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Social ‘housing’ a Santa Palomba: polemiche sul “cemento” di Virginia Raggi in mezzo a degrado, prostitute e industrie pesanti

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Il social housing è sbarcato a Roma da appena una settimana, da quando cioè l’attuale amministrazione capitolina l’ha annunciata in pompa magna, che ha già scatenato un mare di polemiche. 

Di cosa parliamo? Di un modello di edilizia privata a carattere sociale già affermato in Europa ma da non confondere con la tradizionale tipologia di edilizia residenziale al secolo come le “case popolari” (anche se, in linea di principio, il concetto è fondamentalmente lo stesso). 

Il luogo scelto per far partire il progetto è Santa Palomba, nella parte ricadente nell’IX Municipio, tra le stazioni di Pavona, Cancelliera e Pomezia. Ed è proprio da qui che partono i primi attacchi: ha senso infatti, sostengono in molti, parlare di social housing di Roma se le case saranno distanti dal campidoglio oltre 30km? 

Non solo. I quasi mille alloggi da costruire (stime parlano di circa 4.000 anime potenziali) a Santa Palomba – zona peraltro vessata da una miriade di problemi su tutti prostituzione e degrado – sono già stati definiti una vera e propria colata di cemento targata Virginia Raggi in barba ai principi originali del Movimento 5 Stelle (non a caso il provvedimento è inviso a una parte della base) inneggianti al recupero di zone già esistenti anziché consumare nuovo suolo; altri, come ad esempio l’arch. Francesco Sanvitto, responsabile del “tavolo permanente dell’Urbanistica”, hanno tuonato: “Si spaccia una speculazione come intervento di pregio, siamo oltre ad ogni decenza”. 

Insomma: la strada del social housing è solo all’inizio ma il percorso appare decisamente in salita.

Approfondimento sul numero di giugno de Il Corriere della Città

 

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