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Sanità, la fuga dall’Italia dei nostri operatori sanitari: 180.000 tra medici e infermieri all’estero. UGL: “Fermare questo esodo di massa”

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Ambulanze ferme al pronto soccorso

E’ un vero e proprio esodo di massa quello dei nostri operatori sanitari verso l’estero. Numeri impressionanti, emersi nell’ultimo report OCSE, che riaccendono i fari sulla tenuta nonché sullo stato di salute (in tutti i sensi) della sanità pubblica. I dati parlano di 180.000 operatori italiani migrati all’estero, un trend che va assolutamente fermato. E invertito. 

Sanità, Giuliano (UGL): “180.000 operatori italiani all’estero”

“Solo chi per anni ha girato la testa e ha fatto finta di non vedere può rimanere insensibile alla fuga all’estero di tanti, troppi, operatori sanitari italiani. I dati dell’Ocse parlano di un vero e proprio esodo di massa. E così, zavorrato verso il fondo anche dal blocco del turn over, il nostro SSN è affogato con la complicità di molti”, dichiara Gianluca Giuliano, Segretario Nazionale della UGL Salute.

“Operatori sanitari formati e lasciati scappare all’estero”

“I motivi che hanno spinto tra il 2000 e il 2022 circa 131.000 medici e 48.000 infermieri a lasciare la nostra nazione sono chiari: stipendi migliori, garanzie contrattuali certe, possibilità di crescere professionalmente. Così l’Italia – prosegue il sindacalista – dopo aver investito su questi 180.000 operatori formandoli si è vista privare del loro apporto professionale. Il percorso per diventare infermiere costa circa 22.500 euro sui cinque anni e 13.500 sul triennio mentre quello di un medico 41.000 euro per i sei anni di laurea, che può salire a circa 160.000 euro sommando la specializzazione. Insomma, parliamo di circa tre miliardi e mezzo di euro investiti a vuoto visto che ormai questi medici e infermieri svolgono le loro mansioni in altre nazioni. Un danno non solo economico ma anche di forza lavoro per un settore, la sanità, dove la carenza degli organici è un’emergenza indifferibile. Bisogna dare risposte concrete, e ci rivolgiamo al Ministro Schillaci sensibile all’argomento, per tornare a rendere appetibili le professioni sanitarie e provare a far riprendere la strada di casa a chi ha scelto di lasciare l’Italia. Servono emolumenti adeguati, bisogna garantire agli operatori di svolgere la professione in ambienti sicuri, dignitosi e garantendo loro turni che non siano massacranti e prevedano i giusti riposi come per chiunque svolga lavori usuranti quali sono quelli della sanità. Serve intervenire in fretta perché il limite per garantire un SSN giusto e che soddisfi l’esigenza di assistenza dei cittadini è stato superato da un pezzo”, conclude Giuliano. 

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I lavoratori per Ares 118

Ma non ci sono soltanto medici e infermieri. A chiedere maggiori tutele anche dal punto di vista salariale e contrattuale c’è anche il comparto dei lavoratori per Ares 118. “Rileviamo la totale mancanza di attenzione verso coloro i quali, fino a poco tempo fa, erano considerati eroi ma che ora vengono umiliati a causa delle condizioni lavorative e contrattuali. Molti sono precari e alcuni vengono o sono stati perfino licenziati. Dobbiamo dire basta a tutto questo. Fino a ieri eravamo la cornice che sorreggeva la tela del SSN adesso siamo l’ultima ruota del carro: l’aumento del salario  deve essere una priorità anche in questo settore“, commenta a questo proposito Massimiliano Scermino delegato per UGL Salute in Ares 118.

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