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Torvaianica, benvenuti all’Ecomostro Resort: vi ‘guidiamo’ nel tour dell’orrore

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Chi non l’hai mai visto? E chi non ha mai pensato che sarebbe ora che qualcuno prendesse provvedimenti per eliminare quello scempio? E chi non ne immagina la pericolosità e lo schifo che potrebbe esserci all’interno? 

Forse pochi, probabilmente nessuno.

Stiamo parlando dell’ecometro di Torvaianica, quella bruttissima struttura bianca in stato di (finto) abbandono che dà il “benvenuto” a chi arriva nella piazza centrale.

Noi, per toglierci la “curiosità”, ma anche per dimostrare quello che tutti sanno o immaginano, siamo entrati, fotografando e filmando quello che ora vi descriviamo nel dettaglio. Qui troverete tre video e la gallery completa delle foto scattate, che non abbiamo potuto riportare nell’edizione cartacea per evidenti motivi di spazio. Ci spiace non poter riportare gli “odori”: la puzza asfissiante che accoglie sin dai primi passi fatti dentro l’ex hotel Biagio.

Finora ci eravamo occupati, più volte, dell’ormai famoso “hotel bridge”, il ponte sul lungomare delle Sirene che nasconde il rifugio di una decina di senzatetto. Persone innocue e “invisibili”, così come le avevamo soprannominate nella nostra prima inchiesta, effettuata nel 2011: perlopiù stranieri non solo senza casa, ma anche – ormai – senza identità, che vivevano (e ancora vivono) a Torvaianica estate e inverno.

Stavolta, invece, ci occupiamo di un hotel più lussuoso, l’ “Ecomostro resort”. Già, proprio quell’ecomostro – nome dato alla struttura di piazza Ungheria anche dall’amministrazione comunale di Pomezia. L’ex albergo “Biagio”, dal nome del suo fondatore, di cui finora si è parlato principalmente per la sua bruttezza, che fa da orribile biglietto da visita per Torvaianica, e – meno insistentemente, per la possibile pericolosità che rappresenta.

Proprio su questo giornale, circa due anni fa, avevamo segnalato la presenza di alcuni ragazzini che – incuranti del pericolo che stavano correndo – erano saliti sul tetto della struttura.

Ma quello che vogliamo documentare questa volta è ben altro. È qualcosa che molti – per non dire tutti (e per tutti intendiamo l’amministrazione comunale, la polizia locale, i carabinieri e tanti altri) – sanno perfettamente: la struttura non è affatto abbandonata, ma abitata.

Da mesi, almeno da maggio, ci vivono una ventina – a volte di più, a volte di meno – di stranieri: persone che vanno e vengono nel degrado e nella sporcizia più totale. Per non parlare del tanfo. Lo possiamo dire con cognizione di causa, perché noi lì dentro ci siamo stati, come dimostrano le foto e i video che abbiamo girato nel corso del nostro reportage.

Entrare nella struttura è semplicissimo: c’è un varco proprio dal lato della strada principale, a pochi metri dalla rotonda. Dopo infinite segnalazioni da parte di cittadini e commercianti, qualche giorno prima di Ferragosto il varco è stato chiuso dagli agenti della polizia locale con del nastro bianco e rosso.

Ovviamente il “sigillo” è durato poco meno di un’ora. Il via-vai di stranieri che entrano ed escono dalla struttura è continuo, anche se ci sono gli orari di punta, neanche fossimo sulla Pontina: verso le 8:30 la mattina di assiste all’uscita in massa, mentre verso le 19:00 al rientro. Poi dopo cena, intorno alle 21:00, tutti di nuovo fuori, per rientrare a notte fonda. Ma ci sono anche i fuori orario, con persone che transitano nell’arco dell’intera giornata. Non c’è mai un momento in cui si è sicuri che all’interno non ci sia nessuno.

Anche nel corso delle nostre “incursioni” abbiamo sempre trovato qualcuno, e siamo stati costretti a fuggire prima che ci venisse, nella migliore delle ipotesi – tolta dalle mani l’attrezzatura da lavoro, ovvero i cellulari con cui abbiamo fatto foto e video.

Prima di entrare abbiamo fatto diversi giorni di appostamenti, per capire quanta gente viva lì dentro. Una volta siamo stati “beccati” da un uomo che si è accorto che stavamo tenendo sotto controllo l’entrata. Invece di entrare si è fermato all’angolo del bar che si trova dall’altro lato della rotonda e ci osservava.

