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Quarantena seconda fase: l’apatia

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ansia

Prima Fase: lo stupore

Quando ci accade qualcosa di nuovo che ci stravolge la vita, che non possiamo controllare e da cui non riusciamo a sottrarci, la nostra mente mette in atto dei comportamenti che seguono una serie di fasi con relative emozioni oscillanti.

Le prime settimane successive all’inizio della quarantena, le sensazioni predominanti sono state ansia e incertezza in alcuni, scetticismo e disinteresse in altri.

Nei giorni a venire, paradossalmente, c’è stato lo stupore assecondato dai cori in balcone quasi fossero i mondiali di calcio, giorni fatti di torte e manicaretti vari, videochiamate di gruppo con gli amici a bere e fumare quasi come si faceva al bar sotto casa, post ironici sui social, meme sul Presidente Conte, saluti e baci virtuali.

E ora?

Consapevolezza: la riduzione degli spazi

Ora viviamo ogni giorno come se fosse lo stesso, ripetuto all’infinito. Basta cori, i morti aumentano. Basta torte, lo stomaco inizia a ribellarsi. Le frasi ironiche si stanno trasformando in video shock girati tra i contatti, complotti da scoprire prima possibile che arrivano alla persona che magari soffre di attacchi di panico e la manda in tilt: è un momento delicato questo, un passaggio dallo stupore alla consapevolezza della situazione.

Gli unici punti di riferimento che gestiscono il nostro tempo sono tre: colazione, pranzo e cena. Nella migliore delle ipotesi, tra i pasti c’è il lavoro da casa.

Gli stimoli sono al minimo, abbiamo difficoltà a seguire un film o leggere un libro, la concentrazione diminuisce e i suoni casalinghi ci innervosiscono.

Seconda fase: l’apatia

Senza un obiettivo non c’è motivazione, ed è ovvio che non ci sia particolare interesse che muove le nostre lunghe giornate: apatia significa “assenza di pathos” cioè, assenza di emozioni.

Le emozioni si sono appiattite in mancanza di input, le uniche attive sono quelle legate alla rabbia o all’ansia per l’incertezza di un domani che non sappiamo tra quante settimane possa arrivare.

Come concausa allo stato esistenziale descritto c’è la postura del nostro corpo: la riduzione dei movimenti fisici blocca il muscolo della respirazione, stando seduti facciamo pressione sul diaframma e non prendiamo aria a sufficienza, di conseguenza i muscoli diventano rigidi, la zona della nuca e del collo premono sui nervi che circondano il cranio e in ultimo l’emicrania è compagna quotidiana.

Il sistema cardiocircolatorio e la digestione sono rallentati, il senso di pesantezza ci fa sentire fiacchi, anche quando mangiamo poco.

Tutta questa pesantezza ci sfianca, siamo stanchi sebbene fermi in casa.

Come affrontare l’apatia?

1) Non giudichiamoci, è un momento difficile per tutti e può succedere di sentirsi fragili: non siamo supereroi.

2) Non forzarsi a fare, anzi, è bene rompere qualsiasi schema di routine che si sta creando: le faccende possiamo farle dopo aver pranzato, possiamo leggere appena svegli, fare la doccia dopo il lavoro e così via: l’importante è non restare tutto il giorno a letto o sul divano.

Per quanto riguarda i bambini, per loro bisogna mantenere delle regole almeno la mattina con le lezioni e i compiti da svolgere: hanno bisogno di stabilità almeno nelle prime ore.

3) La ripetitività dei gesti si riflette anche nei pensieri, magari andiamo a ripescare nei meandri della memoria fatti accaduti anni fa, le fantasie creano storie e collegamenti deliranti: lasciamo perdere e andiamo a rivedere foto e video di momenti belli.

4) Ascoltiamo musica, assorbiamo la luce del mattino, facciamo movimento e soprattutto: respiriamo.

5) Rispettiamo il sonno: non facciamo le ore piccole a guardare serie di 568 puntate, andiamo a letto alla stessa ora e svegliamoci non dopo le 8:30.

6) Le relazioni in casa non sempre sono delle migliori: almeno un’ora al giorno stacchiamoci da tutti e restiamo soli. Per chi vive da solo parliamo con un amico, un collega di lavoro, un parente: usando il telefono e le corde vocali.

7) Le passioni ci salvano la vita: dedichiamo del tempo ai progetti che non abbiamo potuto realizzare, che sia scrivere in un blog, seguire documentari, fare il pane in casa (quando troviamo il lievito), creare start up per nuove possibilità lavorative, disegnare.

8) Se ci accorgiamo di non riuscire a gestire le nostre emozioni chiediamo aiuto: ci sono le terapie online.

Se volete raccontarmi le vostre storie per sciogliere insieme qualche nodo disfunzionale, scrivete all’indirizzo: psicologia@ilcorrieredellacitta.it

Vi aspetto.

Dott.ssa Sabrina Rodogno

PsicoStress

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