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Tra paure, dubbi e incertezze: la ‘denuncia’ di Flavia e il suo viaggio di ritorno dalla Spagna

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Tornare o non tornare in Italia: tra dubbi, incertezze, paura di mettere a rischio gli altri, ma soprattutto i tuoi cari. La mancanza di casa, degli affetti, la lontananza che diventa ancora più difficile da sostenere in un periodo di emergenza sanitaria come quello che tutti noi stiamo vivendo. Lontani dalle proprie famiglie, il timore di trovarsi in un Paese con un sistema sanitario magari non dei migliori, sentirsi ancora più soli, abbandonati e vivere costantemente in un limbo. Scelte difficili, tentennamenti, insicurezze, non sapere bene come agire in una situazione che, in breve tempo, è diventata molto più grande di quello che avremmo mai potuto immaginare. Difficile da gestire, per tutti: una battaglia contro un nemico invisibile che ci ha ‘colti’ di sorpresa e impreparati. E sono proprio queste le paure che Flavia M., una giovane ragazza di 21 anni, ha voluto raccontare alla nostra redazione. Ci ha spiegato di come abbia vissuto all’estero quello che stava, invece, accadendo in Italia; di come abbia cercato di informarsi e di come poi, nonostante le esitazioni, abbia deciso di acquistare un biglietto aereo per far ritorno in Patria. Il suo viaggio ha inizio sabato 28 marzo da Siviglia, con partenza il giorno dopo da Madrid per Roma e dall’aeroporto della Capitale fino alla sua ultima destinazione: Napoli.

Ci ha raccontato della sua personale esperienza vissuta negli aeroporti di Madrid, Roma Fiumicino e Napoli e ci ha scritto perché vuole ‘denunciare’ un sistema a sua detta ‘inadeguato’ per la gestione dei passeggeri negli scali aerei e a bordo del velivolo stesso.  Riportiamo la sua lettera integrale:

‘Mi chiamo Flavia, sono una studentessa di 21 anni e mi trovavo a Siviglia per il programma di studio Erasmus quando è emerso il primo caso positivo di Coronavirus in Italia. Da quel giorno non si è mai smesso di parlarne, anzi, è diventato il principale argomento di qualunque conversazione. Col passare dei giorni vedevo il numero di casi positivi in Italia aumentare, e cercavo di mantenermi al corrente della situazione in Spagna. Ero preoccupata perché vedevo che nel mio paese d’origine non venivano prese le misure di sicurezza adeguate per bloccare il fenomeno, sapevo che quasi tutti continuavano a vivere come se nulla fosse, e a pensare che il virus fosse una semplice influenza. Mi sentivo fortunata a trovarmi in un paese in cui la situazione era molto diversa: l’idea che l’epidemia potesse arrivare fin lì non mi ha mai sfiorata. Quando l’Italia è stata dichiarata zona rossa la Spagna ha chiuso le frontiere con il nostro Paese, ed il mio volo previsto per il 5 aprile è stato annullato, come tutti gli altri voli diretti per l’Italia. Mi sono detta che non faceva nulla, che sarei tornata più in avanti a casa: non avevo intenzione di lasciare la Spagna e soprattutto gli studi che lì stavo conducendo. Ma nel corso della stessa settimana ho visto la preoccupazione situazione italiana replicarsi li dov’ero, con un ascendente numero di contagi e la totale assenza di precauzioni. L’ultimo giorno che sono andata all’università ero l’unica in metropolitana ad indossare la mascherina. Tre giorni dopo in Spagna è stato dichiarato lo stato d’allarme, è iniziata la quarantena. Non sapevo come i cittadini la stessero vivendo, perché non uscivo mai di casa; ogni sera alle 20 sentivo un forte applauso esplodere all’esterno: un modo per ringraziare la sanità spagnola della tenacia con cui si stava combattendo. Sono stata in quarantena per 14 giorni in Spagna; non avevo paura di ciò che potesse succedere, e continuavo a dire ‘ resto qui’, ma dentro di me non mi sono mai sentita convinta di quella scelta. Consultavo ogni giorno il sito della compagnia aerea Alitalia, per informarmi sui voli di rimpatrio che sapevo erano stati messi a disposizione. Venerdì 27 marzo mi accorgo che c’è un volo previsto per il giorno 29 marzo con partenza da Madrid, scalo a Roma, e destinazione finale Napoli. Ho esitato molto prima di acquistare il biglietto, mi sono chiesta se tornare fosse la scelta giusta; avevo soprattutto timore che durante il viaggio potessi mettermi a rischio, e poi a mia volta diventarlo per la mia famiglia. Seguivo già da due settimane le lezioni online, sapevo che i miei genitori erano preoccupati di sapermi distante – sebbene non mi abbiano mai espressamente chiesto di tornare; non sapevo quale sarebbe stato il trattamento riservato ad un cittadino italiano in caso di emergenza sanitaria. Inoltre mi rendevo conto che la situazione si sarebbe prolungata molto e che forse ad un certo punto avrei sentito il bisogno di tornare a casa. Quindi ho colto l’occasione e ho prenotato il suddetto volo. La prima cosa che mi ha sconvolta è stato l’importo che ho dovuto pagare, un prezzo molto elevato rispetto a quello di un comune biglietto aereo; considerando che questi voli vengono definiti ‘di rimpatrio’, li vedevo come una strategia per riportare a casa gli italiani bloccati in Spagna dalle restrizioni imposte dal Governo. Ma è evidente che sia cosi; uno studente che in quel momento non avesse avuto i soldi per comprare il biglietto aereo sarebbe rimasto in Spagna, a dispetto delle sue paure. L’ennesima ingiustizia, una discriminazione basata sulla disponibilità economica. Ho chiaramente immaginato che un volo così ingiustificatamente caro mettesse i passeggeri in condizioni di sicurezza, e mi sono pertanto rassicurata. Anche in questo caso mi sbagliavo: i due aerei che ho preso erano dei normali aerei di linea, ed i due voli (Madrid-Roma; Roma-Napoli) erano quasi al completo; eravamo seduti l’uno accanto all’altro, senza rispettare alcuna distanza di sicurezza. Sul secondo volo i passeggeri venivano invitati ad indossare la mascherina, e veniva detto che il servizio bar non sarebbe passato per mantenere la sicurezza dei passeggeri. Mi sono sentita presa in giro! Spendere una cifra così elevata, con la speranza di non avere complicazioni durante il viaggio, e poi essere vicinissima a passeggeri che vengono da altre città d’Europa, sul volo, nelle code, durante l’attesa dei bagagli. Questi predisposti da Alitalia non mi sembrano voli di rimpatrio – conclude Flavia – ma piuttosto l’ennesima scusa per coltivare i propri interessi’. 

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