Lo abbiamo detto agli agenti della polizia locale, che vedendo il nastro rotto hanno provveduto a riposizionarlo, stavolta più fitto.

Durata del lavoro degli agenti: 5 minuti. Durata del “sigillo” prima di essere di nuovo infranto: 15 minuti.

Visto che ormai era nuovamente aperto, qualche giorno dopo anche noi, era il 16 agosto, abbiamo deciso di varcare la soglia.

Entrando nella struttura veniamo investiti da un terribile tanfo di urina e di escrementi fecali.

E non solo di quelli che fanno gli “abitanti” dell’Ecomostro resort.  Infatti ogni giorno più di qualcuno – turisti? residenti? – ha preso l’abitudine di utilizzare la parte interna del portico come bagno d’emergenza: si entra, si fa pipì nella poca erba rimasta tra calcinacci e rifiuti, oppure si defeca in una delle stanze interne e si riesce nell’arco di due minuti. Alla faccia dell’igiene. E dell’aria salubre e profumata di mare.

Cercando di non fare caso alla puzza – che davvero stordisce, almeno fino a quando non ci si abitua – e di non fare nessun rumore percorriamo in lungo e largo il piano terra. Ci sono diverse sale ampie, piene di resti di cantiere, qualche bottiglia vuota e rifiuti di ogni genere. Esplorando il piano terra arriviamo fino a una rampa di scale nascosta dietro un muro. Saliamo al primo piano. Qui in due grosse stanze si ripete lo scenario di devastazione visto di sotto, ma in maniera molto peggiore. In due sale a terra ci sono “tappeti” di bottiglie, tra le quali si vedono resti di escrementi. Centinaia di bottiglie vuote. E centinaia di “cacche”, passateci il termine, ma queste sono. Ma c’è anche altro: in una stanza un po’più piccola vediamo, attraverso il vano di ingresso (ovviamente non ci sono porte) una sorta di giaciglio. Guardando meglio ci accorgiamo che sono due. Coraggiosamente facciamo un passo avanti per sbirciare cosa ci sia all’interno dell’intera stanza. Proprio in quel momento un fragoroso russare ci fa saltare in aria dallo spavento. Il rumore viene da quel locale, ma restando sul ciglio non riusciamo a vedere nessuno. Ancora un passo, e spuntano dei piedi e delle gambe alla nostra destra: un uomo sdraiato in un vecchio materasso (e sono quindi già tre nella stessa stanza) sta dormendo della grossa. Ci voltiamo leggermente, sempre in silenzio, e ci accorgiamo che dal lato opposto della camera un altro uomo è seduto di spalle rispetto a noi. Per fortuna non ci ha sentiti. Di fronte a lui un tavolo con qualcosa sopra. Ma in quell’istante il russare cambia tono: l’uomo che dormiva si è svegliato e noi, un attimo prima di essere scoperti, riusciamo a fuggire. I due non fanno in tempo a vederci, a capire chi siamo: potremmo essere degli innocui ragazzini venuti a dare fastidio. Certo non poliziotti, altrimenti non saremmo fuggiti.

Poi, da fuori, osserviamo cosa succede. Nessuno esce, quindi i due sono tranquilli. Ma noi non tanto, perciò decidiamo di andarcene e di ritornare qualche giorno dopo.

LA SECONDA “INCURSIONE” NELL’HOTEL ABBANDONATO

Domenica 20 agosto siamo tornati in piazza Ungheria. A Torvaianica c’era la sagra degli spaghetti con le telline: stand gastronomici erano posizionati davanti all’Ecomostro Resort, ma l’entrata per gli occupanti abusivi è stata lasciata libera: un largo spazio tra un banchetto e l’altro consentiva infatti un agevole passaggio degli “invisibili”. E pure il nostro. Siamo entrati verso le 18:00, sperando che a quell’ora gli occupanti fossero ancora fuori. Una volta dentro, la stessa puzza e la stessa desolazione di quattro giorni prima ci ha accolti.

Una bicicletta – nuovissima – era parcheggiata accanto al muro vicino alle scale, segno che qualcuno era dentro l’edificio.

Armandoci di coraggio e incoscienza siamo saliti al primo piano: qui gli escrementi erano aumentati, così come le bottiglie ormai vuote. Girando a destra rispetto alle scale, quindi verso la grande stanza dove qualche giorno prima c’erano persone che dormivano o mangiavano, abbiamo sentito delle voci parlare in una lingua sconosciuta: erano presenti almeno tre uomini.

