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LAVORO: Gioie e dolori

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Non solo economia e politica
Oggi primo Maggio, è la festa dei lavoratori. Cosa ci viene subito in mente?
L’aspetto economico, la gestione politica del nostro paese e la crisi post pandemia. Tutti pensieri assolutamente leciti.
Ma non è questo l’argomento dell’articolo che segue: il lavoro assorbe la nostra sfera privata, fatta di emozioni, sentimenti, relazioni e benessere psicofisico.
E chi si preoccupa della parte “umana” del lavoro? Nessuno, o quasi.
Come vedremo più avanti, il lavoro può salvarci e può ucciderci allo stesso tempo.

Psicologia e lavoro
Il concetto del lavoro è cambiato insieme all’evoluzione della società, sappiamo tutti che i settori di produzione ad oggi seguono le nostre esigenze, come dimostra l’aumento della digitalizzazione anche della burocrazia: un tempo c’era l’impiegato a mettere timbri, oggi probabilmente la stessa persona dietro un computer.
La società corre e noi acceleriamo la nostra quotidianità: e ne siamo responsabili. Abbiamo inventato noi questa catena di montaggio… e non ce ne rendiamo conto!
Ci lamentiamo di tutta questa fretta che ci fa ammalare, eppure sbuffiamo se alla posta la fila è troppo lunga.

Il lavoro quando ammala
In molte lingue di origine latina la parola “lavoro” è associata a “fatica”: travailler in francese e trabajar in spagnolo contengono il riferimento al “travaglio”. E ancora in diversi dialetti: travagghiari per i siciliani e faticà per i napoletani. Dunque il lavoro è sforzo, fatica e sacrificio.
Ad oggi, grazie appunto all’evoluzione delle tecniche di produzione, molti lavori fisici stanno sparendo per dar posto a lavori più “mentali”. Con un calo della fatica, direte voi. Assolutamente no.
Lo stress correlato al lavoro paradossalmente è in crescita, stare ore seduti di fronte a un computer aumenta la produzione di cortisolo, e nei picchi più alti determina l’aumento di glicemia e grassi nel sangue con conseguente rialzo del peso corporeo, oltre ad altri svariati sintomi.
Un altro aspetto molto importante e altrettanto sottovalutato è il ripetersi di schemi familiari all’interno dell’ambiente di lavoro: esempio classico, il dirigente di struttura che non ci considera e non valorizza il nostro operato, proprio come facevano i nostri genitori. La conseguenza è voler fare sempre di più per ricevere quell’approvazione che ci manca da sempre.
E non solo, capita di reprimere emozioni in famiglia per mantenere un equilibrio, per poi sfogare tutto in ufficio e tornare a casa più tesi di prima e cadere in un circolo vizioso di rabbia.
I contesti lavorativi attuali ci tengono molte ore a contatto con i colleghi, ma senza avere il tempo di instaurare una relazione sana, questo comporta una serie di difficoltà psicologiche ed emotive importanti.

Il lavoro quando ci salva
Non solo indipendenza economica ma definizione della nostra personalità, il lavoro in diverse occasioni può darci una mano nell’elaborazione di una separazione, un lutto, una famiglia disfunzionale e così via.
Uscire di casa per “dovere” ci tira fuori dai momenti di apatia altrimenti passati di fronte alla tv, aumenta il bagaglio di esperienze, tiene attivo il cervello, mantiene la progettualità, gratifica.
Immaginiamo una coppia che la sera cena in silenzio, perché lui fa un lavoro ripetitivo e lei si occupa della casa e dei figli.
Immaginiamo viceversa una coppia che racconta la giornata, oltre alla casa e ai figli c’è quel progetto andato a buon fine, un altro che potrebbe partire; il darsi consigli e supporto è linfa per un buon funzionamento di coppia.

Assenza di attenzione alla salute
Purtroppo, non c’è attenzione ai lavoratori sotto il profilo psicologico, pare che nessuno si renda conto che stare ore in una stanza con poca luce naturale provochi disagi importanti.
Lo spazio fisico dovrebbe permettere un’apertura verso l’esterno con ricambio d’aria e luce naturale, inoltre, la possibilità di fare pausa e movimento ogni due ore, di poter consumare la pausa pranzo in un’altra stanza e scambiare una chiacchiera con i colleghi per conoscersi oltre la barriera professionale.
Non si tratta di creare un circolo ricreativo per nuove amicizie, ma di ricordare a chi di dovere che non siamo macchine e certi bisogni sono fondamentali. Inoltre credo che un buon ambiente e un giusto equilibrio tra lavoro e pause favoriscano la produttività tanto cara ai nostri imprenditori molto più della pressione cui siamo abituati, che ha un peso notevole anche nel tasso di incidenti e morti sul lavoro.

Se volete raccontarmi le vostre storie per sciogliere insieme qualche nodo disfunzionale, scrivete all’indirizzo: psicologia@ilcorrieredellacitta.it
Vi aspetto.
Dott.ssa Sabrina Rodogno

Psicostress

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