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Le vite degli altri: la psicologia del pettegolezzo

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Curiosità morbosa

Osservare, giudicare e poi raccontare agli altri il comportamento di qualcuno, mentre si sorseggia un buon caffè o un caldo tè, rappresenta un piacevole passatempo per molti: un’attività vecchia quanto il mondo a cui bisogna dedicare del tempo, tanto che l’immagine che ci viene alla mente è quella delle “comare” sedute fuori casa, che chiacchierano della qualunque mentre il ragù cuoce lentamente in pentola.

Ad oggi la vita frenetica a stento ci da modo di poter preparare un buon ragù, ma per il pettegolezzo abbiamo altri mezzi: utilizziamo i social network e reperiamo brevemente tutte le informazioni del caso!

Ammettiamolo in sincerità, a molti sarà capitato il pettegolezzo veloce, ma il problema subentra quando diventa una modalità pervasiva e costante, irrispettosa degli altri, che danneggia le persone diffondendo maldicenze e portando a un deterioramento delle relazioni.

Perché succede? Vediamone i meccanismi psicologici.

Caratteristiche del pettegolezzo

In passato il pettegolezzo ha avuto una funzione sociale molto importante, serviva a capire di chi potersi fidare, dunque, rappresentava una sorta di comunicazione di servizio per la sopravvivenza.

E non solo, le antipatie comuni creano e rafforzano i legami, consolidano il “noi” contrapposto a un “loro”, tipico dei gruppi di caccia.

Nei tempi moderni per essere definito tale, un pettegolezzo deve rispettare le seguenti regole:

1) deve riguardare una terza persona;

2) la persona dev’essere assente al momento in cui se ne (s)parla;

3) la persona di cui si (s)parla deve essere conosciuta, anche indirettamente, dai pettegoli;

4) oltre a fatti e informazioni devono essere espressi dei giudizi valutativi.

Personalità del pettegolo

Esistono una serie di caratteristiche che contraddistinguono “il gossipparo”, di seguito una breve sintesi:

Insicurezza: parlare male di qualcuno implica il fatto che io sono buono, tu cattivo;

Noia: riempie lunghi spazi vuoti con le emozioni di altri, che nel bene e nel male vivono e fanno cose;

Non ha rapporti sani: alcune relazioni non hanno contenuti e non esistono se non attraverso il pettegolezzo;

Bassa autostima: sminuire qualcuno può trasmettere a se stessi una falsa sensazione di forza e autostima;

Solitudine: difficilmente i suoi stessi amici gli confideranno un problema personale, immaginando che ne farà materiale di conversazione alle loro spalle;

Evitano il contatto con se stessi: sembra che la persona pettegola abbia un mondo interiore abbastanza povero, cosa che si intuisce dalle conversazioni, spesso incentrate su fatti esterni piuttosto che sui suoi pensieri, stati d’animo.

Più vicini, più distanti

Esiste il luogo comune che vede il pettegolo all’interno di una piccola comunità, dove si conoscono tutti e le informazioni hanno diversi canali di veicolazione.

Appare chiara la dinamica: più siamo più è difficile che io possa conoscerti in qualche modo, meno siamo più è alta la probabilità che io venga a conoscenza di fatti privati.

Nelle città fanno parte i rioni, i borghi, i condomini, ovvero aggregati di persone che fungono da veicolatori di notizie.

Come difendersi

Il pettegolezzo può ledere profondamente la vita del malcapitato di turno, sia sul piano personale/relazionale che professionale; può accadere che il collega non gli rivolga la parola, o il vicino lo guardi in cagnesco.

Alcuni decidono di chiudere i propri profili social, per paura di essere strumentalizzati su ogni post o foto pubblicata: in questo modo si limita la libertà delle persone.

L’unica soluzione possibile è il silenzio, mantenendo lo stesso stile di vita, non modificando in alcun modo il proprio comportamento. E’ necessario evitare qualunque tipo di reazione social: l’indifferenza è l’unica risposta che il pettegolo merita.

Se volete raccontarmi le vostre storie per sciogliere insieme qualche nodo disfunzionale, scrivete all’indirizzo: psicologia@ilcorrieredellacitta.it
Vi aspetto.
Dott.ssa Sabrina Rodogno

Psicostress

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