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Roma, l’ospedale San Giacomo riaprirà: vinta la battaglia di Oliva Salviati

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Ospedale San Giacomo

Oliva Salviati, discendente del Cardinale che donò il San Giacomo alla Capitale, riscatta il nosocomio dopo una eroica battaglia legale e 15 anni di chiusura illegittima ad opera della giunta regionale Marrazzo

Oliva Salviati, la lunga battaglia per salvare il San Giacomo

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Al centro di Roma, nei pressi dell’ex Porto di Ripetta, a ridosso del Tevere e vicinissimo al Mausoleo di Augusto Imperatore e a Piazza del Popolo, si trova un imponente edificio storico risalente al medioevo. Questo enorme complesso scurito dal tempo, comprendente anche una chiesa, dorme austero ormai da anni, celando silente ai passanti un illustre passato. Stiamo parlando dell’Ospedale San Giacomo in Augusta, detto degli Incurabili, donato dal Cardinal Antonio Maria Salviati e chiuso ormai da 15 anni.

Sicuramente la vista quotidiana di questo ospedale inaccessibile ed in abbandono risveglia la rabbia dei cittadini e di coloro che necessitano di prestazioni sanitarie. L’ospedale pubblico infatti vantava, al momento della sua ingiustificata chiusura da parte dell’allora giunta Marrazzo. reparti all’avanguardia e macchinari di ultima generazione, avendo subito un restauro minuzioso da poco.

 

Esso costituiva un importante polo cardiaco, nefrologico, con unità di dialisi, una efficiente terapia intensiva e sale parto all’avanguardia.

In seguito ad una estenuante battaglia legale, la coraggiosa discendente della prestigiosa Famiglia Salviati e del Cardinale che donò la struttura alla Città di Roma, è riuscita ad annullare la sentenza di chiusura del nosocomio. 

Oliva Salviati, ‘l’ospedale pubblico tornerà alla gente’

Oliva Salviati è una donna bella e in gamba, che ha ereditato tutta la forza della sua Famiglia e dei nonni Florio, che fecero grande il Meridione italiano.

All’epoca Oliva venne a sapere dell’imminente chiusura del San Giacomo per caso. Sua figlia notò una manifestazione di personale infermieristico, pazienti e medici in stato di agitazione nei pressi dell’ospedale e fu avvertita di ciò che stava accadendo.

Signora Salviati, come iniziò il riscatto del San Giacomo?

‘Io ero vagamente al corrente che il San Giacomo fu una donazione della mia famiglia alla Città di Roma – dice la Signora Oliva Salviati– tant’è che i medici hanno detto a mia figlia sappiamo che esiste un testamento, sarebbe necessario reperirlo, vista l’esistenza di una antica clausola che esclude l’uso del nosocomio per scopi diversi da quello sanitario.

Oliva Salviati

Portai l’ex Presidente Giscard D’Estaing al San Giacomo – racconta Oliva– nella speranza di attrarre la stampa. Lui stesso si sorprese che l’ospedale fosse nuovo, ma in procinto di chiudere. Il fatto uscì solo sulla cronaca di Roma, e visto che ormai gli ospedali stanno chiudendo in tutta Italia, il caso non fece notizia fuori.

Ciò fa parte di un piano ben preciso di disinformazione. Fui chiamata dal Ministro della Sanità, da Berlusconi, D’Alema. Sembravano tutti interessati al caso, ma soprattutto alla chiusura. Mi guardavano con aria di compassione, il Ministro mi disse che ‘l’ospedale non serviva più’, che si andava incontro ad una ‘sanità moderna’. Gli avvocati tentavano di convincermi a lasciar perdere la mia battaglia.

Così cercai il testamento del Cardinal Salviati. Lo trovammo in archivio pubblico, fu redatto nel 1593, ma essendo scritto in latino notarile, andava tradotto. Il documento effettivamente sanciva il vincolo dell’edificio donato ad un uso prettamente ospedaliero. La fretta era tanta, poiché volevamo evitare la chiusura dell’ospedale, avendo solo un mese di tempo.’

La chiusura dell’ospedale

Oliva Salviati, come dimostrò l’illegittimità della chiusura del San Giacomo da parte della Regione Lazio?

