamo solo durante l’attacco.

Ascoltare i sintomi e contestualizzarli, aumenta la consapevolezza di se stessi e del proprio modo di funzionare. Non possiamo gestire  nulla, senza avere conoscenza: primo passo da fare è avere ben chiara la dinamica del disturbo, inquadrarlo e definirlo.

Ansia e attacco di panico sono usati erroneamente come sinonimi, ma non lo sono affatto: hanno caratteristiche diverse e sintomi specifici.

  1. Tempo: nell’attacco di panico i sintomi sono immediati e raggiungono il picco nel giro di pochi minuti, l’ansia invece, è una preoccupazione eccessiva di qualche potenziale pericolo o minaccia futura, che dura giorni e persino mesi;
  2. Intensità dei sintomi: nell’attacco di panico le reazioni psicofisiologiche sono più forti, nell’ansia sono lieve e continue;
  3. Specificità: l’attacco di panico è un’esplosione improvvisa, la persona perde il controllo su ogni cosa, l’ansia è invece una tensione accumulata che può essere legata anche ad altri disturbi, come lo stress cronico.

 

«Ieri ho avuto tutto il giorno l’attacco di panico».

Non è possibile avere un attacco di panico di 24 ore, o per 10 giorni di fila!

La differenza sostanziale è proprio il tempo: l’attacco dura dai 5 ai 20 minuti, in rari casi 60 minuti.

 

Cosa fare quando arriva l’attacco di panico

– FERMARSI

«Sono agitato e per questo, mi agito».

Quando l’attacco arriva in un luogo chiuso (ufficio, casa etc.) la persona inizia ad agitarsi, si muove, va su e giù come un animale in gabbia, si sente esplodere e vuole scappare al riparo.

In tal modo, i sintomi aumentano. Il battito cardiaco, la sudorazione, la muscolatura tesa, gli occhi sbarrati, entrano in circolo vizioso.

Bisogna fermarsi per non creare ulteriore accelerazione, quindi NO al movimento agitato.

 

– RESPIRARE

«Non riesco a fare respiri profondi».

Il diaframma è un muscolo ed in quanto tale si irrigidisce durante l’attacco, non permettendo all’organismo di prendere ossigeno a sufficienza. La conseguenza è il respiro mozzato nel petto.

Facciamo delle smorfiette con il viso, smuovendo i muscoli facciali per stimolare lo sbadiglio e quindi, l’allentamento diaframmatico.

 

– ALLENTARE

«Più ho paura, più sono teso».

La muscolatura si irrigidisce, la paura tiene l’organismo teso pronto all’attacco, conseguenza dell’afflusso di sangue ai tessuti.

Proviamo ad irrigidire ancora di più la muscolatura, a partire dalla testa fino ai piedi, dopo qualche secondo molliamo completamente. L’esercizio va ripetuto più e più volte, irrigidire e allentare.

 

– PRENDERE SPAZIO

«Mi sento oppresso».

Durante la crisi il corpo tende alla chiusura, le spalle vanno verso l’interno, la schiena si curva andando in posizione fetale. Chiaramente, il diaframma riceve il peso del corpo e fa fatica ad allargarsi.

Teniamo la schiena dritta, muoviamo le mani come a suonare il piano, muoviamo i piedi e poi stiracchiamoci, allunghiamo i muscoli fino in fondo, aprendo le braccia, alzandole su come a svegliarci da un lungo sonno.

 

– PENSIERI ED EMOZIONI

«Ho paura della paura»

I pensieri diventano allarmanti, le emozioni sono perlopiù di angoscia. Anche qui scatta il circolo vizioso di auto-alimentazione: la paura di provare paura, aumenta la paura.

Durante l’attacco di panico è il corpo che comunica ed è sul corpo che dobbiamo agire, in primis attraverso la respirazione.

 

– ASPETTARE

«Il tempo non esiste più».

Come abbiamo visto, l’attacco di panico ha un’insorgenza improvvisa e una durata limitata. Una linea che parte dal basso, si alza arrivando al picco per poi riscendere.

Aspettiamo che passi la «tempesta», sapendo che ci sarà un picco alto di sintomi e una discesa graduale che ci riporterà allo stato iniziale.

 

– CONDIVIDERE FUNZIONALMENTE

«Dicono che non passerà mai, che devo imparare a conviverci».

La paura, la confusione e l’agitazione ci portano alla richiesta estrema d’aiuto. Con il tempo chi ci sta intorno subisce il peso, rimandandoci la sensazione di disabilità. Siamo dipendenti e incompresi. Presi da questi sentimenti di sconfitta, cerchiamo la condivisione con altri simili a noi, perlopiù attraverso l’uso del web.

La condivisione deve «dividere» l’esperienza, non amplificarla. Il confronto dev’essere fatto in maniera corretta, inutile unirsi in un piagnisteo collettivo che moltiplica i sintomi e le sconfitte.

NO al “fai da te”, NO al “ce la faremo”.

Rivolgiamoci a chi ci riporta nella realtà: chiudiamo il computer. Chiedere aiuto ad un esperto non è una vergogna.

 

 

Se volete raccontarmi le vostre storie per sciogliere insieme qualche nodo disfunzionale, scrivete all’indirizzo: psicologia@ilcorrieredellacitta.it

Vi aspetto.

Dott.ssa Sabrina Rodogno

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