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Spazi ridotti e amplificazione delle paure: consigli pratici

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Fasi della quarantena
Il periodo di reclusione forzata che stiamo attraversando sta mettendo a dura prova la resistenza di tutti noi, a prescindere dalle giuste preoccupazioni per il disagio economico di molti, l’emotività e le reazioni comportamentali si stanno muovendo per fasi specifiche.
Dopo l’iniziale smarrimento e la successiva apatia, negli ultimi giorni sono molte le segnalazioni che mi giungono tramite mail e messaggi di stati d’ansia ed estrema paura del contagio.
L’effetto “pentola a pressione” che si crea a seguito di prolungati periodi di emozioni represse e controllo estremo su ogni cosa, si sta verificando in molte case, fino allo scoppio di veri e propri attacchi d’ansia e/o di panico.

Lo stesso giorno di ieri, uguale a domani
Ogni mattina apriamo gli occhi e dopo i primissimi secondi di vuoto mentale, arriva la consapevolezza che il nuovo giorno sarà lo stesso di ieri, uguale a domani.
La sensazione è di pesantezza fisica, stanchezza mentale e livello d’umore basso: è questa la condizione psicofisica generale, a prescindere dalle ore che dedichiamo al lavoro in smart working; la ripetitività delle ore che scorrono con i tre appuntamenti fissi rappresentati dai pasti riduce in modo massiccio gli input sensoriali: in altri termini, i cinque sensi vengono stimolati poco e non danno possibilità al sistema nervoso di produrre le così dette “droghe naturali” (dopamina, serotonina, endorfine ecc.).
Siamo in una fase di “anoressia esperienziale”: non andiamo oltre i pochi metri quadri concessi, e non viviamo oltre i pasti e il sonno.

Amplificazione delle paure
Quando i rumori fuori cessano, iniziano a vivere quelli dentro la testa e il corpo: palpitazioni cardiache, tremori, senso di secchezza alla gola, pensieri spaventosi, vecchi ricordi di rancore, ansia del futuro economico, incertezze sulle relazioni che portiamo avanti, dubbi sui sentimenti che proviamo per il partner, difficoltà di gestione dei figli e così via.
Ogni piccola paura sembra prendere spazio sempre più nella testa:

  • il rancoroso si andrà a cercare nella memoria momenti di vecchi litigi
  • l’ipocondriaco sarà sempre più convinto di essere malato
  • l’ansioso aumenterà il livello di agitazione
  • il sospettoso vedrà ancora più post social diretti a lui

Tutto quello che siamo sempre stati si amplificherà ancor di più per l’assenza di “distrazioni”.

Cosa fare nell’immediato
La prima cosa da fare è non sottovalutare i segnali d’ansia, anzi, ascoltiamoli e prendiamone consapevolezza: conoscere il funzionamento del nostro organismo è fondamentale per eliminare la paura. Di seguito una serie di sintomi più frequenti e le cause fisiologiche.

  • Dolore al petto e mancanza d’aria

l’estrema tensione psicofisica blocca il normale movimento del muscolo della respirazione, i polmoni non assorbono ossigeno a sufficienza e il torace si sforza di prendere aria: facciamo delle smorfie con il viso e lunghi respiri con la bocca, senza trattenere mandiamo fuori l’aria;

  • Agitazione e tachicardia

l’iperventilazione (la respirazione a cagnolino) aumenta il battito cardiaco: teniamo la schiena dritta, muoviamo le mani come a suonare il piano, muoviamo i piedi e poi stiracchiamoci, allunghiamo i muscoli fino in fondo, aprendo le braccia, alzandole su come a svegliarci da un lungo sonno;

  • Paura di morire

la confusione mentale e senso di smarrimento, non cerchiamo risposte su Google, lo ripeterò all’infinito: proviamo ad irrigidire ancora di più la muscolatura, a partire dalla testa fino ai piedi, dopo qualche secondo molliamo completamente. L’esercizio va ripetuto più e più volte, irrigidire e allentare;

  • Chiedere aiuto

se non abbiamo possibilità di trovare calma in casa per non spaventare la famiglia, o per mancanza di vicinanza con i nostri affetti: affidiamoci allo specialista, troviamone uno e facciamoci seguire anche mediante terapia online (videochiamate o scambio mail per chi non ha la giusta privacy).

Ulisse in quarantena
Mentre pensavo a cosa scrivere mi è venuta incontro un’immagine molto più che inconsueta. Cosa farebbe Ulisse, il re di Itaca, in una situazione come questa? Il personaggio simbolo della curiosità, della voglia di viaggiare e conoscere, delle peripezie e dei naufragi prima di tornare a casa; l’uomo che secondo Dante ha varcato lo stretto di Gibilterra per primo… costretto a stare in casa per oltre un mese. Si annoierebbe? Di certo la moglie Penelope non avrebbe bisogno di tessere la sua tela di giorno e disfarla di notte per ingannare i Proci pretendenti al trono. In ogni caso, pur fisicamente nello stesso posto sono sicuro che Ulisse troverebbe il modo di viaggiare. Dopo tutto ricordiamoci che è stato fermo una decina d’anni nell’isola di Ogigia. Compenserebbe con il suo cervello sempre in moto la quiete del suo corpo. Forse anche noi dovremmo fare così.

Se volete raccontarmi le vostre storie per sciogliere insieme qualche nodo disfunzionale, scrivete all’indirizzo: psicologia@ilcorrieredellacitta.it
Vi aspetto.
Dott.ssa Sabrina Rodogno

Psicostress

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