Entrare in quella stanza non ci è sembrata una buona idea, quindi, sempre in assoluto silenzio, abbiamo proseguito sulle scale, salendo al secondo piano.

Qui la scena che si presentava ai nostri occhi ricalcava quella dei due piani sottostanti, anche se le stanze erano meno sporche e molto più luminose. Anche qui muri imbrattati di scritte non sempre “gentili”. Dopo aver esplorato il salone più grande siamo andati in quella che anche in questo piano è stata scelta come “camera da letto”: giacigli stropicciati e sporchi a terra, tracce evidenti di vita vissuta, magari non proprio nel modo in cui farebbe la maggior parte di noi.

Nelle altre stanze troviamo ancora bottiglie, stavolta poche, abiti e scarpe ammonticchiati in diversi punti.

Qui la puzza non si sente: non sappiamo se è perché ormai il nostro olfatto si è abituato e non percepisce più il caratteristico tanfo di questo luogo o se perché effettivamente questo piano è meglio tenuto rispetto agli altri.

Terminato il tour del secondo piano, dove in questo momento non ci sono ospiti, saliamo ancora, fino al terrazzo. Non siamo di certo i primi a farlo: anche qui scritte e segni di presenze si notano ovunque. Il panorama è bello, non c’è che dire: guardando fuori si può vedere il mare e un tramonto spettacolare. Peccato che, tornando con lo sguardo verso l’interno, ciò che si ha di fronte toglie tutta la poesia del momento e fa tornare alla realtà: un posto sporchissimo, pericolante e pericoloso (ci sono ascensori rotti, quadri elettrici che non si capisce se trasportino o no la corrente, finestre e porte smontate, oltre a tutto quello che abbiamo raccontato in precedenza).

E poi ci sono “loro”. Scendendo sentiamo di nuovo le voci di queste persone. Dagli appostamenti fatti nei giorni precedenti ci siamo accorti che sono circa una quindicina, di età compresa tra gli apparenti 18 anni fino a circa 60 anni. Cosa fanno per vivere? Chi sono? Da dove vengono? Le attività che svolgono sono lecite o no?

All’interno della struttura non abbiamo visto merce che faccia pensare a venditori ambulanti. Certo, potrebbero averla messa da qualche altra parte, lontano da qui, ma sembra strano. I venditori abusivi che lavorano sulle spiagge di Torvaianica solitamente dormono nelle tendopoli, anche queste abusive e in pessime condizioni igieniche, che si trovano dietro via Zara, a poca distanza dal depuratore, oppure nei campi compresi tra via Danimarca (di fronte alle giostre) e via Siviglia, in pratica tutto il tratto parallelo a via Carlo Alberto Dalla Chiesa, e si portano sempre appresso i loro carrettini, per non perderli di vista e non farsi rubare nulla.

Qui invece non c’è traccia di “commercio da spiaggia”. Come vivono, allora, queste persone?

Quello che abbiamo notato è che la sera, dopo cena, molti di loro – soprattutto i più giovani – escono da qui “in tiro”, capelli gelatinati e maglietta diversa rispetto a quando erano rientrati qualche ora prima. Poi tornano a notte fonda, come fanno tanti giovani dalla vita più normale.

La nostra inchiesta sull’Ecomostro Resort per il momento finisce qui: abbiamo cercato di documentare il più possibile cosa c’è all’interno. Per quanto riguarda tutto il resto (chi ci vive, sicurezza, problemi legati alla sanità) non è compito nostro andare oltre. Di certo ci sarebbe da prendere dei provvedimenti, non fosse altro per far bonificare il sito, che igienicamente parlando è in condizioni che definire pessime è un complimento.

Vero è che si tratta di una struttura privata, ma forse è arrivato il momento che qualcuno – a livello istituzionale – cerchi e trovi sul serio una soluzione a un problema che non è solo estetico (anche se pure quello influisce: che razza di turismo può offrire un posto che come “cartolina” della piazza principale mostra una bruttura simile?), al di là dei proclami (troppi ce ne sono stati negli ultimi 7-8 anni!) e delle polemiche.

Perché Torvaianica e i suoi abitanti, quelli regolari, che pagano le tasse, che lavorano onestamente, che vorrebbero il rilancio della propria città, se lo meritano.



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