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Inchiesta. Covid e usura a Pomezia: «Ti servono soldi? Ti aiuto io». Così si cade in mano agli ‘amici’ strozzini

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Crisi economica galoppante per colpa del Coronavirus. Ristoranti, bar, pizzerie e pub costretti a lavorare a orario ridotto, palestre chiuse. Le entrate sono sempre più ridotte, a fronte di uscite sempre uguali, con la conseguenza di attività commerciali che falliscono oppure sono costrette a licenziare o a mettere in cassa integrazione i loro dipendenti.

Ma ci sono anche situazioni peggiori di queste. Quando i debiti si accumulano e le banche non concedono più crediti, ecco che per riuscire a pagare tutto a volte si finisce in un baratro dal quale poi è quasi impossibile uscire: l’usura. Durante il periodo della pandemia da Covid-19 questo reato è aumentato del 30% sul nostro territorio. Sempre più imprenditori si rivolgono agli usurai, rimanendo intrappolati. La percentuale di vittime che denuncia è minima e solitamente lo fa dopo aver pagato per almeno un anno, sborsando una cifra a tassi che solitamente oscillano tra il 10% e il 15% mensile.

Noi, che stiamo seguendo da vicino la situazione dei commercianti locali colpiti dalla crisi da Coronavirus e le vittime di usura, vi raccontiamo come funziona il meccanismo “dell’amico”.

Da Il Corriere della Città – NOVEMBRE 2020

La criminalità a Roma sud

Traffico di droga, estorsione, usura: questi sono i reati che maggiormente proliferano nel sottobosco dell’apparente normalità di questi luoghi. Parlando di usura, nei giorni scorsi è stata fissata l’udienza di giudizio immediato per Francesco Lomasto: il GIP Paola Della Monica ha accolto la richiesta del PM Margherita Pinto. L’ex pugile si troverà davanti al giudice il 9 dicembre 2020 come indagato “perché – si legge nel decreto – si faceva dare o promettere da xxx per sé o per altri, in corrispettivo del prestito della somma di 250.000 euro, interessi usurai al tasso del 10% fisso mensile”, “…perché al fine di costringerlo a restituire le somme pattuite a titolo di interessi usurai e capitale, poneva in essere atti di larvata minaccia riferendogli di aver malmenato altri suoi debitori che tardavano a pagare, lasciando intendere che tale sorte potesse accadere anche a lui”.

I fatti sono noti: l’imprenditore pometino vittima di usura aveva conosciuto Lomasto perché gli aveva venduto un piccolo appartamento per la cifra di 55 mila euro. I due avevano fatto amicizia, e questo è un punto molto importante. Pochi mesi dopo, a seguito di alcuni problemi finanziari dovuti a un debito milionario con Equitalia, l’uomo si era rivolto all’ex pugile per avere dei soldi in prestito, 250 mila euro. Lomasto, vedendo in lui un ottimo “affare”, gli fa la sua offerta: i soldi gli verranno dati in 5 tranche da 50 mila euro, mentre la restituzione deve avvenire con un tasso mensile del 10%, ovvero il 120% annuo.

In più, immediatamente, l’imprenditore deve ricomprarsi l’appartamentino, ma a 80 mila euro, facendo così guadagnare ben 25 mila euro netti a Lomasto in pochi mesi. Inizia così un incubo che lo porta a pagare 350 mila euro nel giro di 3 anni, con un residuo di 140 mila euro di debito, destinato a non essere mai estinto. E poi favori, orologi e gioielli quando non c’è la possibilità di avere accesso ai soldi contanti: ma vediamo come funziona questo meccanismo.

Non una sola vittima, non un solo carnefice

Ma non è certo il solo imprenditore – o piccolo commerciante, o artigiano – di Pomezia, Torvaianica o Ardea ad essere finito nelle mani degli “strozzini”. In questo periodo, come lui ce ne sono diversi, che stanno ancora pagando le rate di un prestito che non finirà mai. Ecco qual è il meccanismo. Il commerciante, o imprenditore, si trova in difficoltà economica perché non riesce a pagare i fornitori, le tasse, oppure per altri motivi.

Ha urgente bisogno di soldi per ottemperare a scadenze urgenti e non riesce a ottenerli attraverso le banche. Delle sue difficoltà lo viene a sapere, perché ne parla direttamente o attraverso altre persone, un “amico”, qualcuno di cui il commerciante, o imprenditore, si fida. Lo conosce già. I due si parlano, l’imprenditore in difficoltà dice qual è la cifra di cui ha bisogno ed entro quando. Il finto amico dice che lui quei soldi non li ha, ma che farà di tutto per aiutarlo: si rivolgerà a una persona che glieli darà. E qui si aprono due scenari diversi.

