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“L’ospedale non deve chiudere”, cittadini di Tarquinia in protesta per difendere la struttura sanitaria

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“L’ospedale non deve chiudere”, cittadina di Tarquinia in protesta per difendere la struttura sanitaria. I residenti del Comune, in provincia di Viterbo, non ci stanno e difendono l’ospedale della loro città. Una struttura ospedaliera che negli ultimi mesi ha visto chiudere diversi reparti e prossimamente anche quello di Ortopedia, per via della mancanza di medici. La fotografia dei tagli alla sanità effettuati in questi anni sulle strutture della Regione Lazio, che rischiano di lasciare un territorio con oltre 16 mila abitanti senza un distretto sanitario di riferimento.

I residenti si oppongono alla chiusura dell’Ospedale di Tarquinia

Come menzionato dal TGR Lazio, l’intera cittadinanza è scesa in piazza per dire “no” all’ennesimo taglio della sanità regionale. Intanto che si spera in un cambio di rotto sotto il presidente Francesco Rocca, i residenti sono disperati davanti questa situazioni. Oggi, chi abita a Tarquinia può optare sulle visite in privato, oppure rivolgersi alle strutture di Roma, Grosseto e Civitavecchia. Situazioni che, nel tempo, rischiano di far morire questo storico Comune laziale. 

Il collasso del polo ospedaliero di Tarquinia, non è un fatto di questi giorni. Come racconta una residente, “è una strategia che va avanti almeno da 15 anni, tra mancanza di turnover e taglio dello staff sanitario”. L’ospedale locale è vivo da novant’anni, ma potrebbe non vedere più la luce con le ultime politiche imposte sulla sfera sanitaria nel Lazio. Recente è la chiusura del reparto di Ginecologia, cui potrebbe seguire anche quella di Ortopedia.

Infatti, per la sfera ortopedica è rimasto un solo medico specializzato. Medico che arriverebbe a breve all’età pensionabile, senza che l’Asl di Viterbo abbia pensato a un’ipotetica sostituzione con uno specialista più giovane. Una situazione destinata a creare numerosi disagi, specie poi se un simile scenario può ulteriormente appesantire il carico di pazienti non solo nei nosocomi della Toscana, ma soprattutto in quelli romani già in evidente difficoltà gestionale. 

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