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La protesta: ristoratori a Piazza del Popolo il 25 gennaio. «Ristoriamo noi, non il Governo!»

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Una manifestazione che vuole essere un salto in avanti rispetto a tutte le battaglie finora combattute. Questo è l’obiettivo di M.I.O. (Movimento Imprese Ospitalità) che lunedì 25 gennaio invaderà piazza del Popolo a Roma e non come in un primo tempo era stato comunicato a piazza della Repubblica, proprio per l’enorme afflusso di dimostranti attesi.

Una manifestazione che ha lo scopo: “di far fronte comune” come scrive sito dell’associazione il Presidente Paolo Bianchini; un fronte forte contro le decisioni del Governo che normano la ristorazione e non solo in Italia durante questa pandemia che sembra infinita e che ha lasciato macerie dietro di sé tra le migliaia di aziende del settore dell’accoglienza del Bel Paese, chiamato così anche e soprattutto per la sua capacità turistica e enogastronomica.

La voce di M.I.O. a Pomezia è Loredana Faccia, che con la sua famiglia gestisce un’attività che è eccellenza del territorio. Anche lei il 25 gennaio sarà in piazza a chiedere semplicemente una cosa: «Tornare a lavorare!»

Perché è fuor di dubbio che quest’ultimo provvedimento regionale che ha messo il Lazio in zona arancione ha tagliato le gambe alle attività di ristorazione che già erano in grande difficoltà dal marzo scorso. Provvedimento arrivato tra l’altro dopo giorni di indecisioni da parte del Governo e della Regione che hanno fatto molto arrabbiare chi di ristorazione vive e dà lavoro a migliaia di famiglie: «Chi sta lì per decidere dimostra di non conoscere la materia. Non si può lasciare nel limbo le attività come le nostre, che sono fatte di programmazione, di acquisti di materie prime fresche, di organizzazione dei carichi e dei turni di lavoro dei dipendenti e di ordini e prenotazioni a cui non sappiamo mai come rispondere.»

Loredana Faccia

Attività che hanno usufruito dei cosiddetti “Ristori” che però, spiega Loredana: «erano calcolati su parametri riferiti a aprile 2019. Un calcolo che teneva conto quindi degli incassi di quel mese e poi ripartito in percentuale rispetto al mancato guadagno. Ma non si è tenuto conto di quelle attività che proprio in quel mese hanno ristrutturato i locali e quindi non lavorato? O per quelle che vivono di stagionalità e per cui aprile non è un mese florido? Si è fatto un calcolo che ha coperto le spese di alcuni e ha lasciato indietro molti altri. E ci tengo a dire che proprio grazie all’impegno della nostra associazione che si è ottenuto che non ci si fermasse a un solo bonifico ma che i “Ristori” siano per febbraio calcolati sugli ultimi sei mesi del 2020 e non più su un mese soltanto come prima.»

Una piccola vittoria per un settore che rischia di veder chiudere in questo 2021 duecentomila imprese in Italia

Eppure dopo la fine del lockdown di maggio come categoria molto avevano fatto, investendo in sicurezza e allineandosi alle norme di distanziamento: «Gli esercenti hanno realizzato i percorsi Covid, hanno pagato di tasca propria strumenti di sanificazione a norma, ridotto i posti a sedere per venire incontro alle regole, istruito il personale. E poi, ci obbligano ora a chiudere di nuovo, lasciando vivo l’asporto che per molti di noi è irrealizzabile.»
Una situazione che secondo l’associazione M.I.O. dovuta anche a un clima di terrore mediatico e per alcuni versi alimentato da esperti che hanno spinto il Presidente Bianchini pochi giorni fa a presentare un esposto alla Procura di Viterbo contro il virologo Fabrizio Pregliasco che, scrive in un comunicato proprio Bianchini sul sito dell’associazione: parlando evidentemente a titolo personale, ha dichiarato che, per tutto il 2021, ci saremmo dimenticati pranzi e cene fuori in bar e ristoranti. Ritenuti, senza alcuna evidenza scientifica, la causa dell’innalzamento del numero dei contagi”.

«Noi abbiamo bisogno di notizie certe. Dobbiamo sapere come si vuole agire perché il nostro lavoro è fatto di organizzazione, non di improvvisazione. Amiamo il nostro lavoro e ci crediamo. Ci abbiamo dedicato la nostra vita. Fateci lavorare. In sicurezza, certamente ma fateci lavorare!» Loredana come gli altri ristoratori pometini non sono rassegnati, hanno forza e determinazione e qualcuno di loro sarà in piazza il 25 gennaio proprio per chiedere chiarezza. E non solo: «Crediamo siano necessari anche forme di accesso al credito più semplici, per sopperire ai mancati incassi di questi mesi e per programmare il futuro delle nostre attività. Vogliamo anche una visione più ampia e a lungo termine.»

“Tuteliamo il comparto dell’ospitalità, il Made in Italy e le eccellenze enogastronomiche del nostro meraviglioso Paese” recita lo slogan della manifestazione. E Loredana mi saluta con una battuta che in un certo senso racchiude il senso di questa battaglia per il lavoro: «Non chiamateli “Ristori” ma indennizzi. Perché a chi governa noi chiediamo di sostenerci. A Ristorare ci pensiamo noi. Vogliamo continuare a farlo noi.»

Mauro Valentini

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