‘Ricordo una riunione nella sala anatomica del San Giacomo dove vi erano 800 medici, i personaggi più in vista della Regione Lazio, Marrazzo, Montino e tanti altri. Leggemmo il testamento dinanzi a tutti. Il Cardinale Salviati era un uomo di legge, di straordinaria intelligenza, che mise le sue copiose risorse morali, intellettuali ed economiche a favore di questo lascito. Tutti restarono colpiti.

Egli donò anche il Collegio San Giacomo, nei pressi di Montecitorio, destinato all’accoglienza dei bambini orfani, affinché ricevessero una istruzione che permettesse loro di affrontare la vita una volta usciti dall’orfanotrofio limitrofo. Oggi quel palazzo è chiamato ingiustamente Istituto di Santa Maria in Aquiro, i ragazzi non sono più li e lo stabile, restaurato a 10.000 euro al metro quadro è destinato ai nostri senatori. 

Nonostante tutto i presenti illustrarono i motivi per i quali il San Giacomo avrebbe dovuto chiudere. Io mi alzai e dissi che nulla di ciò sarebbe accaduto e che l’ospedale sarebbe rimasto tale, al servizio della gente. In seguito seppi che era destinato a diventare un residence per esponenti del Governo. Fu una vicenda che mi segnò molto. 

Arrivammo a ridosso della chiusura con la traduzione dei testi, essendo il testamento in latino notarile, ma io dovevo dimostrare la mia diretta discendenza dal Cardinal Salviati, per essere legittimata a fare ricorso al Tar. Ovviamente ciò ha presentato molte difficoltà, essendo passati circa cinquecento anni di storia.

L’ospedale infine chiuse nel settembre 2008. Io quel giorno restai li dentro. Inscenarono una occupazione, sprangarono le porte, fu una scena orribile. Scioccata, fui sempre più determinata a far valere le ragioni dei pazienti, dei medici e dei cittadini. Restituirò questo ospedale alla Città, mi dissi.

Una settimana dopo tornavo a casa avvilita e con poche speranze nel cuore. Dovevo fare ricorso al Tar, e in fretta. Per una serie di strane vicende riuscii a trovare un testo, casualmente nella mia biblioteca, che costituì una miracolosa svolta. Vi erano gli archivi delle famiglie fiorentine, compresa la storia genealogica del Cardinal Salviati, che dimostrava la mia discendenza da costui, dal 500 ad oggi.

In 5 giorni lavorativi, successivamente alla chiusura del San Giacomo, ho effettuato ricorso al Tar. Per dieci anni non uscì la sentenza. poi persi. Cambiati legale e con l’Avvocato  Isabella Stoppani, persona corretta e in gamba, rifacemmo ricorso vincendo in Consiglio di Stato ed in Cassazione con la sentenza del 7 aprile 2021.

La vittoria

Signora Oliva, cosa emerse dalla vicenda della chiusura del San Giacomo?

‘In seguito il Consiglio di Stato accolse il ricorso riconoscendo illegittima la chiusura del San Giacomo. Fin dal principio però avevo avvertito che qualcosa della intera faccenda non mi convinceva –continua Oliva Salviati. –‘Ho l’impressione che questa chiusura sia totalmente illegittima, mi dicevo, non solo per la donazione modale ma anche per qualche vincolo attuale. Attorno alla chiusura del San Giacomo vi era troppo silenzio. Volevo capire se il san Giacomo fosse solo una piccola parte di un grande sistema ai danni dell’intero patrimonio pubblico.

Gli antichi ospedali italiani possiedono patrimoni immobiliari e terrieri immensi e la storia del ‘debito’ e relativa chiusura delle strutture sanitarie era sospetta ai miei occhi. Così iniziai a studiare le carte, ad approfondire.

Fu Franco Moretti, persona straordinaria, responsabile del patrimonio del Pio Istituto Santo Spirito, che riuniva tutti gli ospedali laziali e l’immenso patrimonio ospedaliero, a farmi avere l’atto di vendita del San Giacomo da parte della Regione Lazio per 61 milioni di euro. 