I meccanismi

Quando parliamo di vittime, parliamo di gente comune, come il fornaio, il parrucchiere, del gestore del ristorante, del titolare della pescheria o della concessionaria di auto, ma anche dell’imprenditore di alto livello. Le cifre per cui ci si rivolge agli usurai, quindi, sono molto diverse. Così come sono diversi i tassi di interesse e i modi di offerta. Per quanto riguarda le grosse somme, come quelle della vittima del procedimento in cui è indagato Lomasto, l’interesse mensile è “solo” del 10%, perché sarebbe impossibile pagare tassi più alti su importi così elevati. Ma il guadagno arriva anche dal meccanismo di concessione del prestito, che viene dato “a rate”. “Te li posso dare, ma non tutti insieme”.

Gli interessi, invece, vanno pagati in anticipo. Se chiedo 100 mila euro, mi verranno dati in 5 rate da 20 mila euro l’una. A ogni rata corrisponde un interesse mensile di 2 mila euro, quindi in realtà vengono consegnati solo 18 mila euro per ogni tranche. L’importo ovviamente sale ogni mese, se il “cliente” non riesce a restituire i soldi per intero, perché gli interessi vengono calcolati sul debito residuo. Se invece la cifra richiesta è piccola, il tasso d’interesse sale, mediamente è al 50%. Hai bisogno di 5 mila euro? Tra un mese me ne devi dare 7,5.

Ma come funziona, esattamente, la storia dell’amico? Siamo con l’acqua alla gola. Ci servono dei soldi e le banche non ce li danno. Non possiamo chiederli ai familiari. Non sappiamo più come fare. Magicamente appare un amico, sotto forma di un conoscente, un fornitore, un vicino, una persona che se sembrava fidata. Appena ha saputo della nostra difficoltà non si è tirato indietro. “Guarda, io non ce l’ho, ma non preoccuparti, conosco chi te li può dare. Garantisco io per te. Solo che quella è gente che vuole essere pagata puntuale e vuole pure gli interessi in anticipo, io te lo dico prima, non vorrei che poi te la prendi con me che non c’entro niente”. Già, “l’amico” fa sempre finta di non entrarci niente: i soldi non sono i suoi, ma di qualche fantomatico cattivone che se non si mantengono i patti poi si arrabbia.

Un vicolo cieco

Ma l’imprenditore è disperato e vede questa come l’unica soluzione, non comprendendo che si tratta di una strada senza uscita. I soldi arrivano e i guai pure. Fino a quando i pagamenti delle rate sono puntuali va tutto bene, anche se la vita cambia: telefonate tutti i giorni, più volte al giorno, visite a sorpresa. Tutto per ricordare la presenza dell’usuraio e le scadenze imminenti. “Ti ricordi che devi pagà? Non sono soldi miei, ti sto facendo la cortesia, ci ho messo la faccia, per te, adesso non puoi farmi litigare per colpa tua: io devo ridarglierli quei soldi”. E allora si fa di tutto per pagare puntualmente. Ci si indebita sempre di più. L’usuraio è gentilissimo: passa a trovarci, ci chiede come stiamo, addirittura potrebbe anche farci un cesto a Natale o un regalino per il compleanno, per dimostrarci il suo affetto. Del resto, come non potrebbe amarci, con quello che gli facciamo guadagnare? Ma la gentilezza si trasforma in rabbia se capisce che siamo in difficoltà.

Le telefonate cominciano ad avere un altro tono. Minacce più o meno velate, che possono coinvolgere anche i familiari. “Devi ridargli i soldi all’amico mio, altrimenti t’incarti, lo capisci? E se non hai i soldi, dammi quello che hai: gioielli, orologi. Li vendo e vedo quanto ci faccio e lo scaliamo dal debito. O devo venì a parlà con tua moglie?”. Ecco: questa è solo una piccola parte dell’incubo che vivono le persone sotto usura. Quello che abbiamo scritto è un racconto vero, i virgolettati sono realmente quanto viene detto alla vittima di usura. E, da quanto raccolto finora nella nostra inchiesta, il modus operandi dell’usuraio professionista non si discosta molto da questo.

Uscire da questo tunnel è possibile, ma la strada è una sola: quella della denuncia, come ha fatto l’imprenditore pometino, che nel giro di 5 mesi è riuscito a riavere indietro i 3 appartamenti che l’usuraio gli aveva tolto, la sospensione delle tasse per 3 anni (ovviamente poi dovrà pagarle) ed è stato affiancato dalla presenza delle forze dell’ordine, che non lo hanno mai lasciato solo in questo percorso. Di contro, per restituirgli il maltolto, la magistratura ha effettuato nei confronti dell’imputato un sequestro preventivo per equivalente finalizzato alla confisca, ponendo sotto sequestro sia la villa in cui abitava all’Infernetto, portandolo a spostarsi altrove agli arresti domiciliari, sia la lussuosa macchina che la moto Harley Davidson, sequestrando inoltre anche i conti correnti personali.

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