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Thirteen, la serie TV che colpisce i piccoli e scuote gli adulti

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Se non avete avuto modo di vederla, sono certa che probabilmente ne avrete sentito parlare. Thirteen Reasons Why, serie Netflix che si basa sul libro di Jay Asher, prodotta da Selena Gomez e Tom McCarthy, ha debuttato solo qualche settimana fa, ma non ha certo tardato nel suscitare dibattiti e polemiche. Non parliamo della classica serie TV da birra e pop corn. Thirteen, in verità, la fame me l’ha fatta passare, colpendomi, disgustandomi, alle volte facendomi male, provocandomi con l’inusuale realismo che ha diviso l’opinione pubblica a causa dell’argomento trattato: il suicidio di un minore. 

Hannah Baker, la protagonista, è un’adolescente che da poco, insieme alla famiglia, si è trasferita in una nuova città. A scuola difficile socializzare con tutti, farsi capire da ogni compagno, soprattutto quando il proprio essere viene frainteso, manovrato, distorto. Hannah, per mesi, sarà vittima della superficialità e della cattiveria di chi la circonda, ma anche del suo non riuscire a reagire davanti a fatti di vita che modificheranno irreparabilmente la sua esistenza.  Dopo un’ultima goccia che farà traboccare un vaso colmo di sofferenza e mal di vivere, Hannah deciderà di uccidersi, lasciando però in circolazione delle audiocassette custodi dei 13 motivi e persone che l’hanno portata ciò.

Immagino l’avrete intuito; questa serie è nuda, cruda, tratta un argomento tabù e lo fa senza mezzi termini. Sbatte in faccia la realtà, descrivendo perfettamente l’attuale società e i pericoli annessi. Thirteen Reasons Why, schiaffeggia il telespettatore con la superficialità, la stupidità e anche la crudeltà di cui sono capaci i giovani quando in branco, e punta il dito anche contro gli adulti che vengono descritti insieme alle loro debolezze e all’arroganza che spesso li fa peccare di superficialità. 

E’ una serie diversa, la prima che riesce a parlare di bullismo, violenza sessuale, suicidio, senza alcun mezzo termine, senza ipocrisia, senza tagliare, omettere o dirla in modo più carino per paura di disturbare il pubblico. Nasce per scuotere i telespettatori, svegliandoli da quello stato di torpore mentale che porta a credere che certe cose possano capitare solo agli altri, mai a noi o a chi amiamo. Quella di Hannah è una storia sulla quale tutti dovremmo riflettere, e che, per l’attualità dei fatti, potrebbe – forse dovrebbe? – essere proposta e vista anche all’interno di scuole superiori e università.  

Eccessivo? Non credo. Con i contenuti che circolano sui social network, non saranno di certo 13 puntate di una serie tv a sconvolgere i nostri ragazzi. Anzi… 

A presto. 

Alessandra Crinzi

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