Piero Marrazzo
Piero Marrazzo

Nell’atto di vendita sussisteva il divieto di cambiare destinazione d’uso al San Giacomo, in una piccola postilla. L’ospedale dunque non poteva essere chiuso né trasformato in nient’altro che non fosse un ospedale. Gli ospedali laziali, già tempo prima, nel 2003/4 furono cartolarizzati e venduti dalla Regione alla Sanime Spa, società posseduta dalla Regione Lazio al 99%.

La ragione apparente era dunque che gli ospedali – compreso il San Giacomo- andassero chiusi perché ‘non c’erano soldi’, per poi essere svenduti a poco prezzo e farne altri usi. Ho cominciato proprio così a comprendere il grande progetto che riguardava il patrimonio italiano’.

Il patrimonio pubblico italiano in vendita; ‘il sacco di Roma’

‘Facendo un salto nel passato, era il 2001 quando Berlusconi sancì la legge 410 sulla vendita del patrimonio pubblico. In caso di debito scatta l’emergenza e la chiusura immediata delle strutture pubbliche. In seguito queste ultime vengono destinate da un uso pubblico ad uno privato, cartolarizzandole e vendendole. In quel periodo facevo avanti e indietro alla Regione Lazio, e continuavano a ripetermi la cantilena del ‘debito’ ‘

Così gli ospedali nel centro della città, quelli più importanti dal punto di vista del mercato immobiliare – San Giacomo, Santo Spirito, Nuovo Regina Margherita eccetera. sono nel mirino del business. Dichiarati in fallimento, vengono chiusi e venduti.

‘Nel 2001 esce quindi la legge e si comincia a svendere il patrimonio degli ospedali. A Roma 950 prestigiosi palazzi sono stati venduti a una media di 250.000 € l’uno, al centro di Roma -come Piazza Navona- quando costavano all’epoca 20.000 € al metro quadro, quindi con 250.000 € ci compravi un garage, al massimo. Parliamo di 950 palazzi appartenenti al patrimonio degli ospedali, svenduti, ed il San Giacomo fa parte di questo progetto di saccheggio del nostro patrimonio italiano.

”eh c’è il debito, dobbiamo chiudere’ cit.; la scusa del debito da parte della politica è finalizzata a creare l’emergenza per commissariare e chiudere e appropriarsi di tutto. Così ormai va in Italia. Così la seconda fase è stata quella di rimettere insieme i pezzi del grande progetto che riguarda l’appropriazione illecita del patrimonio ospedaliero, che detiene possedimenti terrieri di 18.000 ettari, di cui 7000 dentro il comune di Roma, e i restanti a Castel di Guido, Santa Severa, etc’

Il raggiro della speculazione sui beni immobiliari ospedalieri

La vendita e il cambio di destinazione d’uso degli edifici pubblici

‘L’Italia ha denaro per sanare i deficit- continua Oliva– pagare le spese, le pensioni e la sanità. Il denaro ci sarebbe se non sparisse in maniera illecita. Hanno ad esempio svenduto tutto il patrimonio degli enti previdenziali in Piazza Augusto Imperatore a 1.600 € al metro quadro. Ti dico questo perché questa svendita faceva parte del progetto San Giacomo.

Gli stabili degli enti previdenziali furono venduti a 1.600 € al metro quadro al fondo privato Finnat, il quale li riaffittò  -questo nel 2005- a tre volte il prezzo di mercato. Quindi noi cittadini paghiamo al fondo privato tre volte il prezzo di mercato per l’affitto, finché poi gli stabili vengono venduti a cifre astronomiche a colossi come Bulgari, Benetton etc.

Quindi questo metodo viene applicato in tutta Italia, e per comprenderne la dinamica ho dovuto mettere insieme tutti i pezzi del puzzle. Ho cercato poi di tenere i riflettori accesi su questo caso; molti erano reticenti nel parlare di ciò. Mi sono avvalsa di pochi giornalisti coraggiosi che mi hanno aiutata.

Era necessario parlarne, dire ‘guardate, stanno chiudendo gli ospedali, stanno mettendo le mani sul patrimonio ospedaliero, sugli ospedali antichi perché sono bottini immobiliari interessantissimi, in quanto sono ubicati nei centri storici e sono molto appetibili per la speculazione’.

