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Analisi del voto politico 2018: perché crolla la sinistra e vincono M5S e Lega

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Il dado è tratto: gli italiani hanno scelto. Non ci sarà nessuna maggioranza certa in Parlamento. I dati sono ancora traballanti, si saprà tutto con precisione questa sera, ma alla prima formazione, il centro-destra (che si è attestata attorno al 37%), mancherebbero diversi seggi sia alla Camera che al Senato per formare un proprio governo.

Tuttavia due dati sono chiari: M5S e Lega sono i vincitori di questa tornata elettorale nazionale 2018, il centro-sinistra del PD e la sinistra di LeU i perdenti

Due risultati inversi, ma dalle proporzioni similmente incredibili: da una parte una vittoria straordinaria (M5S e Lega fanno rispettivamente intorno al 32% e 17%, assieme forse più del 50% dei voti), dall’altra una sconfitta clamorosa (il PD crolla al 19%, 6-7 punti sotto le elezioni del 2013 e LeU si attesta attorno ad un molto più che deludente 3,6%, almeno 2-3 punti sotto la stima dei sondaggi).

L’ANALISI DEL VOTO: M5S E LEGA

Cosa ha portato a questo exploit grillino e alla prevalenza della Lega di Salvini nel centro-destra?

Prima di tutto la capacità che queste due formazioni hanno avuto nell’intercettare le richieste degli italiani intorno a due tra i problemi più sentiti dalla maggioranza degli stessi e nel saper offrire una soluzione “forte”.

Problema numero uno: pensioni. L’Italia è un paese vecchio anagraficamente ed esiste un’enorme disparità nelle condizioni di lavoro tra giovani ed anziani. Il tema della riforma del sistema pensionistico è particolarmente sentito dagli italiani, che desiderano in massa l’abbassamento dell’età di fine occupazione. Non si tratta solo di un vezzo degli “olders”, c’è anche la percezione che mandare in pensione prima possa liberare il mercato del lavoro per i giovani ed aumentare le loro probabilità di occupazione. Per questo il tema pensionistico e quello della disoccupazione sono strettamente legati.

Problema numero due: immigrazione. Se non la maggior parte, una grossissima fetta di italiani ha paura dell’immigrazione “non controllata”. A volte si tratta di diretto razzismo, altre volte di diffidenza o reazione alla disperazione. In uno scenario in cui la ripresa non sembra toccare le classi medio-basse quest’ultime guardano in gran parte agll immigrati, almeno quelli “clandestini”, come quella “zavorra” che porta ancor più povertà e sotto-sviluppo.

Il merito di M5S e Lega, a prescindere dal giudizio sulle loro ricette, è stato quello di fornire risposte concrete a tali problemi.

In secondo luogo è stata evidente la forza delle loro proposte in materia di sussidi e tasse, al centro dei rispettivi storytelling: il Reddito di Cittadinanza e la Flat tax al 15%. Gli italiani sono stati attratti da due ricette fiscali dalla difficile realizzazione, ma dall’evidente beneficio per tutti (in maniera non troppo progressiva e diversificata).

L’ANALISI DEL VOTO: LA SINISTRA

E in tutto ciò la sinistra? Si possono cercare mille motivazioni della sconfitta: l’essere stato al governo del PD, le contraddizioni post referendum costituzionale, la formazione di LeU a ridosso delle elezioni.

Ma la verità è che sia la coalizione dem che la formazione di Pietro Grasso hanno svolto una campagna elettorale pessima. Il centro-sinistra e la sinistra hanno parlato poco di contenuti, fossilizzandosi l’uno sul rivendicare le cose fatte e chiedere “il voto utile moderato” anche “turandosi il naso” e l’altro su un non precisato obiettivo di “difendere i valori della sinistra“.

Dov’erano PD e LeU mentre M5S e Lega parlavano di pensioni ed immigrazioni? Perché non sono stati in grado di fornire risposte, seppur ovviamente di verso opposto? Si è voluto evitare di affrontare direttamente questi problemi, proponendo con forza le proprie ricette. Nei programmi c’era qualcosa, a voce non è stato detto nulla.

Il peccato originale è evidente: se la sinistra lascia ad altre forze il primato su questioni che dovrebbero riguardarla primariamente (come l’uscita dal mondo del lavoro e l’immigrazione/integrazione), non deve lamentarsi quando perde.

Matteo Renzi è riuscito nel grande obiettivo di portare il PD dal suo massimo storico alle europee del 2014 al suo odierno minimo storico nel giro di soli 3 anni e mezzo. Grasso è riuscito nell’impresa di prendere una serie di formazioni che assieme si attestavano al 5-6% dei consensi e dimezzarli, con l’abilità retorica di un bambino emozionato ed impreparato.

Le conseguenze sugli equilibri interni alle due formazioni saranno evidenti, con un probabile ridimensionamento di entrambi i leader.

L’ANALISI DEL VOTO: FORZA ITALIA E LA SCOMPARSA DEL CENTRO

Infine è necessario spendere qualche parola su Forza Italia ed i partiti centristi, altri due perdenti, anche se non nelle proporzioni catastrofiche della sinistra.

Forza Italia è sconvolta dal primato di Salvini nel centro-destra. L’impegno mediatico fortissimo di Berlusconi in questi ultimi due mesi non ha ripagato, consegnando alle cronache un partito stanco che raggiunge il suo minimo storico (14%). Il cavaliere non può più essere l’unico centro di aggregazione e consenso di FI, i cittadini non gli danno più la fiducia di una volta. Ed il centro-destra, ora, è inevitabilmente a trazione leghista.

Dall’altra parte si registra la non sconvolgente sparizione delle formazioni centriste. Qualche seggio da Noi con L’Italia, qualche seggio da Civica Popolare (con Pierferdinando Casini che riesce sempre a spuntarla), ma si contano sulle dita delle mani. Nessuno dei due è andato oltre l’1%.

POSSIBILI SCENARI

In attesa della fine dello scrutinio ufficiale i possibili scenari sembrano tre, in ordine di probabilità: governo di scopo per riscrivere la legge elettorale e tornare al voto tra qualche mese, convergenza sui contenuti M5S-Lega o convergenza sui contenuti M5S-PD de-renzizzato. Di Maio e Salvini saranno i protagonisti.

Il grattacapo è tutto in mano al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.

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