Il sabotaggio alla sanità pubblica

Chiesa di San Giacomo in Augusta
Chiesa di San Giacomo in Augusta

E’ necessario informare, tenere i riflettori accesi su questo progetto di privatizzazione della sanità.

‘Nel 2008 già ne parlai in una intervista con Oscar Giannino e raccontai del sabotaggio alla sanità pubblica. Raccontai che la classe dirigente mira ad una sanità privata di tipo americano con le assicurazioni, ed è esattamente quello che è successo con la vicenda del San Giacomo.

Le équipe mediche d’eccellenza vengono in qualche modo smembrate, viene immesso personale sanitario nominato dalla politica, spesso soggetti non preparati. Vengono chiusi i reparti di ostetricia, ginecologia, etc. La medesima cosa ha avuto luogo al San Giacomo; prima di chiudere sono state collocate ZTL in prossimità degli ingressi dell’ ospedale, rendendo difficile l’accesso al pubblico. L’obiettivo in genere è quello di creare difficoltà di vario tipo, chiudere la struttura adducendo ragioni come costi eccessivi per destinare l’immobile alla vendita.

Ciò riguarda gli ospedali ubicati nel centro di Roma ma anche quelli in provincia, fondamentali per la popolazione che vive decentrata e che deve affrontare lunghi spostamenti per permettersi di accedere alle cure. E’ impensabile continuare a chiudere gli ospedali; oggi abbiamo la metà delle strutture sanitarie pubbliche che avevamo. Ci  dicono che abbiamo tre posti letto ogni 1000 abitanti ma non è così.

Ormai abbiamo forse due posti letto ogni 1000 abitanti, se facciamo media nazionale. Calcolando che la Germania ha 8 posti letto ogni 1000 abitanti, la Francia ne ha 5- 6, tutti ne hanno molti più di noi ma continuano a dirci che gli ospedali non servono, son troppi, che costano, eccetera.

Come si curerà  la gente se non ci sono più ospedali? E’ evidente che l’interesse è privatizzare. Dopodiché sponsorizzano la sanità privata convenzionata, contro la quale non ho assolutamente niente, se è in libera concorrenza con la sanità pubblica. Bisogna trovare il modo di far funzionare gli ospedali pubblici, che funzionerebbero se ci fosse meritocrazia, invece che posti assegnati dalla politica.

‘La sanità costa troppo’, mi disse D’Alema, ‘pesa il 70% sul bilancio’. Certo è che una siringa Milano costa un euro, a Roma costa tre, in Calabria la stessa siringa costa molto di più.  E’ chiaro che sulle forniture ospedaliere esiste un ‘magna magna’; tolti gli sprechi abbiamo i soldi per mantenere la nostra sanità.

Se la sanità pubblica deve essere mantenuta e contemporaneamente fungere da bancomat della politica, è evidente che non ce la facciamo. Il denaro in Italia c’è; il problema è non è utilizzarlo bene o sprecarlo. Bisogna ridare alla gente la possibilità di potersi curare. Il turnover del personale è stato bloccato, non ci sono più medici e infermieri e i posti letto sono due invece di tre ogni 1000 abitanti.

Senza la metà degli ospedali che erano presenti sul territorio, la situazione è catastrofica. I medici sono al di sotto del numero necessario. Lavorano duramente, alcuni vanno all’estero. Per formare un bravo medico di terapia intensiva ci vogliono anni, questa gestione folle della sanità ci sta portando a non avere più la possibilità di curarci, o perlomeno ad averla solo a pagamento, come in America.

Il San Giacomo riaprirà

Io sono contro la manipolazione della verità e la propaganda –continua Oliva-. Si è continuato a chiudere ospedali invece di riaprirli. Il San Giacomo poteva essere riaperto in fretta ad esempio per curare il post covid. Ma non è stato così. Esiste una condizione di grave malafede, ed io sono davvero amareggiata. La gente comincia a capire ormai.’ 

Oliva il San Giacomo tornerà a disposizione di chi ne ha bisogno per curarsi?

‘C’è una sentenza molto chiara, avrebbe dovuto già riaprire, troveremo i soldi e riaprirà. Ormai è diventato emblema della battaglia contro una politica becera. Questa sentenza costituisce un precedente. La gente muore, ha bisogno di ospedali. Il San Giacomo è chiuso ma riaprirà”.

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